Filippo Rossi, Vincenzo Bizzarri, Benvenuto Cellini

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La collana fumettistica Prodigi fra le nuvole, inaugurata dalla casa editrice fiorentina Kleiner Flug nel 2013 e dedicata ai grandi personaggi della nostra cultura – con trasposizioni delle biografie di Giotto, Nicola Pisano, Donatello, Petrarca, Dante, Galileo, Raffaello – si è recentemente arricchita di un adattamento della Vita di Benvenuto Cellini, per opera dei giovani Filippo Rossi (testo) e Vincenzo Bizzarri (disegni). Si tratta di un volume relativamente snello (80 tavole a colori) e di lettura agevole, che risulta godibile anche al lettore non esperto.

Il fatto che il fumetto – unico caso nella collana – non prenda le mosse da una ricostruzione storica, bensì da un’opera letteraria autobiografica, e per giunta dotata di un autobiografismo notoriamente ingombrante (la cosiddetta egolatria di Cellini) rende il lavoro particolarmente interessante, e porta a interrogarsi sulle modalità di transcodificazione del materiale letterario da parte degli autori, necessitati ad adattarlo a un punto di vista esterno (da autobiografia a biografia), e a trovare una chiave di sintesi per una storia difficilmente riducibile a unità.

Il risultato rappresenta, per certi versi, un ‘tradimento’ delle intenzioni originarie. Mentre infatti la Vita, dedicata da Cellini a Cosimo I e finalizzata a riabilitare la propria immagine di artista in un ambiente che ormai l’aveva screditato, insiste sulle vicende legate alla realizzazione delle opere (inevitabilmente coronate dal successo), nel fumetto il Cellini artista riveste un ruolo secondario. A farne le spese sono episodi celebri, primo fra tutti la fusione del Perseo (da sempre valorizzata nella ricezione della Vita: si pensi all’opera Benvenuto Cellini di Hector Berlioz, alle illustrazioni di Salvador Dalì, al film per la televisione Una vita scellerata di Giacomo Battiato), ma anche la lunga rivalità con Bandinelli e i difficili rapporti con la committenza. Insomma, l’arte non è qui al centro dell’attenzione, nonostante l’inclusione di Cellini nella collana sia anche motivata dalla differenziazione dei settori artistici dei biografati (è infatti l’unico orefice).

Acquistano invece rilievo le vicende avventurose e soprattutto il temperamento sanguigno del protagonista, che tuttavia, al di fuori del progetto di self-fashioning autoriale – come individuo eccezionale, cui tutto è lecito in virtù del suo talento – rischia a tratti di apparire gratuito (solo un esempio: l’ira del governatore contro Benvenuto è privata dei fatti di contorno, che presupponevano l’invidia professionale di un rivale). Compensano questo limite l’accuratezza e il realismo con cui il profilo del protagonista è costruito, attraverso un’efficace coloritura dialettale (che soddisfa anche la prospettiva ‘toscanocentrica’ a cui la collana sembra obbedire) e una resa grafica molto caratterizzante, che accentua e inasprisce i tratti somatici tradizionali nell’iconografia di Cellini.

 Filippo Rossi, Vincenzo Bizzarri, Benvenuto Cellini, china, acquerello e colorazione digitale, pp. 34-35

Si nota, inoltre, il tentativo di conferire alla storia una coesione narrativa che all’originale manca. In tal senso, gli autori scelgono di dare rilievo alle peripezie legate al ritrovamento della siciliana Angelica. Nella Vita questo è un episodio minore, presto dimenticato e superato dai frenetici impegni artistici di Benvenuto (Vita, I, LXV: «io non mi ricordavo più né di Angelica né di null’altra cotal cosa, ma tutto ero intento a quella mia opera»); la trasposizione grafica, invece, si apre con il rito negromantico durante il quale Benvenuto si fa predire il suo prossimo incontro con l’amata, e termina con l’incontro stesso (i due fatti nella Vita sono collocati a breve distanza nel primo libro). Tutto quel che accade nel mezzo (soprattutto la prigionia a Castel Sant’Angelo, seguita dalla nota fuga) viene ripescato anche da episodi successivi dell’originale, e sottomesso a una nuova cronologia e priorità logica. Il vero filo conduttore tuttavia non è la love story, ma proprio lo spirito libero di Benvenuto che nell’ultima scena abbandona bruscamente la fanciulla appena ritrovata, non disposto a piegarsi alle istanze coercitive della madre di lei.

 Filippo Rossi, Vincenzo Bizzarri, Benvenuto Cellini, china, acquerello e colorazione digitale, p. 68

In sostanza, il graphic novel riesce a reinventare la figura di Cellini, restituendone una versione nuova. A fare presa sull’immaginario dei due autori non è l’artista-genio romantico ante litteram, né tantomeno il personaggio aneddotico e colorito facilmente prestabile alla commedia (Berlioz, ma ricordo anche la screwball comedy Gli amori di Benvenuto Cellini di Gregory La Cava, 1934). Questo Cellini è invece prima di tutto il protagonista di un romanzo. Ed è al romanzo, considerato il primo della letteratura italiana, che viene reso omaggio attraverso la reinvenzione dell’intreccio; e che si tratti di un’opera di grande valore storico ce lo ricordano i disegni, che illustrano con minuziosa cura filologica quel Cinquecento fiorentino di cui Benvenuto Cellini e la sua arte sono figli.