Chi si occupa d’arte e di letteratura del recente passato, a volte, è titolare di privilegi che gli antichisti e gli umanisti classici possono solo sognare: colloqui con testimoni diretti, la voce e l’immagine dell’autore studiato che tornano chiare da registrazioni e fotografie, autografi in abbondanza e archivi domestici che raccolgono scritti altrimenti dispersi nell’opacità delle emeroteche. Per Giorgio Caproni, di cui nel 2012 si celebrava il centenario, abbiamo tutto questo e anche di più: presso la biblioteca pubblica di Roma “Guglielmo Marconi” – non lontana dall’ultima casa che l’autore abitò a Monteverde, dunque nei pressi di quello che nel secondo Novecento è stato il ‘quartiere dei poeti’ con Pasolini e Bertolucci che vivevano nella stessa palazzina – è infatti raccolta la sua intera biblioteca privata, una miniera di informazioni che apre possibili percorsi d’indagine fecondi e nuovi, soprattutto per un protagonista delle nostre lettere che vive da anni una stagione di intensa e meritata attenzione critica. In tale nodo cruciale dell’eredità materiale che il poeta «genovese di Livorno» ci ha lasciato, Elisa Donzelli ha avviato un cammino di ricerca ancora in corso ma che ha già dato diversi frutti, tra cui la fortunata mostra di cui il libro qui segnalato costituisce l’articolato catalogo, arricchito da una testimonianza del figlio di Giorgio, Attilio Mauro Caproni, da uno scritto di Giuseppe Appella – altro testimone d’eccezione della Roma dei pittori, dei poeti, delle gallerie e delle finissime edizioni d’arte – e da una raccolta sorprendente di articoli rari e ritrovati, su cui tornerò in chiusura.

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