1.3. Il gesto ribelle della femminilità moderna. La performance di Anna Magnani nel periodo 1946-50

di

     

 

Per quanto riguarda l’incrocio tra Film Studies e Women’s Studies, il decennio degli anni Cinquanta offre un interessante campo di osservazione della nascita – o rinascita – del personaggio femminile moderno, specialmente nelle cinematografie europee. Questa rinascita coinvolge una trasformazione sociale che ha portato la teoria filmica femminista a esplorare, nell’importanza del binomio società-cinema (Sieglohr 2000) anche il possibile rapporto attrici-spettatrici (Garofalo 1956; Grignaffini 2002; Jandelli 2007; Pravadelli 2015). Non a caso questo decennio diventa anche l’ambiente di nascita di nuove forme divistiche che, stimolate dalla trasformazione dei nuovi panorami mediatici, pongono l’accento sull’importanza delle attrici nella costruzione delle identità culturali, in un momento in cui anche nelle sale lo sguardo è femminile.

Lo status iconico di Anna Magnani come diva italiana del dopoguerra è un esempio di come la storia di una nazione potrebbe essere scritta attraverso i corpi (e i gesti) delle sue attrici (Grignaffini 2002). Diversi film della seconda metà degli anni Quaranta suggeriscono la loro capacità di rappresentare le mutazioni culturali e sociali di un contesto turbolento come quello della transizione democratica italiana. Il periodo tra il 1946 e il 1950 comprende la sezione più prolifica della carriera dell’attrice, con un totale di dodici interpretazioni che racchiudono le basi del suo manifesto figurativo: la donna che, desiderando più di quanto le sia concesso, finisce per ‘traboccare’ dal mondo filmico che la contiene, spesso attraverso i suoi gesti. In un probabile rapporto con il contesto sociale con cui dialogano, tutte le figure incarnano una traiettoria di cambiamento. Sia per desiderio di promozione sociale, mobilità o trasformazione personale, personaggi come Angelina Bianchi (L’onorevole Angelina, L. Zampa, 1947), Gioconda Perfetti (Abbasso la ricchezza!, G. Righelli, 1946), Linda Bertoni (Molti sogni per le strade, M. Camerini, 1948) o Assunta Spina (Assunta Spina, M. Mattoli, 1948) espongono idee alternative di una femminilità archetipica nell’esaltazione del desiderio individuale come dimensione principale. In questo periodo Magnani indossa i gesti di madri che militano in politica (L’onorevole Angelina), prostitute con devozione religiosa (Lo sconosciuto di San Marino, V. Cottafavi, 1948; Vulcano, W. Dieterle, 1950), vedove con ambizioni di imprenditorialità sociale (Abbasso la ricchezza!), femmes fatales che sono anche donne autonome (Il bandito, A. Lattuada, 1946; Assunta Spina) o attrici che militano nella resistenza politica (Avanti a lui tremava tutta Roma, C. Gallone, 1946). La transizione che questi personaggi subiscono ha anche degli aspetti narrativi ed estetici. Significativamente, molti dei personaggi di questi anni tracciano traiettorie di emancipazione spesso troncate dall’imposizione di un simbolico ritorno all’ordine che viene segnato dalla punizione che tocca alla donna ambiziosa, insoddisfatta o libera. Tuttavia, i gesti dell’attrice travalicano l’ideologia prevalente dei film con un messaggio di ribellione, a volte tragico ma sempre complice e catartico verso le spettatrici. Parola, volto e gesto diventano così lo specchio di un desiderio di emancipazione in un momento in cui il cinema nazionale trova le donne «come pubblico e come argomento» (Morreale 2011, p. 82) [fig. 1].

Il gesto che diventa specchio ma anche finestra di altre femminilità possibili prende spesso la via del dibattito intorno al corpo. Angelina Bianchi è la madre di una famiglia di borgata che lotta per una vita migliore. Mentre allatta il figlioletto con lacrime amare, litiga con il marito che non comprende le sue ambizioni di mobilità. Il gesto dell’allattamento è costante nel film e viene spesso accompagnato da battute o gesti sulla rinuncia dei desideri personali da parte di Angelina, una virgo lactans che ci suggerisce una profonda dimensione politica. È una mente che desidera ed è anche un corpo esaurito dal lavoro di accudimento e dalle cure domestiche. La fatica di Angelina è quella di una donna giovane senza una stanza per sé, senza intimità né possedimenti individuali. Le sue battute, per le quali Magnani ha collaborato con il team di sceneggiatori, denunciano la politica fascista che sottomette il corpo delle donne come dispositivo di produzione («Se non veniva il 25 luglio io ancora stavo a fabbricare disgraziati come una macchinetta»); mentre la sua caratterizzazione disegna il fisico di una donna senza orizzonte. L’idea della precarietà è anche presente nell’insolito dettaglio dell’assenza di biancheria intima che, in alcune scene, suggerisce l’anatomia dei seni dell’attrice sotto la maglietta di Angelina. Una caratterizzazione audace, che la stessa Magnani ha disegnato visitando le borgate romane, entrando in contatto con i loro ambienti umani, e acquistando da una donna di Pietralata gli abiti che indossava il suo personaggio. Data l’importanza fondamentale del seno nella caratterizzazione di una madre che allatta, la recitazione coglie la verità di questa alienazione in un dettaglio quanto meno incisivo [fig. 2].

Un altro corpo svuotato dal suo significato classico è quello di Gioconda Perfetti, la bottegaia trasteverina arricchitasi con la borsa nera nella commedia di Righelli. Attraverso l’umorismo e la spontaneità traboccante, la ‘nuova ricca’ mette in ridicolo i gusti bizzarri dell’alta società, esprimendosi con il parlato dialettale e brandendo orgogliosamente un corpo pronto a non passare inosservato. Laddove la sceneggiatura cerca di ritagliare il personaggio sull’antipatia di una donna ignorante e traditrice della sua classe, pronta alla punizione, i gesti di Anna Magnani evocano un’irresistibile simpatia che passa attraverso il divertimento, il piacere dell’esperienza, l’autoparodia, ma anche la stravaganza di gesti inaspettati. Dal notaio, mentre Gioconda saluta un gruppo di avvocati dopo aver chiuso degli affari, Magnani fa un gesto esagerato, passandosi le mani sulla scollatura e sul seno. Il gesto genera un altro momento scioccante. È una figura femminile posta in mezzo a un coro di uomini che si accarezza i seni, ma è anche una imprenditrice che ha appena concluso un buon affare e che festeggia il successo come un buongustaio festeggerebbe un buon pasto toccandosi gustosamente la pancia. Anche se spontanea e esibizionista, la personalità di Gioconda non è quella di una femminilità sessuata [fig. 3].

In un certo senso, con questa ri-significazione di ciò che sono il seno, i fianchi o la scollatura di una donna, i gesti di Magnani stanno mettendo i suoi personaggi sulla strada che i film non consentono loro: l’ascesa, l’emancipazione, la ricchezza, il potere inteso come libertà, un dono consentito solo ai personaggi maschili che li circondano. Un po’ come le Amazzoni, che secondo il mito si tagliavano il seno per stringere meglio l’arco, le figure di Anna Magnani dispensano il significato simbolico dei loro attributi fisici per farne i veri strumenti di cui le eroine hanno bisogno sia per realizzare i propri desideri, che per rifiutare i destini a loro scritti sulle sceneggiature in cui vivono.

Nel campo dei rapporti di genere, i gesti dei personaggi di questo periodo complicano anche l’inquadratura dell’attrice all’interno del linguaggio del melodramma. Linda Bertoni e Assunta Spina sono mogli e amanti senza controcampo. Possiamo dire che nel passaggio dai Quaranta ai Cinquanta il desiderio di emancipazione dell’eroina magnaniana porterà l’attrice a ricostruire la sua presenza, letteralmente, al di fuori del linguaggio classico dove il sintomo più evidente è la progressiva perdita della corrispondenza maschile nel campo-controcampo. Sebbene questa caratteristica diventerà emblematica nei suoi film con Rossellini (L’amore, 1948), i gesti di tutti i suoi personaggi dell’epoca mostrano i primi sintomi di questo traboccamento [fig. 4].

Assunta Spina anticipa questo conflitto nelle lunghe sequenze solitarie che i gesti dell’attrice riempiono di senso. Dopo l’amore, Assunta guarda il suo amante fuori campo, sdraiata sul letto. È difficile decifrare la complessità delle emozioni che il volto di Magnani invita a proiettare sulla sfortunata Assunta. In effetti, è persino difficile capire se esista la soddisfazione, che fa della performance un testo da decifrare, ma i suoi gesti sono devastanti. La composizione della figura sola dopo l’amore, immagine ricorrente nell’opera di Magnani, ricorda il ritratto di una triste odalisca che con il gesto del contatto della mano con il proprio petto cerca di congelare nel corpo il ricordo del piacere. L’esperienza solitaria del desiderio di una donna nubile nel suo letto ci viene qui presentata nel suo valore più eloquente. Nella frustrante esperienza della sessualità come metafora del desiderio, la performance di Magnani sembra suggerire la complessità di un universo sconosciuto al cinema come il piacere femminile [fig. 5].

L’ambivalenza gestuale, la tristezza e l’eccesso di Assunta recuperano una tradizione figurativa che somatizza, nella figura dell’attrice, lo specchio di una trasformazione sociale che vede nelle donne la minaccia del cambiamento, di un futuro incerto e sconosciuto. In fuga dagli stereotipi a loro assegnati, le donne di Magnani aprono con i loro gesti delle finestre verso il futuro. Delle sfumature che, non trovando un’iscrizione sicura nel proprio tempo, dialogano intorno agli interrogativi e alle incertezze attraverso la performance intesa come sintomo. Un dialogo gestuale contemporaneo al suffragio femminile in Italia, alla pubblicazione di Il secondo sesso di Simone de Beauvoir e di L’italiana in Italia di Anna Garofalo. La critica mondiale avrà la sua grande rivelazione con il cinema degli autori europei degli anni Cinquanta, ma anche nei gesti delle attrici il cinema moderno cominciava a essere già rivelato [fig. 6].

 

Bibliografia

G.P. Brunetta, Identità italiana e identità europea nel cinema italiano dal 1945 al miracolo economico, Torino, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, 1996.

A. Garofalo, L’italiana in Italia, Roma, Laertes, 1956.

G. Grignaffini, ‘Racconti di rinascita. Il femminile nel cinema italiano del dopoguerra’, in Ead., La scena madre, Bologna, Bologna University Press, 2002, pp. 257-293.

M. Hochkofler, Anna Magnani. La biografia, Milano, Bulzoni, 2013.

C. Jandelli, Breve storia del divismo cinematografico, Venezia, Marsilio, 2007.

E. Morreale, Così piangevano. Il cinema melò nell’Italia degli anni Cinquanta, Roma, Donzelli, 2011.

V. Pravadelli, Le donne del cinema. Dive, registe, spettatrici, Roma-Bari, Laterza, 2015.

U. Sieglohr, Heroines Without Heroes. Reconstructing Female and National Identities in European Cinema, 1945-51, New York, Bloomsbury, 2000.