Alessandra Sarchi: abitare nel conflitto (intorno a Il ritorno è lontano)

     
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Il conflitto è la cifra stilistica di molte delle narrazioni composte da Alessandra Sarchi. Intendo il conflitto in tutte le sue forme, sia interne che esterne: il conflitto in un ambito ristretto di amici, il conflitto interno alla coppia, alla famiglia, e naturalmente interno alla stessa personalità della voce narrante (esplicita o implicita). Non credo che Sarchi metta in scena il conflitto nel suo aspetto più spettacolare e evidente, ma anzi che una delle sue abilità maggiori stia nel nascondere il conflitto nelle pieghe del racconto, là dove può occhieggiare anche solo in un gesto o trasferirsi in un oggetto.

Non è un caso che l’ultima fatica di Sarchi sia l’organizzazione di una importante mostra dedicata a Penelope, cioè a una figura silenziosa che porta dentro di sé il conflitto, sia nella modalità che la mette “contro” i nemici sia in quella che la mette “contro” il marito lontano, cioè fa dell’attesa il lungo rallentamento del conflitto, la sua agonia. Nel suo saggio su Penelope Sarchi sottolinea che è solo nei sogni che emerge in Penelope il trauma della perdita o della distanza: si pensi al sogno delle venti oche uccise dall’aquila.1 Qualunque sia il suo significato, è un sogno che contiene distruzione e sangue, annuncia forse la vendetta di Ulisse ma nello stesso tempo rattrista la sognatrice.

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Abstract: ITA | ENG

Il ritorno è lontano di Alessandra Sarchi, pubblicato da Bompiani nel 2024, esplora con coraggio temi contemporanei attraverso la storia di Sara e di sua figlia Nina. La narrazione si concentra sulla separazione della madre da Nina, che lascia la casa per studiare in Germania, provocando in Sara un senso di perdita e destabilizzazione. Nina, attivista ecologista, cerca la propria autonomia, mentre Sara, insieme al marito Paolo, affronta l’arrivo di Pietro, un bambino che sconvolge ulteriormente la loro famiglia. La vicenda evidenzia le complesse dinamiche emotive e relazionali tra madre e figlia, riflettendo anche le tensioni tra l’umanità e la natura. Il presente contributo mira a catturare l’impatto visivo, tipico della poetica di Sarchi, e le ambivalenze che segnano quest’opera, esplorando la maternità, la cura e la lotta per la salvaguardia del pianeta.

Il ritorno è lontano by Alessandra Sarchi (Bompiani 2024) bravely explores contemporary themes through the story of Sara and her daughter Nina. The narrative focuses on Sara’s separation from Nina, who leaves home to study in Germany, causing Sara to experience a sense of loss and destabilization. Nina, an environmental activist, seeks her own autonomy, while Sara, together with her husband Paolo, faces the arrival of Pietro, a child who further disrupts their family. The story highlights the complex emotional and relational dynamics between mother and daughter, also reflecting the tensions between humanity and nature. This paper aims to capture the visual impact, typical of Sarchi’s poetics, and the ambivalences that mark this work, exploring themes of motherhood, care, and the struggle to protect the planet.

Le vicende del tempo presente non si prestano facilmente alla rappresentazione letteraria; la narrazione necessita della mediazione indispensabile della memoria che ne deposita il senso. Il ritorno è lontano, l’ultimo romanzo di Alessandra Sarchi, con grande coraggio non esita a fare di temi attualissimi carne e sangue della propria scrittura, in coerenza con la convinzione, già espressa nelle sue opere precedenti, che «compito della letteratura sia quello di addentrarsi dentro la vita e provare a descriverla, darle una forma, attraverso la lingua e la struttura, che ci permetta di percepirla nella sua prismaticità».[1]

Il romanzo racconta una vicenda scarna di azioni, centrata su Sara, una donna matura, destabilizzata per la separazione dalla giovane figlia Nina che lascia il nido domestico per andare a studiare in Germania. Tale evento è vissuto da Sara come una mutilazione che ne mina l’identità perché le sottrae la dimensione della cura. Nina, militante ecologista, sceglie di frequentare l’università lontano da casa, non solo per i proclamati motivi di studio, ma anche per una ferma volontà di autonomia: «ho bisogno di staccarmi da mia madre. Non è che non andiamo d’accordo, è solo che preferisco stare lontano da lei e da mio padre. Mi fa piacere vederli, ma di tanto in tanto. Qui mi sembra di essere più libera».[2]

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