6.3. Moriana: le contraddizioni della città bifronte

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La città di Moriana è collocata all’inizio del capitolo VII delle Città invisibili ed è identificata come la n. 5 della serie ‘Le città e gli occhi’. È la città bifronte senza spessore che «consiste solo in un dritto e in un rovescio, come un foglio di carta, con una figura di qua e una di là, che non possono staccarsi né guardarsi» (CI, p. 449). Di conseguenza: da un lato, la città limpida e acquatica «con le porte d’alabastro trasparenti alla luce del sole, le colonne di corallo che sostengono i frontoni incrostati di serpentina, le ville tutte di vetro come acquari dove nuotano le ombre delle danzatrici dalle squame argentate sotto i lampadari a forma di medusa»; dall’altro lato, la città di detriti e spazzatura, «una distesa di lamiera arrugginita, tela di sacco, assi irte di chiodi, tubi neri di fuliggine, mucchi di barattoli, muri ciechi con scritte stinte, telai di sedie spagliate, corde buone solo per impiccarsi a un trave marcio» (ibidem). Il viaggiatore farà inevitabilmente esperienza dei due volti di Moriana, perché essi sono inseparabili come le due facce delle carte dei tarocchi: il dritto geometrico e cristallino implica anche il rovescio caotico e desolato. In questo capitolo, Marco Polo e Kublai Kan discutono in particolare della forza dell’immaginazione e si chiedono se quello che vedono sia reale oppure sia una proiezione della loro mente (ammette Polo: «Forse questo giardino esiste solo nell’ombra delle nostre palpebre abbassate», CI, p. 447). Così, Kublai mette in dubbio non solo che Polo abbia davvero visitato le città che descrive, ma addirittura l’esistenza stessa dei due uomini che dialogano affermando che potrebbe trattarsi solo di «due straccioni soprannominati Kublai Kan e Marco Polo» (ibidem).

In questa prospettiva, Moriana si configura come la città dell’ambivalenza dell’immaginazione: da un lato, l’immaginazione si fonda sempre sulla realtà, anche per quanto riguarda gli aspetti più deteriori (gli scarti e l’inquinamento); dall’altro lato, la realtà è frutto dell’immaginazione che vi si sovrappone e la smaterializza, mettendo in discussione anche il soggetto che immagina il mondo. Si va a creare così un gioco di contraddizione tra la ricerca delle forme pure e la contaminazione dell’informe; come ebbe modo di rilevare già Pietro Citati nella recensione alle Città invisibili: «Con il suon nitore intellettuale, Calvino descrive queste forme, e tenta di immaginare il Sistema invisibile che le sorregge. Ma ecco, di nuovo, un’altra contraddizione. Mentre molti amano la nobile e luminosa monotonia delle forme, oppure la loro nascosta parentela col Vuoto e col Nulla, Calvino osserva quanto possano essere molteplici e variopinte» (Citati 1973, p. 260). Moriana è uno degli emblemi di questa contraddizione, perché il sistema invisibile che tiene unite le grandi forme dell’esistenza al caos informe del mondo contingente è la superficie stessa della città, il lembo sottile e trasparente attraverso cui la bellezza preziosa e assoluta si sovrappone in controluce alla desolazione degli scarti della società umana.

La profondità paradossale della superficie trasparente che caratterizza Moriana corrisponde proprio alla riflessione di Calvino sulla finzione letteraria che si riverbera nella sua narrativa a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta in poi. Tale svolta nella poetica calviniana era stata messa in evidenza acutamente da Gianni Celati nel saggio “Il racconto di superficie” pubblicato su il verri nel 1973, in cui affermava che: «Il profondo è quella serie del discorso a cui si applicano i congegni di superficie. Ossia è una serie metaforica sulla cui ambiguità giocare, trasformandola in tante ipotesi non metaforiche (i congegni)» (Celati 1998, p. 180). Il saggio si interroga, a partire dalle suggestioni della Logique du sens di Gilles Deleuze (1969), sul rapporto tra superficie materiale e profondità metaforica nello spazio del libro, che è sempre e comunque uno «spazio materiale di artefatto cartaceo», dove il senso del discorso è prodotto proprio da quei congegni retorici che simulano la profondità, l’altrove della finzione letteraria. Anche nel caso del libro di Calvino il senso si svela nella superficie del racconto, ovvero nello spazio vuoto delle intersezioni tra una città ‘invisibile’ e l’altra. Secondo Celati, nelle Città invisibili il senso del discorso si dipana nei margini dello spazio che esso determina, oltre la superficie sulla quale operano le diverse catene di analogie, i congegni astratti che simulano una profondità che non c’è. Nel caso specifico di Moriana, le trasparenze della parte frontale e le metafore marine che la caratterizzano ribaltano la superficie nel suo rovescio, il torbido accatastarsi di detriti, in un’interdipendenza reciprocamente necessaria.

Calvino è lo scrittore dell’esattezza, della precisione, della trasparenza, ma non rinnega il caos e l’opacità, anzi cerca di dare ordine al labirinto del reale, di trovare una coerenza anche alle contraddizioni della vita quotidiana, alla ricerca della figura geometrica che possa tenere insieme diversi livelli di realtà. L’ambigua coerenza di Calvino – come ha notato Giorgio Manganelli in un articolo uscito su «Il Messaggero» nel 1988 – si manifesta giocando con la bidimensionalità della pagina sprofondando in una simulata tridimensionalità attraverso esatti congegni metaforici. Non si ha più una dicotomia tra ordine e disordine, tra limpidezza e buio, ma una lucidissima rappresentazione della complessità del mondo che si specchia in sé stesso e intravede il proprio rovescio. In questo senso, Moriana è una sorta di specchio bifronte, che rispecchia le sue due anime in modo tanto chiaro e preciso quanto insondabile e irriducibile.

Dunque, Moriana si configura come una delle città più adatte alla trasposizione visuale, perché la bidimensionalità è una caratteristica connaturata (è già un foglio, una lastra). Ma allo stesso tempo la città è l’emblema dell’ambigua compresenza degli opposti, che impedisce la simultaneità della visione dei due lati. Gli artisti qui presi in considerazione hanno dovuto trovare soluzioni diverse al fine di poter rendere visibile questa contraddizione, riuscendo a mostrare contemporaneamente le due facce della medesima città. In ogni caso, ognuno di loro ha mantenuto – più o meno fedelmente – la limpida coerenza di Calvino nell’immaginare una città bifronte, in cui trasparenza e opacità convivono e sono consustanziali l’una all’altra.

Il primo caso è quello dell’artista lombardo Paolo Cristiani (Milano, 1956) che realizza nel 1994 una scultura polimaterica in legno e vetro dipinti ispirata a Moriana [fig. 1-2], inclusa nel ciclo di opere direttamente legate ai testi calviniani Cosmicomiche e alle Città invisibili in collaborazione con il Fondo Manoscritti dell’Università di Pavia (1994-95). Le opere sono state esposte per la prima volta nel 1997 presso la Fondazione Sartirana Arte - Museo per l'Arte Italiana Contemporanea a Sartirana Lomellina (PV), dove ora sono conservate, e successivamente presso l’Università di Pavia (sempre nel 1997). Nell’introduzione al catalogo della doppia mostra del 1997, Clelia Martignoni coglie con esattezza l’aspetto fondamentale dell’operazione compiuta dall’artista a partire dai testi di Calvino: «L’“omaggio” di Cristiani vale dunque come un percorso in più, che parte dal testo e avventurosamente ne esce battendo proprie strade fantastiche, tra deroghe, licenze, e reinvenzioni. Si dica subito e preliminarmente che lusus e contaminazione sono tra le componenti più cospicue e vistose delle operazioni artistiche di Cristiani» (Martignoni in Cristiani 1997, s.n.p.). L’astista milanese omaggia l’opera calviniana proprio attraverso un ‘tradimento’, contaminando lo stile e i temi di Calvino con la propria personale poetica.

Tale libera rielaborazione risulta evidente anche nell’opera dedicata a Moriana, che è costituita da un pannello rotondo di legno inserito in un perno in ferro che gli consente di ruotare, ogni lato è dipinto con pittura ad olio e vi sono incollati sopra elementi eterogenei di uso comune. In questo modo, coerentemente con quanto scritto da Calvino, è possibile osservare i due lati del pannello ruotandolo o girandoci attorno come racconta di aver fatto il viaggiatore. Da un lato [fig. 1], troviamo: al centro nella lastra trasparente è dipinto un branco di tonni su sfondo blu; in alto una nave con vele spiegate a rilievo; in basso una veduta di una città americana contemporanea irta di grattacieli in una monocromia metallica; entro le due bifore dipinte ai lati si legge l’iscrizione con citazioni tratte dal testo della città invisibile calviniana. Sull'altro lato [fig. 2], troviamo: in basso un’iscrizione dipinta a pennello in un cartiglio simil-medievale; ai lati vari oggetti incollati alla tavola tra cui pezzi di fune, una vite, alcuni fiammiferi, brandelli di carta, alcuni gusci di noci e nocciole, una scatoletta di carne Manzotin e una bustina di tea Twinings; nel quadrato centrale si vedono due veri mozziconi di sigaretta che galleggiano in un mare blu.

A proposito di questa versione della città bifronte, Martignoni individua la parziale fedeltà di Cristiani con l’originale descritta dalle parole di Marco Polo: nella prima Moriana, quella della trasparenza, «l’acquario che Calvino suggeriva soltanto in forma di similitudine (“le ville tutte di vetro come acquari”) qui invece è nucleo centrale del dipinto; non soltanto, ma le “danzatrici dalle squame argentate” sono trasformate in pesci tout-court; metropoli e veliero sono inseriti ex novo e nella loro antinomia»; nella seconda Moriana, quella del degrado, «la lastra di vetro centrale nell’economia dell’insieme ha minore rilievo poiché rappresenta un elemento di sfondo coerente al contesto: una macchia-pozzanghera di acqua sporca dove infatti galleggiano mozziconi di sigaretta e si sporgono i detriti accatastati da Cristiani, che sceglie, d’accordo con Calvino: lamiere, barattoli, legno, chiodi, corde, e aggiunge di suo: carta di giornale, bustina di tè, fiammiferi di legno, nocciole e gherigli di noce» (Martignoni 1997). Dunque, l’artista sceglie di rielaborare in modo diverso ma stilisticamente coerente i due lati di Moriana: da una parte, traduce visivamente le metafore attraverso le quali Calvino descrive la prima Moriana, dando maggior peso all’ambientazione marina e sottomarina (il mare, il veliero, gli acquari, i pesci, ecc.); mentre dall’altra parte, si mantiene più attinente alla descrizione calviniana, accatastando detriti eterogenei, come si legge nel testo, e aggiungendo alcuni scarti che lui ritiene pertinenti. Complessivamente, la trasposizione visiva della Moriana di Cristiani dà concretezza alla città bifronte secondo uno stile coerente, ibridando l’immaginazione di Calvino con la propria fantasia artistica. Cristiani risulta assolutamente fedele nella sua infedeltà, proprio perché è in grado di cogliere il significato profondo delle città invisibili: mostrare il contenuto della propria immaginazione a partire dalle suggestioni della realtà quotidiana, puntando sulla compresenza di elementi esteticamente e concettualmente contraddittori, come un quieto paesaggio marino e un affollato accumulo di spazzatura.

Il secondo caso è quello molto noto dell’artista spagnolo Pedro Cano (Murcia, 1944) che nel 2005 realizza un intero ciclo di disegni dedicato alle Città invisibili di Calvino, che è composto da 55 acquerelli, corrispondenti alle 55 città calviniane, e che è stato esposto interamente per la prima volta nell’autunno del 2005 (8 ottobre – 22 novembre) presso Palazzo Vecchio a Firenze, accanto al Primo cortile con le sue raffigurazioni delle città asburgiche. La mostra ha dato ancora maggiore visibilità all’artista spagnolo e ne ha consolidato la popolarità internazionale, già ottenuta grazie ai suoi famosi taccuini di viaggio (Mediterraneo, Medioriente e Nord Africa). Oltre alle sedi italiane, la mostra dedicata alle Città invisibili è stata esposta anche in Spagna, in città quali Madrid, Siviglia e Murcia.

La sua versione di Moriana [fig. 2] punta soprattutto sulla bidimensionalità, enfatizzando l’assenza di spessore della città e la complementarità dei due lati di un oggetto estremamente sottile come la lama di un rasoio. Cano trasforma quella lama in oggetto bidimensionale attraverso l’impronta al negativo. Le due immagini del medesimo oggetto sono collocate una accanto all’altra: l’impronta in positivo e quella in negativo, messe in evidenza dall’uso contrastante del colore, danno l’idea della duplice possibilità di visione di un oggetto che perde la propria funzione e diventa emblema della compresenza degli opposti. Come ha sottolineato Alina Kreisberg in un saggio del 2012 dedicato alle ‘città invisibili’ di Pedro Cano, il procedimento di «contrapporre due figure simmetriche, in positivo e in negativo» viene utilizzato in più di un caso, oltre che per Moriana anche per Despina, Zoe e Andria, con l’obiettivo di «rendere con i mezzi pittorici il principio dicotomico che sottende il discorso calviniano» (Kreisberg 2012, p. 456). Inoltre, come accade per ogni immagine del ciclo, sul margine destro sono collocate due lettere che corrispondono alle iniziali del nome di ogni città-donna, tratte da due alfabeti, con la funzione – come ha affermato lo stesso Cano nell’introduzione al catalogo – di «testimoniare come due segni assolutamente diversi possano dare lo stesso suono» (Cano 2005, s.n.p.). Questo è anche il principio che sta alla base dell’intera operazione di Cano, alla ricerca di una immagine che possa essere l’esatto doppio delle parole di Calvino, nonostante si tratti di sistemi semiotici completamente diversi.

Il terzo caso è quello dello scrittore e disegnatore americano Leighton Connor che di recente ha realizzato un’illustrazione dedicata a Moriana [fig. 3], all’interno del progetto digitale Seeing Calvino (seeingcalvino.tumblr.com), avviato nell’aprile 2014 insieme ad altri due artisti dell’Ohio, Matt Kish e Joe Kuth, con l’obiettivo di illustrare il lavoro dello scrittore ligure creando opere fedeli alle molteplici immagini ideate nei suoi testi (l’ultima tavola è stata pubblicata online nell’aprile 2017). Come si legge nella homepage del sito, il progetto è il «tentativo […] di “vedere”, attraverso la creazione di illustrazioni che rispondono ed esplorano le idee contenute nell’opera dello scrittore Italo Calvino» [traduzione mia]. Una nuova illustrazione è stata pubblicata ogni mercoledì per 3 anni.

In particolare, l’illustrazione di Moriana spetta a Connor, che è uno scrittore e disegnatore di Cincinnati, autore della serie di racconti di Ross Fulton, raccolti in Gaming the System, e coautore della serie Herrick Agency. Inoltre, ha illustrato alcuni libri e disegnato numerosi fumetti, tra cui Laser Brigade, Fuzzball & Scuzzball e Lightning Man; con la figlia Abi ha realizzato la serie a fumetti The Electric Team; è cofondatore di Hex Games che si occupa dell’ideazione di giochi di ruolo. Anche Connor gioca con la bidimensionalità di Moriana, immaginandola come un foglio disegnato dai due lati, contraddistinti da colori opposti e un tratto molto semplice e quasi infantile. Elemento innovativo di questa composizione è la mano di una persona (forse quella di Calvino?) che volta leggermente l’angolo del foglio in basso a destra, consentendo così di far intravedere il disegno sul retro. In questo modo, la compresenza degli opposti viene visualizzata anche se solo parzialmente: nel lato frontale, si vede una lussuosa villa con portali e pareti arancioni (che richiamano l’alabastro originale) su un prato verde, con un colonnato viola (ovvero le «colonne di corallo»), poi tre figure di sirene viola (ovvero le «ombre delle danzatrici dalle squame argentate») e due lampadari circolari viola e gialli a forma di medusa; nel retro, intravediamo un paesaggio post-apocalittico caratterizzato da rovine e detriti colorati di rosso e nero, che suggerisce il contrasto evidente con la parte frontale.

Per concludere, si può affermare che i tre artisti contemporanei abbiano tentato con strategie differenti di rendere visibile la contraddittoria duplicità di Moriana, consapevoli della difficoltà intrinseca di mostrare allo stesso tempo i due lati della città. Sembra evidente che ogni artista ha dovuto fare i conti con l’utopico obiettivo dello scrittore ligure, che – come ha scritto Marco Belpoliti ne L’occhio di Calvino – «con Le città invisibili ha cercato di piegare il foglio-mondo verso l’interno, compiendo il tragitto contrario rispetto a quello che aveva tentato in precedenza: disegnare il mondo mediante la scrittura: ora invece disegna la scrittura mediante il mondo» (Belpoliti 2006, pp. 75-76). Trasporre visivamente Moriana significa sperimentare uno dei limiti della visione: vedere contemporaneamente i due lati di un foglio, ognuno dei quali contiene tutte le contraddizioni del mondo come uno specchio bifronte.

 

 

Bibliografia

 

M. Belpoliti, L’occhio di Calvino, Torino, Einaudi, 1996; nuova edizione, 2006.

M. Belpoliti (a cura di), Italo Calvino: Enciclopedia: arte, scienza e letteratura, Riga, 9, 1995.

P. Cano, Le città invisibili. Las ciudades invisibles, catalogo della mostra presso Palazzo Vecchio, Firenze, 8 ottobre – 22 novembre 2005, Firenze, Falteri Grafica Antica e Moderna, 2005.

G. Celati, ‘Il racconto di superficie’, il verri, 1, marzo 1973; poi Alì Babà, Riga, 14, 1998, pp. 176-193.

P. Citati, Le città invisibili [1973], in Il velo nero, Milano, Rizzoli, 1979, pp. 258-61.

A. Kreisberg, ‘Le città invisibili nell’immaginario di Italo Calvino e nelle immagini di Pedro Cano’, Italies, 16, 2012, pp. 439-458.

G. Manganelli, ‘Calvino’ [1988], in Antologia privata, Milano, Rizzoli, 1990; ora Macerata, Quodlibet, 2015, pp. 187-190.

C. Martignoni, ‘Viaggio nelle città di Italo Calvino (e altri percorsi)’, in P. Cristiani, Omaggio a Italo Calvino e altre cose dalle “Città invisibili” e “Cosmicomiche” ai ritratti satirici, catalogo delle due mostre presso il Castello di Sartirana (novembre 1997) e presso il Collegio Cairoli di Pavia (dicembre 1997), Pavia, Fondazione Sartirana Arte, 1997, s.n.p.

C. Milanini, L’utopia discontinua. Saggio su Italo Calvino, Milano, Garzanti, 1990.