Per l’affamato non esiste il problema del mangiare correttamente. L’etichetta del comportamento corretto a tavola ha senso solo per chi mangia sempre e non ha problemi in merito, tanto da permettersi il lusso di crearsene altri.
Franca Ongaro e Franco Basaglia, 1971, p. XI
1. Introduzione
«Non un televisore qualunque… ma un apparecchio collaudato da una lunga esperienza nella fabbricazione […] che possa essere adoperato dalle signore di casa come un comune ferro da stiro». Così recita una pubblicità [fig. 1] dell’apparecchio Raymond TV apparsa sulle pagine del «Radiocorriere» il 26 dicembre del 1954, a poco meno di un anno dall’ufficiale lancio delle trasmissioni televisive in Italia. Sarà necessario attendere alcuni anni prima che il televisore irrompa – più o meno democraticamente – nella maggior parte delle case degli italiani, eppure, sul finire di quell’anno cardine, si intravvedono già in nuce le ridefinizioni che investiranno lo spazio domestico e che interesseranno in particolare le donne, o meglio, le ‘signore di casa’.
Analizzare i grandi mutamenti legati all’ingresso del televisore nelle case italiane nei primissimi anni di vita del mezzo significa prendere in esame ‘alcune’ case, quelle della media e alta borghesia; allo stesso modo, interrogarsi sui cambiamenti che il nuovo ‘elettrodomestico’ ha portato nel campo delle relazioni sociali e, in particolare, nelle esistenze delle donne dell’epoca, significa necessariamente esplorare le vite di ‘alcune’ donne. Donne avvezze a gestire ogni ambiente della propria casa, ad amministrare con cura ogni aspetto della vita quotidiana e a risolvere tempestivamente ogni imprevisto o contrattempo, donne educate a dirigere il lavoro di uno o più domestici, specialmente in occasione di cene, party, incontri pomeridiani con le amiche, partite a canasta o a bridge.