3.1. Fuori norma. Bambine ‘sperimentali’ del cinema muto italiano

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A chiarire il senso – in verità un poco avventuroso – del percorso che si è scelto di affrontare, viene in soccorso il dizionario. Sperimentale è un aggettivo che indica, in campo artistico, le ricerche volte a portare innovazioni e cambiamenti a livello di tecniche espressive e formali oppure di contenuti. In ambito scientifico, designa invece ciò che si fonda sull’esperienza, sull’esperimento, in contrapposizione a modelli astratti e teorici. Due accezioni che ben si adattano a questa sintetica ricognizione sulla presenza e il ruolo delle bambine nei primi anni del cinema italiano.

Quando l’immagine in movimento comincia a ritagliarsi uno spazio tra le occasioni di consumo del tempo libero, si appropria immediatamente della presenza infantile: il catalogo Lumière certifica la frequenza con cui Andrée e Suzanne, figlie di Auguste Lumière e di Marguerite Winckler, insieme ai coetanei cuginetti Marcel e Medeleine Koehler, sono protagonisti di brevi scene familiari. Dal celeberrimo Le Répas de bébé (1895, n. 88 del catalogo Lumière) fino a La petitefille et son chat (1900, n. 1100), passando per la Querelle enfantine (1896, n. 82) [fig. 1], si susseguono numerose tranches de vie in cui i bambini (per lo più bambine) dominano la scena: incuranti della macchina da presa, ma attenti soltanto ai (probabili) richiami dei genitori che li riprendono, essi non recitano ma vivono.

I bambini sono inconsapevolmente sperimentali perché, nel loro desiderio di mostrarsi, attirano e talvolta piegano verso di sé un linguaggio inedito in cerca di un proprio statuto espressivo. La relazione assoluta, viscerale e istintiva che attira bambini e immagini fisse e in movimento – e che trova una spiegazione nell’etologia (l’attrazione e il senso di protezione per ‘i cuccioli’ dei mammiferi), nella psicoanalisi (il ricordo del ‘sé infantile’, la fase dello specchio lacaniana), nelle neuroscienze (il movimento dei bambini come gioco) – interessa qui da un punto di vista storico. La purezza dello sguardo infantile che si rispecchia in quello altrettanto puro del regista, come osservava François Truffaut, si esercita in sommo grado quando entrambi, nei primi anni del Novecento, ancora non conoscono la ‘macchina’ cinema e sperimentano le sue potenzialità.

Il teatro aveva già impiegato in più occasioni i più piccoli, solitamente figli di attori al seguito delle compagnie, soprattutto nei ruoli infantili e di attori fanciulli: veri e propri figli d’arte, imparavano presto a calcare le assi del palcoscenico, attingendo all’esperienza dei genitori, segnalandosi a volte come veri e propri prodigi. Analogamente, l’ambiente circense incoraggiava la trasmissione di competenze a livello familiare. Ma il cinema stabilisce un diverso rapporto con gli attori sia per i tempi di lavoro più concentrati, sia perché non si basa su lunghe tournée in Italia e all’estero, che obbligano gli artisti a portare appresso i loro bambini: l’attività si svolge nelle case di produzione (le cosiddette manifatture) che hanno sede nelle principali città italiane. I bambini sono ricercati sia per le maggiori esigenze di verosimiglianza e realismo del cinema rispetto al teatro, sia perché costituiscono un’indubbia attrattiva per il pubblico infantile che affolla le sale e si rispecchia in loro.

La lacunosità delle fonti e la perdita di molto materiale filmico non consentono una ricognizione puntuale della presenza delle piccole interpreti sullo schermo, ma si possono comunque individuare alcuni ruoli emblematici (corredati da una filmografia delle principali interpreti identificate).

 

1. Bambine spettrali.

Tra le prime a popolare gli schermi italiani vi sono alcune bambine-fantasma. Agli albori della stagione narrativa, memore dei trucchi mélièsiani, il cinema nazionale ricorre a effetti ottici come le sovrimpressioni per evocare esperienze e presenze che vanno oltre la dimensione fisica e razionale. Così, ad esempio, in maniera del tutto sperimentale vengono visualizzati sogni, o apparizioni di carattere religioso o di persone defunte, attraverso una doppia esposizione che conferisce ai personaggi la parvenza di fantasmi. Ne L’orfanella di Messina (Giovanni Vitrotti, 1909) una bambina appare ai genitori dopo la sua morte per incoraggiarli ad adottare una piccola orfana del terremoto, trasformando il lutto in un’occasione per fare del bene: il suo fantasma attraversa gli ambienti domestici e invita a guardare oltre le mura di casa per vedere gli effetti drammatici del sisma. In tal modo il cinema dà un contributo per elaborare, oltre alla recente sciagura, anche il più ampio problema della mortalità infantile – in questi anni ancora attestata su valori elevati, compresi tra il 33 e il 17% –, offrendo piccoli racconti edificanti per le famiglie che ne avevano fatto esperienza. Dello stesso tenore è il racconto di La madre e la morte (1911), prodotto dalla torinese Ambrosio con sceneggiatura di Arrigo Frusta a partire da una poesia popolare (poi pubblicata da Guido Gozzano nel 1916 come La culla vuota). Alla madre afflitta dopo che la morte le ha sottratto una creatura in fasce appare «l’angelo della vita che le indica il percorso della Morte» nei panni di una bambina-fantasma dai lunghi capelli, che muove ripetutamente le mani [fig. 2]. Se l’iconografia della morte è quella di un vecchio barbuto con una tunica nera che imbraccia la falce, l’angelo della vita ha le sembianze del tutto opposte di una bambina innocente dall’abito candido.

 

2. Bambine fluide.

Lo stesso film rivela, poco più avanti, un’altra presenza infantile. Quando alla madre addolorata è concessa la visione di ciò che il figlio sarebbe diventato nel corso della sua vita attraverso ‘la fontana del futuro’, un gioco di sovrimpressioni sullo sfondo di un corso d’acqua mostra un bambino ribelle e ostile che si alza dal tavolo dove sta eseguendo i compiti, straccia i fogli e li getta a terra, incurante dei richiami della mamma sofferente e quasi disperata, poi afferra il cappello ed esce di casa; nel quadro successivo il bambino è diventato un giovane criminale che finisce per suicidarsi in carcere. Il dolore della madre è tale da indurla ad accettare a malincuore la perdita del figlio in tenera età piuttosto che subire l’onta di aver cresciuto un delinquente. Il bambino scapestrato è interpretato da Maria Bay, presenza frequente nei film Ambrosio anche in ruoli en travesti [fig. 3]. Fino alla Prima guerra mondiale l’infanzia sullo schermo è una condizione che viene rappresentata spesso in modo fluido sotto l’aspetto sessuale, per cui maschi e (soprattutto) femmine si scambiano i ruoli: bimbe dall’espressione vivace si calano senza apparenti complessi nei panni di maschietti baldanzosi, sperimentando una almeno apparente libertà rispetto al gender. Maria Bay offre numerosi esempi al riguardo: oltre a interpretare parti maschili in coppia con Anna Crosetti [fig. 4], dà vita al personaggio di Firulì, un bimbo astuto, capace di interagire alla pari con gli adulti, mutuato dal personaggio di Bébé della Gaumont (interpretato tuttavia da un attore maschio, AnatoleClément Mary, poi noto come René Dary) [fig. 5]. Nello stesso arco temporale, questa fluidità si rinviene anche a livello identitario: i crediti dei film non riportano sempre i nomi degli interpreti, soprattutto se si tratta di bambini che non hanno ancora acquisito uno statuto divistico.

 

3. Bambine ribelli.

Nello spazio finzionale dello schermo, le bambine attrici sperimentano anche comportamenti apertamente trasgressivi. Accade quando si trovano a impersonare personaggi di segno negativo, come il ruolo di Pierino ne Le bolle di sapone (Giovanni Vitrotti, 1911), interpretato sempre da Maria Bay. La bambina ne combina di tutti i colori: fa ruzzolare una vecchietta per la strada, si oppone con violenza ai rimproveri di un poliziotto e della madre, infine ruba a un altro bambino la cannuccia con cui fa delle bolle di sapone [fig. 6]. Il racconto si trasforma poi, prevedibilmente, in un apologo: proprio attraverso le bolle di sapone si manifesta a Pierino la visione della mamma addolorata (sempre ottenuta tramite il trucco della sovrimpressione), che lo spinge a pentirsi e a cambiare condotta. Si tratta di un espediente retorico comune ad altre forme narrative come novelle, testi illustrati, fiabe e recite teatrali, che attirano l’attenzione infantile su comportamenti scorretti per provocare un’identificazione prima di un ‘catartico’ cambiamento di segno: ma il cinema ha la capacità di visualizzare più a lungo, e in modo del tutto realistico, i comportamenti trasgressivi dei ragazzi. Il gioco della recitazione – che la polisemia del verbo inglese ‘play’ rende più icasticamente – autorizza le bambine a oltrepassare i limiti del bon ton e a mettere in atto monellerie, ribellioni e cattiverie.

 

4. Bambine ‘eccessive’.

Un altro aspetto di quel carattere sperimentale che connota il primo cinema italiano riguarda l’eccesso di esposizione del corpo delle bambine-attrici. All’inizio del Novecento, quando il ruolo sociale dell’infanzia non è ancora definito e tanto meno tutelato, l’industria del cinema si trova nella necessità di stabilire un limite al ‘visibile’, sia nei termini di esposizione corporea dei bambini, sia in quelli di esposizione a situazioni violente, paurose e terrificanti. È il caso di Cabiria, il celeberrimo film di Giovanni Pastrone (1914) che segna il vertice del cinema storico italiano. La protagonista che dà il titolo alla pellicola nelle scene infantili è identificata talvolta come Marcellina Bianco, talaltra come Carolina Catena: non è escluso – come suggerisce Marco Grifo – che entrambe le bambine abbiano preso parte al film. Il climax drammaturgico della parte del film che la riguarda è la scena del sacrificio che si compie all’interno del tempio di Moloch, quando la bambina viene sollevata in alto dalle mani del sacerdote che la consegnano alle fiamme. Un’immagine potente che ispira Leopoldo Metlicovitz (e più tardi Armando Vassallo) per il manifesto del film [fig. 7], in cui la bambina avvolta da un fuoco di un rosso acceso è rappresentata in figura intera, nuda e inerme, mentre guarda verso lo spettatore. La ricerca sui voluminosi materiali di tournage del film ha consentito di portare alla luce due inquadrature – espunte da Pastrone nella versione sonorizzata del film del 1931, probabilmente per motivi censori, ma presenti nelle copie conservate presso il Moma e il Gosfilmofond – in cui la bambina è ripresa da vicino in figura intera, nuda e dal corpo riverso, tra le fiamme. Questa bambina così fortemente esposta, anche in modo inusuale rispetto alle scelte estetiche di Pastrone che privilegiano il rapporto tra personaggio e l’ambiente rifiutando piani troppo ravvicinati, esprime tutta l’ambiguità di uno sperimentalismo che – solo poco dopo – verrà ricondotto all’interno di canoni più prevedibili e ordinari.

Quando sugli schermi internazionali inizia a diffondersi un sistema di childactors, anche le bambine nostrane vengono sempre più abbigliate come ‘piccole donne’ e impiegate in ruoli melodrammatici e lacrimevoli, a volte in funzione di star (come Marcella Sabbatini [fig. 8], protagonista – tra gli altri film – di L’amor mio non muore, di Wladimiro Apolloni, 1921, parodia del celebre film del 1913 Ma l’amor mio non muore, di Mario Caserini, completamente interpretato da bambini), derogando a quella inconsapevole parte di sperimentalismo che oggi appare forse ingenua, ma intrigante e potenzialmente sovversiva.

 

Bibliografia

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P. Bertetto, G. Rondolino (a cura di), Cabiria e il suo tempo, Milano-Torino, Il Castoro-Museo Nazionale del Cinema, 1998.

R. Catanese, ‘L’orfanella di Messina. Il fantasma del terremoto nel 1909’, Fata Morgana. Quadrimestrale di cinema e visioni, XII, 36, settembre-dicembre 2018, pp. 169-177.

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G. De Luca, Il punto di vista dell’infanzia nel cinema italiano e francese: rivisioni, Napoli, Liguori, 2009.

E. Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, Milano, Feltrinelli, 1973.

G. Grazzini, Dolci pestiferi perversi. I bambini del cinema, Parma, Pratiche, 1995.

M. Grifo, ‘Alla ricerca del cast perduto: la troupe di Cabiria’, in S. Alovisio, A. Barbera (a cura di), Cabiria & Cabiria, Milano-Torino, Il Castoro-Museo Nazionale del Cinema, 2006, pp. 110-126.

C. Jandelli, I ruoli nel teatro italiano tra Otto e Novecento, Firenze, Le Lettere, 2002.

L. Lipperini, Ancora dalla parte delle bambine, Milano, Feltrinelli, 2007.

N. Pacini, ‘La promozione di Cabiria: i manifesti e le brochure’, in S. Alovisio, A. Barbera (a cura di), Cabiria & Cabiria, Milano-Torino, Il Castoro-Museo Nazionale del Cinema, 2006, pp. 210-223.

D. Serra Cary, Hollywood’s Children: An Inside Account of the Child Star Era, Dallas, Southern Methodist University Press, 1997.

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E. Wilson, Cinema’s Missing Children, London, Wallflower, 2003.

I. Wojcik-Andrews, Children’s Films, New York-London, Garland Publishing, 2000.

 

 

Filmografia

MARIA BAY

  • L’adultera, 1911

  • Angelo redentore

  • La bambola di Luisetta, 1911

  • Le bolle di sapone, 1911

  • Firulì apache, 1911

  • Firulì ha perso la balia, 1911

  • Firulì ha vinto alla lotteria, 1911

  • Firulì polizotto, 1911

  • Le imprese di Firulì, 1911

  • La madre e la morte, 1911

  • Il piccolo spazzacamino, 1911

  • Salambò, 1911

  • Il sogno di Firulì

  • L’ultimo dei Frontignac, 1911

  • Abele fratricida, 1912

  • La bambola salvatrice, 1912

  • Il compito di Pierino, 1912

  • Firulì domestico, 1912

  • Firulì dottore, 1912

  • Il fischio della sirena, 1912

  • Lettere dal campo, 1912

  • La mamma dorme, 1912

  • I mille, 1912

  • La promessa di Sua Eccellenza, 1912

  • Il recluso n. 75, 1912

  • Agenzia Griffard, 1913

  • Gli artigli di Griffard, 1913

  • Bagliori di fiamma, 1913

  • Cenerentola, 1913

  • Cuor di poeta, 1913

  • La fiammella spenta, 1913

  • Il figlio del burattinaio, 1913

  • Il notturno di Chopin, 1913

  • Il piccolo burattinaio, 1913

  • Il ritratto della mamma, 1913

  • Il sogno di Aissa, 1913

  • La statuetta di Nelly, 1913

  • Il trionfo della forza, 1913

  • Firulì e l’uomo di neve, 1914

  • Nel vortice del peccato, 1916

MARCELLINA BIANCO

  • Cabiria, 1914

CAROLINA CATENA

  • L’alba del perdono, 1914

  • Brivido di morte, 1914

  • Cabiria, 1914

  • Chi non vede la luce, 1914

  • Il diritto di uccidere, 1914

  • Extra dry; Carnevale 1910 – Carnevale 1913, 1914

  • La valanga di fuoco, 1915

  • Un dramma tra le belve, 1915

  • Un grande dramma in un piccolo cuore, 1915

  • Il piccolo protettore, 1915

  • Il romanzo di un atleta, 1915

  • La valanga di fuoco, 1915

ANNA CROSETTI

  • Il segreto della fidanzata, 1910

  • Il duchino, 1911

  • Il piccolo spazzacamino, 1911

  • Il soprabito del maestro, 1911

  • Il piccolo lustrascarpe, 1912

  • Gli artigli di Griffard, 1913

  • Cenerentola, 1913

  • Cuor di poeta, 1913

  • La lampada della nonna, 1913

  • Michele Perrin, 1913

  • Il piccolo burattinaio, 1913

  • La statuetta di Nelly, 1913

  • La Du Barry, 1914

  • Firulì e l’uomo di neve, 1914

  • La mamma è morta, 1914

  • Gigetto è senza impiego, 1915

  • I soldatini del re di Roma, 1915

  • Storie vecchie e … fatti nuovi, 1915

MARIA ORCIUOLI

  • L’assassina del ponte S. Martin, 1913

  • Il dramma del colle di Guis, 1914

  • Il martirio di Juccy, 1914

  • Il masnadiere della Ziria, 1914

  • La principessina di Bedford, 1914

  • La piccola detective, 1915

MARCELLA SABBATINI

  • Germana, 1919

  • La fiaccola umana, 1920

  • Liberazione, 1920

  • Papà Lebonnard, 1920

  • Per un figlio, 1920

  • Principessa misteriosa, 1920

  • Raffica sulla felicità, 1920

  • All’ombra di un trono, 1921

  • L’amor mio non muore, 1921

  • Il colchico e la rosa, 1921

  • I dannati, 1921

  • Il dubbio, 1921

  • La figlia della tempesta, 1921

  • L’ultimo sogno, 1921

  • La valse ardente, 1921

  • Beatrice, 1922

  • La blesseure, 1922

  • La casa sotto la neve, 1922

  • Le due madri, 1922

  • La donna e l’uomo, 1923

  • La maschera che ride, 1923

  • Il trittico di Bonnard (Signor ladro), 1923

  • Le vie del mare, 1923

  • In Maremma, 1924

  • Quo Vadis?, 1924

  • La via del dolore, 1924

  • La bocca chiusa, 1925

  • La cavalcata ardente, 1925

  • Il focolare spento, 1925

  • Fra Diavolo, 1925

  • Mi chiamano Mimì, 1926