2.1. Regole pratiche del saper vivere per l’angelo del nuovo focolare. Televisore e spazio domestico sulle pagine dei galatei e dell’"Enciclopedia della donna"

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«Non un televisore qualunque… ma un apparecchio collaudato da una lunga esperienza nella fabbricazione […] che possa essere adoperato dalle signore di casa come un comune ferro da stiro». Così recita una pubblicità dell’apparecchio Raymond TV apparsa sulle pagine di «Radiocorriere» nel 1954. Sarà necessario attendere alcuni anni prima che il televisore irrompa – più o meno democraticamente – nelle case degli italiani, eppure si intravvedono fin da subito, in nuce, le imminenti ridefinizioni che investiranno lo spazio domestico e il ruolo della figura femminile all’interno di quest’ultimo. Il contributo intende soffermarsi sui discorsi sociali che riguardano il rapporto tra le donne e l’ingresso dell’apparecchio televisivo all’interno del focolare domestico. Si seguiranno in particolare due direttrici: la sistemazione del televisore all’interno della casa e la creazione di un ‘galateo televisivo’ per la ‘buona padrona di casa’. Questi nodi verranno affrontati attraverso lo studio dell’Enciclopedia della donna.

Per l’affamato non esiste il problema del mangiare correttamente. L’etichetta del comportamento corretto a tavola ha senso solo per chi mangia sempre e non ha problemi in merito, tanto da permettersi il lusso di crearsene altri.

Franca Ongaro e Franco Basaglia, 1971, p. XI

1. Introduzione

«Non un televisore qualunque… ma un apparecchio collaudato da una lunga esperienza nella fabbricazione […] che possa essere adoperato dalle signore di casa come un comune ferro da stiro». Così recita una pubblicità [fig. 1] dell’apparecchio Raymond TV apparsa sulle pagine del «Radiocorriere» il 26 dicembre del 1954, a poco meno di un anno dall’ufficiale lancio delle trasmissioni televisive in Italia. Sarà necessario attendere alcuni anni prima che il televisore irrompa – più o meno democraticamente – nella maggior parte delle case degli italiani, eppure, sul finire di quell’anno cardine, si intravvedono già in nuce le ridefinizioni che investiranno lo spazio domestico e che interesseranno in particolare le donne, o meglio, le ‘signore di casa’.

Analizzare i grandi mutamenti legati all’ingresso del televisore nelle case italiane nei primissimi anni di vita del mezzo significa prendere in esame ‘alcune’ case, quelle della media e alta borghesia; allo stesso modo, interrogarsi sui cambiamenti che il nuovo ‘elettrodomestico’ ha portato nel campo delle relazioni sociali e, in particolare, nelle esistenze delle donne dell’epoca, significa necessariamente esplorare le vite di ‘alcune’ donne. Donne avvezze a gestire ogni ambiente della propria casa, ad amministrare con cura ogni aspetto della vita quotidiana e a risolvere tempestivamente ogni imprevisto o contrattempo, donne educate a dirigere il lavoro di uno o più domestici, specialmente in occasione di cene, party, incontri pomeridiani con le amiche, partite a canasta o a bridge.

Per questa prima ricognizione, che mira ad entrare nelle vite di ‘alcune donne’ e tra le mura di ‘alcune case’, si rivelano particolarmente utili le raccolte di norme e le regole di comportamento, gli schemi di condotta e le rubriche di buone maniere. In sostanza guide pratiche al ‘saper vivere’ borghese che, nel corso degli anni Cinquanta, proliferano soprattutto tra le pagine dei rotocalchi o in testi di grande successo firmati da autrici quali Brunella Gasperini/Candida e Irene Brin/Contessa Clara, passando per Colette Rosselli/Donna Letizia per citare soltanto le più note. Altra fonte senz’altro imparentata con quelle già menzionate ma meno esplorata, soprattutto dagli storici dei media, è infine l’Enciclopedia della donna. Grande enciclopedia di nozioni pratiche e di cultura generale per la donna, vero e proprio vademecum per le giovani e meno giovani pubblicato a partire dal 1963 per Fabbri Editori. L’Enciclopedia della donna ha una struttura piuttosto interessante, capace di unire in un’unica pagina e senza apparente soluzione di continuità schede di zoologia sui cuccioli di cane, consigli legali sul fidanzamento e consigli di cucina per non fare impazzire la maionese [fig. 2]. Per il nostro discorso ci soffermeremo in particolare su questa enciclopedia espressamente indirizzata alle donne e, in particolare, ragioneremo sulle schede dedicate al galateo, alla psicologia, all’arredamento e alla cucina.

Quello che segue è, in sostanza, un primo tentativo di sistematizzazione delle nuove regole pratiche e sociali indirizzate alla ‘brava padrona di casa’ borghese legate all’utilizzo e alla disposizione dell’apparecchio televisivo nello spazio domestico. Le guide al saper vivere e i consigli di etichetta si intrecceranno con più ampi discorsi legati al processo emancipatorio femminile, alla cultura materiale in rapporto allo spazio domestico e, non in ultimo, ad una nuova concezione della cultura abitativa.

 

2. Il salotto buono

Come dimostrano le molte rubriche di arredamento che nel corso degli anni Cinquanta trovano sempre maggiore spazio su riviste specializzate e rotocalchi, l’ingresso del televisore nelle case degli italiani ha portato con sé numerosi dubbi e interrogativi legati al posizionamento del nuovo oggetto tecnologico all’interno dell’ambiente domestico, un ambiente che sta vivendo proprio in quegli anni profondi mutamenti. Non si tratta soltanto di cambiamenti legati superficialmente alla disposizione di nuovi oggetti all’interno della casa, quanto piuttosto di profonde trasformazioni simboliche legate alla cultura abitativa e, soprattutto, al ruolo esercitato dalla donna nello spazio domestico. Come hanno notato numerosi storici della televisione e del consumo:

La donna, in quanto ‘curatrice’ storica delle risorse domestiche, accresce la sua rilevanza nel momento in cui la famiglia perde il ruolo di microstruttura produttiva per diventare unità consumatrice. In questo modo si pone al centro dell’attenzione di quanti sono interessati a guidare in qualche modo il comportamento di consumo e la modernizzazione ad esso collegata (Liguori 2003, p. 156).

Nel corso degli anni Cinquanta la donna continua a occuparsi del proprio nucleo familiare, ma con nuove capacità gestionali e decisionali. Se è l’uomo ad acquistare il televisore, è la donna ad individuare il modello più appropriato e consono allo spazio domestico, a scegliere il luogo della casa più adatto ad accogliere il piccolo schermo, a gestire le ore di fruizione e selezionare i contenuti delle trasmissioni viste dai figli. Questi ed altri processi decisionali vengono sapientemente guidati da numerosi ‘mediatori’ (Penati 2013) rintracciabili tra le pagine delle riviste femminili e dei rotocalchi, nelle rubriche di arredamento, nella piccola posta della stampa periodica, nelle campagne pubblicitarie degli apparecchi televisivi o nelle fiere espositive, tra le voci dei galatei e, più in generale, in tutte le guide al ‘saper vivere’ indirizzate espressamente alla donna. L’insieme di questi discorsi sociali mira a costruire e ad «addestrare la padrona di casa» (Penati 2013, p. 157) affinché quest’ultima possa risolvere i numerosi problemi legati all’ingresso del televisore all’interno della propria casa e possa, in sostanza, «attribuire significati differenti ai diversi ambienti domestici: per esempio, indicare e selezionare quali spazi erano riservati al lavoro casalingo e quali invece potevano essere deputati a collocarvi i vari device d’intrattenimento» (Penati 2013, pp. 132-133).

Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, parallelamente alla diffusione di riviste e rubriche dedicate all’arredamento di interni, assumono un’importanza inedita nella geografia sociale alcune figure professionali legate a vario titolo allo spazio domestico: architetti e arredatori di interni scrivono con sempre maggiore frequenza su settimanali femminili, riviste specializzate e stampa generalista ma, come dimostrano alcune guide di etichetta dell’epoca, diventano anche fedeli consulenti delle padrone di casa più abbienti:

Nei galatei di quegli anni infatti troviamo improvvisamente regole su come comportarsi con l’architetto. […] Con l’inizio della ripresa economica il trionfo del consumo promuoveva sul campo nuove figure professionali […]. E, fra le cose da mostrare e attraverso cui comunicare, primeggia la casa. Lo stile e gli oggetti che l’arredavano erano diventati improvvisamente quasi più importanti dell’indirizzo. […] È in questo clima che si afferma la figura dell’arredatore, non solo come un esperto a cui ricorrere per orientarsi nel mondo degli oggetti, ma anche come status symbol, come un oggetto di lusso, una merce. […] Ed è significativo che i galatei parlino di architetti-arredatori, ma non ancora di psicologi, sociologi ed esperti dei problemi della coppia (Turnaturi 2011, pp. 179-180).

Tra i diversi mediatori saranno proprio questi nuovi ‘esperti’ a dare indicazioni importanti sulla disposizione dell’apparecchio televisivo all’interno dello spazio domestico, suggerendo ora nascondigli, ora camuffamenti del piccolo schermo. Seguendo la moda proveniente da oltreoceano, fin dalla diffusione dei primi apparecchi i consigli vanno univocamente nella direzione della mimetizzazione del televisore all’interno della casa, operazione che viene via via agevolata dalla riduzione delle dimensioni dei modelli e dalla possibilità di trasportare il televisore da stanza a stanza grazie ai ‘televisori mobili’ [fig. 3].

Nel 1963 l’Enciclopedia della donna arriva in soccorso delle padrone di casa più dubbiose:

Quale tipo di televisore scegliere? Un apparecchio di tipo fisso, da collocare cioè in un determinato angolo che diventerà ‘l’angolo della televisione’, oppure un apparecchio mobile, cioè trasportabile in diversi punti e locali della casa? Per rispondere a questa domanda sarà opportuno considerare sia il nostro appartamento che le nostre abitudini di vita. Se nella nostra casa c’è un posto che ci sembra adatto per accogliere stabilmente il televisore e intorno al quale pensiamo di poter organizzare un angolo dove riunire la famiglia e gli eventuali ospiti, sarà il caso di scegliere il primo tipo, che è certamente il più elegante. Se invece pensiamo che la televisione ci sarà utile non soltanto nel soggiorno ma anche in camera da letto o in tinello, che i bambini nel pomeriggio potranno vederla stando nella loro camera, che insomma ogni locale della casa potrà ospitare l’apparecchio secondo le occasioni e le esigenze, scegliamo il tipo trasportabile, cioè il televisore da posare su di un apposito tavolino munito di rotelle (Enciclopedia della Donna 1963, p. 880).
 

La scheda prosegue poi con il parere dell’arredatore:

I primi televisori entravano in poche case con tutti gli onori: alti e ingombranti, troneggiavano nel soggiorno con importanza. Oggi che la televisione si è tanto largamente diffusa e che i modelli, sempre più perfezionati, si sono notevolmente ridotti nelle dimensioni, il televisore si inserisce nella casa in modo più discreto. Cerchiamo perciò di non esibirlo e neanche di nasconderlo; troviamogli invece un posto adatto. Trattiamolo insomma come un apparecchio utile (Enciclopedia della Donna 1963, pp. 880-881).

A seconda delle dimensioni e della disposizione delle camere, alla padrona di casa spetta scegliere tra l’allestimento di una stanza creata appositamente per la fruizione della televisione, la sistemazione del nuovo elettrodomestico all’interno del salotto o nel locale in cui venivano consumati i pasti. Una volta scelta la stanza adeguata, l’arredamento e la disposizione dei mobili circostanti devono necessariamente subire delle modifiche in funzione del nuovo ‘focolare’, che accentra le attenzioni di tutta la famiglia e rivoluziona la concezione e la portata simbolica di alcuni ambienti domestici. Come nota Bonomo, infatti, «la presenza del televisore in questi ambienti agì nel senso di renderli più aperti all’uso quotidiano da parte della famiglia» (Bonomo 2015, p. 11); questo aspetto è particolarmente evidente se si pensa all’evoluzione del salotto, che da luogo a tratti museale, una «no-go area» (Foot 1999, p. 384), diviene un ambiente moderno e «multifunzionale capace di coniugare le attività quotidiane […] con una più informale accoglienza degli ospiti» (Bonomo 2015, p. 11).

Nel ‘salotto buono’ degli italiani, un tempo adibito alle cene e alle occasioni più importanti, si consumano ora nuovi riti sociali. Un’interessante testimonianza ci viene data ancora una volta dall’Enciclopedia della donna, che nella scheda Corso di cucina dedica alcune righe al «Pranzo davanti al televisore»:

Il televisore è entrato ormai in moltissime famiglie italiane rivoluzionando le nostre abitudini e talvolta anche i nostri orari […]. C’è un vecchio film da ‘cineteca’, una partita di calcio ‘mondiale’ che polarizza l’attenzione dei mariti supertifosi […]? Bene, sono spettacoli da non perdere e, come noi, quasi certamente gli amici desiderano seguirli. Perché allora non invitarli a casa nostra per guardare la televisione insieme? Perché non preparare un pranzo freddo da servire in salotto davanti al piccolo schermo? È un’idea che ci viene, naturalmente, dall’America e che è senz’altro simpatica. Si tratta di riunioni semplici, alla buona, dove si offre qualche cosa che sta a metà fra la cenetta e lo spuntino e che si può consumare prima, durante o dopo lo spettacolo (Enciclopedia della Donna 1970, pp. 3544-3545).

L’articolo descrive poi minuziosamente l’attrezzatura necessaria per allestire un ‘ricevimento televisivo’ facendo riferimento, in particolare, ai tavolinetti pieghevoli e ai vassoietti di plastica da posizionare sulle ginocchia [fig. 4], altra invenzione proveniente da oltreoceano, «dove il pranzo-TV è piuttosto diffuso». L’ingresso del televisore nei salotti degli italiani porta dunque a una ridefinizione dell’ambiente stesso, non più espositivo/ostensivo ma utilitario (Dei 2009, p. 184), non più adibito unicamente a pratiche cerimoniali e ad occasioni socialmente rilevanti, ma anche alla fruizione quotidiana delle trasmissioni televisive da parte della famiglia e ad occasioni ‘alla buona’ con conoscenti e amici.

 

3. «Cosa me ne faccio delle buone maniere quando c’è la salute?»

Ben prima dell’effettivo lancio delle trasmissioni televisive, il nuovo medium viene atteso da molti commentatori, intellettuali e futuri telespettatori con timore e diffidenza. Nel 1963, anno di uscita della prima edizione dell’Enciclopedia della donna, molte di queste paure sembrano essersi appianate in funzione di una generale e tutto sommato pacifica convivenza con vizi e virtù portati dal piccolo schermo. Ad emergere con forza è un dato in particolare: alle donne è affidata l’ideazione di una rinnovata routine che regoli orari e modalità di fruizione del piccolo schermo grazie alle loro «doti di saggio equilibrio» (Enciclopedia della Donna 1963, p. 260). Alle donne viene così dato il compito di preservare i propri passatempi e di dare la precedenza ai legami familiari e alle interazioni con il coniuge e i figli: «Abituiamoci a dedicare il nostro tempo alla televisione solo quando essa ci offre qualcosa per la quale valga la pena di rinunciare a una buona lettura, alle nostre riflessioni, a una conversazione interessante, alla compagnia dei familiari che è la cosa alla quale dovremmo tenere di più» (Enciclopedia della Donna 1963, p. 260).

L’Enciclopedia della donna, così come i galatei editi tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, descrivono raramente le donne in quanto semplici spettatrici televisive. Esse vengono piuttosto tratteggiate e interpellate in quanto ‘angeli di un nuovo focolare’, ossia in quanto amministratrici di una rinnovata routine, custodi degli equilibri familiari e dell’educazione dei propri figli e, non in ultimo, in quanto responsabili delle problematiche di ordine estetico sollevate dall’ingresso del televisore nello spazio domestico. Si tratta, del resto, di guide pratiche al saper vivere, ossia di fonti che privilegiano la natura materiale del televisore e che si occupano in termini pragmatici dell’impatto che quest’ultimo può avere nello spazio e nel tempo quotidiano delle donne. Per questo e altri motivi l’Enciclopedia della donna rappresenta una fonte particolarmente utile per la prospettiva da noi abbracciata, una prospettiva che intende lasciare da parte la retorica della placelessness legata al nuovo medium per entrare concretamente nelle case, nei nuovi salotti, nelle vite delle donne: il televisore come finestra sul mondo, ma sul «mondo delle cose» (Douglas, Isherwood 1979).

 

Bibliografia

AA. VV., Enciclopedia della donna, Milano, Fratelli Fabbri, 1963.

AA. VV., Enciclopedia della donna, Milano, Fratelli Fabbri, 1970.

B. Bonomo, ‘«Rivoluzione in famiglia»? Televisione e vita domestica nell’Italia del boom’, Contemporanea, XVIII, n. 1, gennaio-marzo 2015.

F. Dei, ‘Oggetti domestici e stili familiari. Una ricerca sulla cultura materiale tra famiglie toscane di classe media’, Etnografia e ricerca qualitativa, 2, 2009, pp. 279-293.

M. Douglas, B. Isherwood, Il mondo delle cose: oggetti, valori, consumo, Bologna, il Mulino, 1984.

J. Foot, ‘Television and the City: The Impact of Television in Milan, 1954-1960’, Contemporary European History, 8, 3, 1999.

C. Penati, Il focolare elettronico: televisione italiana delle origini e culture di visione, Milano, V&P, 2013.

G. Turnaturi, Signore e signori d’Italia. Una storia delle buone maniere, Milano, Feltrinelli, 2011.