Go Nagai, La divina commedia, 3 voll., d/books, 2007 (ed. or. Dante Shinkyoku, 1994)
Il giapponese Go Nagai, pseudonimo di Kiyoshi Nagai, è una delle voci più importanti della storia del fumetto e dell’animazione manga. Sin dai suoi esordi, sul finire degli anni Sessanta, ha proposto storie fortemente innovative, dapprima con la serie intitolata Scuola senza pudore, intrisa di un erotismo destinato a influenzare profondamente gli sviluppi successivi del fumetto giapponese, e poi con le serie Mao Dante e soprattutto Devilman, che introducono il lettore in un universo oscuro, nel quale si svolge una cupa guerra tra gli esseri umani e i demoni, un tempo dominatori della terra e ora desiderosi di riconquistarla. Solo mezzo per contrastare le terribili forze ctonie è tentare di controllarle, per mezzo di una fusione con una di esse, come farà l’eroe eponimo della saga: temi e soprattutto suggestioni visive di questa serie provengono, come lo stesso Nagai ammetterà più tardi, dalla Divina commedia illustrata da Gustave Doré. Un debito, quello con Dante (e con Doré), che Nagai, dopo aver dato vita a importanti saghe di robot guidati da uomini, molto celebri anche in Italia negli anni Ottanta (come Goldrake, Mazinga e altri), vorrà pagare con la proposta di una versione a fumetti dell’intero poema dantesco, uscita in tre volumi in Giappone nel 1994, e poi tradotta in italiano nel 2007. Nel complesso la scelta di Nagai privilegia l’Inferno, al quale sono dedicati i primi due volumi (rispettivamente di 251 e 249 tavole), mentre alle due restanti cantiche si riserva il terzo e ultimo libro (di 260 tavole, in realtà quasi interamente occupato dal Purgatorio), probabilmente perché l’Inferno è più affine al mondo narrativo del giapponese, così profondamente pervaso da una descrizione del male, spesso pericolosamente mescidato con il bene. Vengono del resto privilegiati, anche nell’Inferno, gli episodi visivamente più icastici, enfatizzati e drammatizzati in una chiave di lettura che esalta lo sguardo del Dante personaggio, oppure che valorizzano le vicende narrativamente più cruente (vere e proprie digressioni si aprono, ad esempio, per Paolo e Francesca o per la vicenda del conte Ugolino [fig. 1], mentre vengono trattati in modo più sintetico altri episodi meno immediati dal punto di vista visivo, come, ad esempio, i papi simoniaci del XIX canto). Diverse sono poi le strategie di avvicinamento messe in atto per aiutare il lettore, specie non italiano, a entrare nel mondo dantesco: molte volte i termini vengono chiosati, o con intere tavole, ad esempio per illustrare il significato del Purgatorio in generale, o con spazi testuali interni a una tavola, soprattutto per chiarire riferimenti di carattere mitologico o storico (fig. 2), talvolta anche con il rischio di incorrere in qualche stridente anacronismo, come accade, ad esempio, nell’esordio, quando troviamo un Dante che si smarrisce in una selva appena fuori Firenze, città che resta sullo sfondo della scena e della quale vediamo la cappella quattrocentesca di Brunelleschi (fig. 3).
Vi sono anche forme esegetiche meno cursorie, quando si dà spazio e forza speciale ad alcuni passaggi drammatici del percorso dantesco: così succede, ad esempio, quando si vuole dare ragione dello svenimento di Dante di fronte al racconto di Paolo e Francesca, occasione in cui ci viene illustrato un sogno dantesco nel quale una Beatrice che appare nuda su di una roccia presso un ruscello, dotata di una prorompente sensualità, dialoga con Dante sul senso dell’amore e sulla natura potenzialmente peccaminosa dell’attrazione erotica (fig. 4). Nonostante vi sia un evidente sforzo di restare fedele alla natura della Commedia, come documenta del resto anche la frequente citazione di versi del poema, spesso posta a didascalia delle tavole che più esplicitamente ricalcano le illustrazioni di Doré (figg. 5-8), vengono eliminate questioni dottrinali troppo sofisticate per privilegiare un racconto visivamente violento del mondo del male e del rapporto che i due viaggiatori stabiliscono con esso. Se pure trovano spazio nella narrazione pause di carattere meditativo, volte soprattutto a illustrare i timori danteschi, a prevalere è soprattutto il tratto più orrorifico, con rappresentazioni plastiche e violente tanto dei vari demoni quanto delle colpe subíte dai peccatori. Frequenti sono del resto i passaggi che mirano a ottenere una dissolvenza tra il dettaglio singolo, il punto di vista soggettivo, e un campo largo più aperto, attento alla dinamica e alle dimensioni spaventose dei mostri. Anche il tratto erotico, proprio della prima produzione di Nagai, trapela nella rappresentazione plastica dei corpi e, soprattutto, nelle diverse apparizioni di Beatrice, avvolta da un’aura eterea ma insieme carica di una rotonda sensualità.
Nel complesso questa sorta di Dante reloaded è dominato da un clima oscuro, nel quale l’incontro con l’altro da sé, mostruoso e deforme, ma in qualche modo percepito come familiare, una sorta di moderno perturbante, sembra essere la chiave di lettura privilegiata: ne esce alla fine una versione della Commedia dotata di un fascino non banale, soprattutto per la commistione che si registra ad ogni tavola tra due universi culturali in apparenza lontani, dato che in filigrana al racconto dantesco si intravedono, nelle forme e nei modi narrativi, i temi tipici dell’universo manga di Go Nagai.