3.5. Paolo e Francesca per bambini, Paolo e Francesca per adulti: censure, revisioni, riletture

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  • «Noi leggiavamo…». Fortuna iconografica e rimediazioni visuali dell’episodio di Paolo e Francesca fra XIX e XXI secolo →

Il passo dedicato a Paolo e Francesca nel quinto canto dell’Inferno presenta, almeno all’interno della cultura italiana, una natura duplice: esso è infatti parte del canone scolastico, già prima delle scuole superiori, ed elemento della cultura popolare, cui pertiene tanto sul piano della vicenda e dei personaggi quanto sul piano delle espressioni linguistiche – caso, questo, particolarmente degno di nota se si considera che appartengono al nutrito patrimonio delle citazioni collettive estrapolate dalle terzine dantesche in questione anche versi di non facile interpretazione quali «amor ch’a nullo amato amar perdona» o «Galeotto fu il libro e chi lo scrisse». Avranno contribuito al successo dell’episodio l’interesse oggettivo della vicenda, un classico triangolo di amore e morte arricchito con sapidi dettagli dalla tradizione novellistica, ripresa anche da Boccaccio, e la particolarità del racconto dantesco, che evidenzia la partecipazione e il profondo turbamento provati dal Dante personaggio e descrive Francesca attribuendole tratti (anomali, considerata la collocazione) di ‘gentilezza’. Per la ricezione e la fortuna di Paolo e Francesca, dunque, si mescolano inscindibilmente elementi prettamente danteschi ed elementi esterni, che sin dai primi commentatori arricchiscono il bagaglio delle nozioni associate alla coppia; d’altra parte, su un piano che potremmo definire connotativo, già il dettato della Commedia presenta elementi che paiono problematizzare la valutazione dei personaggi e la natura stessa della relazione amorosa. Nel complesso, il loro grande successo ha reso Paolo e Francesca uno degli episodi più rappresentativi del poema e contemporaneamente un elemento indipendente dal poema stesso (un poema difatti ‘sgangherabile’, come ebbe a dire Umberto Eco), facendone parte del bagaglio culturale medio italiano. Il fatto che la grande disponibilità di questo elemento ne allarghi l’accesso anche ai giovani e ai giovanissimi ha moltiplicato le sue possibilità di recupero e rilettura.

Una rappresentazione che conferma l’iconicità dei personaggi di Paolo e Francesca, evidenziandone anche una loro connotazione di fatto positiva, si trova nell’illustrazione dell’Inferno dantesco realizzata da Fabio Vettori [fig. 1]. Per i lussuriosi, le celebri Formiche dell’artista sono avvolte dal vento: nella schiera sono esplicitamente rappresentati Elena (identificata grazie al nome, ma priva di una caratterizzazione grafica riconoscibile), Cleopatra (riconoscibile invece grazie a diversi accessori legati all’iconografia del personaggio o genericamente degli antichi Egizi) e, appunto, Paolo e Francesca: tra i due personaggi è disegnato un cuore rosso, a simboleggiare la relazione amorosa che li lega ancora nell’Oltremondo. Oltre che dai dettagli medievaleggianti (il copricapo di Paolo, l’acconciatura di Francesca), la coppia è fortemente caratterizzata dal libro che Paolo tiene tra le mani.

La presenza del libro torna anche ne La divina avventura. Il fantastico viaggio di Dante, una riscrittura in forma di filastrocca di Enrico Cerni e Francesca Gambino illustrata da Maria Distefano [fig. 2]. La rappresentazione, sia verbale sia visuale, unisce alla descrizione dantesca di Paolo e Francesca alcuni dettagli caratteristici della tradizione narrativa, come la bruttezza anche interiore di Gianciotto contrapposta alle qualità del fratello Paolo. La volontà di proporre a un pubblico giovane dei temi a lui francamente lontani, che provoca sempre un certo imbarazzo negli adattamenti per l’infanzia (si pensi all’Inferno di Topolino che semplicemente oblitera i lussuriosi, così come i suicidi etc.), induce gli autori e l’illustratrice ad avvicinare Francesca alla sensibilità del lettore: ella era stata data in sposa molto giovane a un marito brutto e cattivo, Paolo era colto e bello, l’amore che la legava a lui «non concede tregua / tanto è disperato». Nell’evidente trasposizione della vicenda e del personaggio su un piano lontanissimo dall’orizzonte valoriale della Commedia, è interessante rilevare che la rappresentazione verbale e visuale riprende e traduce per i bambini di oggi il paradosso già dantesco di una Francesca gentile e dannata. Di lunga tradizione è la rappresentazione della coppia con le ferite aperte, evidentemente inflitte da Gianciotto: le macchie rosse di sangue spiccano sulle vesti medievaleggianti di Paolo e Francesca, ma non terniscono l’eleganza e la grazia dei due [fig. 2]. Nella rappresentazione dei momenti che precedono l’omicidio, la coppia di spalle conferma la sua leggiadria e il libro ha un ruolo importante; è un elemento tratto dalla tradizione novellistica, come si è detto, Gianciotto che li spia alle spalle, pronto all’omicidio [fig. 2].

A un pubblico infantile si rivolge anche Marcello: il suo adattamento a fumetti della Commedia vive in realtà diverse fasi che prima dell’approdo definitivo, negli anni ’90, sulle pagine de Il Giornalino, settimanale cattolico per bambini, lo avevano visto debuttare nel 1969 sulla rivista Off-Side (Bosold-DasGupta 2010; Tirino e Di Paola 2018, pp. 107-108). Durante questa lunga gestazione, all’evoluzione del tratto si accompagna un inevitabile riadattamento dei contenuti e delle soluzioni grafiche, per adeguare il fumetto alla sua ultima sede: il tono umoristico dovrebbe bilanciare la componente esplicitamente didattica e moraleggiante. Per la rappresentazione di Paolo e Francesca [fig. 3] è ripreso il dato della bruttezza fisica di Gianciotto, evocato come giustificazione per il tradimento della moglie. Manca ogni riferimento al fatto che proprio il marito geloso uccide gli amanti: Gianciotto qui non è neppure rappresentato. È esplicito un giudizio di riprovazione morale («Francesca, come hai potuto tradire tuo marito, la persona con la quale avevi giurato solennemente di dividere la vita?», fig. 3) e la volontà di alleggerire questo passaggio così didatticamente pesante è affidata a una debole gag sulla bruttezza pure di Paolo, cui si aggiunge inoltre il dato della sua balbuzie. In questo modo risulta di fatto annullato il ruolo della lettura, annegata nel tartagliamento di Paolo (peraltro chiamato a parlare, elemento che discosta nettamente la rappresentazione dal dettato dantesco). La rappresentazione della coppia prosegue con una seconda gag, che insiste sulla dolorosa mancanza di Dio provata dai dannati: questa aggiunta catechizzante è probabilmente ispirata al «Se fosse amico il Re dell’universo / noi pregheremmo lui della tua pace», la formula di saluto che Francesca rivolge a Dante quando la coppia gli si avvicina per parlargli (sul valore di questa formula cfr. almeno il commento di Inglese in Alighieri 2016, vol. 1, p. 104). L’episodio si chiude con un’ultima gag: Dante scivola sulla cera e cade «come corpo morto cade». La ‘fedeltà’, rilevata a più riprese, che il racconto di Marcello osserva rispetto alla narrazione dantesca insiste sul piano della mera successione degli incontri compiuti da Dante nel suo viaggio: fatta salva questa aderenza superficiale, come si vede, la rilettura operata è profonda. L’episodio è scomposto in strisce, ciascuna striscia si conclude con una battuta: Paolo e Francesca, e così l’intero poema, sono un canovaccio per innestare battute, secondo il ritmo di una comic strip.

Si rivolge a un pubblico adulto Go Nagai, con la sua riscrittura della Commedia (1994-5). L’opera si caratterizza, fondamentalmente, come una reinterpretazione grafica delle illustrazioni di Doré in forma di manga; il perno su cui si costruisce l’intera narrazione, che è poi il tema fondamentale della produzione nagaiana, è la complessità del rapporto tra bene e male (per il reimpiego di Doré cfr. La Salvia 2016; sull’opera di Nagai cfr. da ultimo Ciannella e Martí Escayol 2018, Tirino 2018). In questo senso, la vicenda di Paolo e Francesca è paradigmatica degli interessi dell’autore, che infatti dedica all’episodio ben 16 pagine. Seguendo fedelmente il racconto dantesco, Nagai mostra Dante colpito dalla leggerezza della coppia nel turbine infernale; parlando «con il cuore» li chiama, ed essi vengono a lui: come si diceva, la riproposizione dell’illustrazione classica di Doré è arricchita dalla tipica rappresentazione manga dei volti umani [fig. 4]. A questo punto, Nagai inserisce un excursus in cui narra la vicenda di Paolo e Francesca, attingendo esplicitamente dalla tradizione esterna a Dante: la storia è introdotta dalla didascalia «Si tramanda che la tragica storia di Paolo e Francesca sia avvenuta proprio all’epoca di Dante» e prosegue con tipica movenza narrativa «Tutto cominciò...». Anche Nagai, dunque, riprende il motivo della bruttezza di Gianciotto e lo unisce alla rappresentazione dell’amore a prima vista che esplode tra Paolo e Francesca. I due sono tormentati, ma non riescono a sopire i propri sentimenti; la lettura del libro non compare qui come causa scatenante della passione tra i due, ma Nagai riprende la figura di Lancillotto portandola come ulteriore esempio della necessità ineluttabile del sentimento amoroso [fig. 5]. La scena del bacio, in particolare, è avvolta dalle fiamme e finisce per costituire uno sfondo a prevalenza bianca, rompendo il tradizionale sfondo scuro delle scene infernali (cfr. anche Ciannella e Martí Escayol 2018, p. 156). Dopo la rappresentazione dell’uccisione della coppia fedifraga per mano di Gianciotto, la narrazione torna all’Inferno: Francesca ribadisce che «Fu l’amore a condurci alla morte» e Dante è tanto turbato che sviene (Nagai ripropone qui la seconda illustrazione di Doré). A questo punto sono inserite altre sei pagine che mostrano cosa accade a Dante durante il suo svenimento: egli ha una visione di Beatrice, nuda e bellissima, e le chiede ripetutamente se, dunque, «perseguire l’amore è peccato» e quale è stato l’errore di Francesca [fig. 6]. Beatrice rimane muta e da ultimo scompare, annullata in un raggio di luce [fig. 7]. Il potente bianco e nero di Nagai, unito alla straordinaria efficacia rappresentativa del contrasto tra la rotondità morbida dei corpi e i volti efebici, caratterizzati da pochissimi tratti, riesce a rendere fortissimo il conflitto irrisolto tra la colpa e un sentimento amoroso necessariamente incolpevole (per una diversa interpretazione della ‘apparizione’ di Beatrice cfr. Torino 2018, p. 188).

Un’altra riproposizione della rappresentazione di Doré, anche questa destinata a un pubblico adulto, è quella offerta da Milo Manara nell’episodio «Revoir les étoiles» delle «aventures urbaines» di Giuseppe Bergman (1998), già protagonista delle avventure asiatiche e africane (il personaggio era stato creato nel 1978). Questa volta Bergman si mette in viaggio per seguire una ragazza che si identifica con le immagini di un suo libro di storia dell’arte e le replica (denudandosi ogni volta): seguendo le illustrazioni del poema dantesco disegnate da Botticelli e appunto da Doré, la ragazza arriva infine a Cinecittà, dove si sta girando un film sull’Inferno [fig. 8] (cfr. La Salvia 2016, p. 293). Anche in questo caso l’illustrazione di Doré è ripresa in modo esplicito: essa fornisce il pretesto per una gag che coinvolge il personaggio di Paolo che impropriamente palpa la compagna. La riduzione del poema a un erotismo di superficie è confermata dalla presenza della diavolessa ermafrodita: sarà proprio questo personaggio, tra l’altro, a pronunciare l’invettiva di Manara contro il decadimento del nostro tempo frivolo, che impiega il sesso per vendere qualsiasi cosa, mentre regna l’inferno su questa terra piagata da molti mali. Al netto del messaggio impegnato ma puerile che vorrebbe esprimere l’albo, è interessante rilevare la scelta di Paolo e Francesca come figure emblematiche dell’Inferno dantesco, latrici di versi notissimi (ripresi nei balloons) e raffigurate icasticamente da Doré. Disinteressato ad altri aspetti, Manara accoglie qui la natura di icona pop della coppia.

 

Bibliografia

D. Alighieri, Commedia, Revisione del testo e commento di G. Inglese, Roma, Carocci, 2016.

B. Bosold-DasGupta, ‘Dante “travestito”: Von Edoardo Sanguinetis Commedia dell’Inferno zum Comic’, in K. Ley (ed.), Dante Alighieri und sein Werk in Literatur, Musik und Kunst bis zur Postmoderne, Tübingen, Narr, 2010, pp. 43-55.

E. Cerni - F. Gambino, La divina avventura. Il fantastico viaggio di Dante, Illustrazioni di M. Distefano, Cosenza, Coccole Books, 2014(2) [prima ed.: Edizioni Coccole e Caccole, 2007].

R. Ciannella, M. A. Martí Escayol, ‘“Manga-fying” la Commedia: dialogismo testuale e visivo in Dante Shinkyoku di Go Nagai’, Dante e l’arte, 5, 2018, pp. 135-176.

G. Nagai, La divina commedia, trad. G. Lapis, Milano, J-Pop, 2014.

A. La Salvia, ‘Dante e Doré. L’aura della Divina Commedia nell’arte moderna’, in M.A. Terzoli, S. Schütze (eds.), Dante und die bildenden Künste. Dialoge - Spiegelungen - Transformationen, Berlin/Boston, De Gruyter, 2016, pp. 281-301.

Manara, Les aventures urbaines de Giuseppe Bergman. Revoir les étoiles, Bruxelles / Paris, Casterman, 1998.

Marcello, Dante. La divina commedia a fumetti, Brescia, Shockdom, 2015.

M. Tirino, ‘Manga Dante. Comunicazione interculturale e tradizione figurativa in Dante Shinkyoku di Go Nagai’, Dante e l’arte, 5, 2018, pp. 177-220.

M. Tirino, L. Di Paola, ‘La Divina parodia. Un’analisi socioculturale di Dante. La Divina Commedia a fumetti di Marcello Toninelli’, Dante e l’arte, 5, 2018, pp. 105-134.

F. Vettori, Le formiche. Divina commedia - Inferno.