5.3. Effetti visivi transmediali: l’influsso della Divina commedia sul lavoro di Gage e Latorre

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Christos Gage, Diego Latorre, Dante’s Inferno, La Jolla (CA), Wildstorm Productions, 2010

 

Il prodotto della collaborazione tra lo scrittore e sceneggiatore Christos Gage e il disegnatore Diego Latorre impone il confronto tra la Divina commedia e un complesso apparato di contaminazioni di matrice popolare rintracciabili nei fumetti, nelle serie TV (Gage collabora alla scrittura di X-Men e Spiderman, e ha lavorato inoltre a Daredevil di Netflix) e persino nei supporti multimediali. La serie in sei numeri Dante’s Inferno costituisce infatti un progetto originato dall’omonimo e antecedente videogioco della EA Games, del quale la versione cartacea conserva molti aspetti.

Tra le numerose trasposizioni americane dell’opera di Dante, il lavoro di Gage e Latorre spicca per la sua natura fortemente ibrida. Dallo stile e dal contenuto, infatti, è evidente come la resa visiva delle illustrazioni di Latorre alluda con forza agli effetti grafici sperimentati dal videogioco: la storia si presenta, infatti, come una catena sequenziale di immagini a metà tra il fantasy e il gotico, richiamando il full HD dei videogiochi di ambientazione tardo-medievale (ad esempio Prince of Persia). Tale caratteristica può convincere nella misura in cui permette di enfatizzare il potenziale di spettacolarità delle immagini, e al contempo di contribuire a ringiovanire graficamente la Commedia in chiave pop. D’altro canto è vero che le immagini di Latorre, bloccate dal supporto cartaceo e non amplificate da una ‘scheda video’ multimediale, provocano nel lettore un effetto limitato a livello percettivo: le forme raffigurate sono spesso sfumate e indefinite, e questo le rende difficili da leggere e collegare sequenzialmente. Alcune soluzioni grafiche sono volte proprio a bilanciare il potenziale inespresso delle immagini: ad esempio, colpisce la scelta di proporre balloon con le parole di lucifero in rosso, e in nero se pronunciate dagli altri personaggi. La volontà di distinguere un parlante umano da uno non umano, di aiutare il lettore a distinguere le voci dei personaggi, laddove la gerarchia di vignette e balloon non garantisca altrettanta chiarezza interpretativa, si combina così con il tentativo di offrire una prospettiva simile al cosiddetto videogioco first-person-shooter (in cui le parole di un personaggio non inquadrato vengono sottotitolate).

Dal punto di vista del contenuto della serie, si assiste a un pastiche che attinge non solo ai videogames, ma anche alla mitologia antica e all’immaginario prodotto dall’ondata cinematografica di rievocazioni storiche e adattamenti di classici della letteratura tramutati in blockbuster movies (ad esempio Troy, King Arthur, Le Crociate). Il lavoro di Gage e Latorre è fortemente impregnato di tale stile: Dante perde i connotati di poeta, la sua sensibilità ed emotività, e si ripresenta come un sanguinario soldato crociato (fig. 1), che attraversa l’inferno affrontando e distruggendo (!) i dannati (fig. 2) e i mostri dell’aldilà, tra cui Caronte, il Minotauro (fig. 3) e Gerione.

Parallelamente si assiste alla metamorfosi di Beatrice, non più rappresentata come donna angelo, ma come carnale e sensuale tentazione (fig. 4), che arriva a celebrare la propria unione con Lucifero (in risposta a un apparente tradimento di Dante) addentando un melograno (fig. 5). Il riferimento al mito di Proserpina è esplicito anche se non pertinente per una rievocazione della Commedia; tuttavia, è bene precisare che tale richiamo classico costituisce uno dei dettagli più evidenti di come l’opera originale sia stata reinterpretata a vantaggio di un panorama contemporaneo e mainstream. Infatti, tutto il lavoro di Gage e Latorre mostra – come era facile prevedere – sembianze molto diverse dalla Divina commedia: il canovaccio propone la storia d’amore tra un eroe in guerra e la sua promessa sposa, che muore durante l’assenza del futuro marito. A quel punto il protagonista attraversa l’aldilà per liberare l’anima dell’amata e dimostrarle il suo amore, ricordando il mito di Orfeo che viaggia nel regno degli inferi per liberare Euridice. Nonostante la difficile comunicazione tra testo d’origine e testo di arrivo (basti notare che la Beatrice originale non appare mai all’inferno), Gage e Latorre riescono comunque a mostrare un percorso di redenzione del personaggio. All’interno della narrazione, anzi, il senso del viaggio di Dante guerriero è continuamente ribadito, e sopperisce all’assenza di richiami strutturali alla Divina commedia. I sei capitoli della peregrinazione attraverso l’inferno non corrispondono infatti alla conformazione della prima cantica, e non di rado la materia dei singoli canti è soltanto accennata e posta in secondo piano. Dante’s Inferno porta perciò all’estremo quanto proposto da Seymour Chwast nel suo Dante’s Divine Comedy: complici formato e destinatari, Gage e Latorre non si limitano ad attualizzare le modalità rappresentative, ma sconfinano in variazioni estremamente libere della storia originale. Non a caso, come sostiene Danica Davidson, da questa esperienza la Divina commedia ne esce onorata, ma non come soggetto di un riadattamento, bensì come fonte di ispirazione per un prodotto diverso.

 

Bibliografia

D. Davidson, Review of Dante’s Inferno, Graphic Novel Reporter, July 10, 2012.

B. Letendre, Interview to Christos Gage, CBR, November 30, 2009.

J. Rosas, Comic Review: Dante’s Inferno #1 – Beautiful and Dramatic Artistry, Buzzfocus, December 14, 2009.