Jan Baetens, The Film Photonovel. A Cultural History of Forgotten Adaptations

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All’interno dell’ampio panorama dei processi intermediali, il fotoromanzo e le novellizzazioni, ossia le trasposizioni narrative delle opere cinematografiche, rappresentano due pattern emblematici di contaminazione tra la letteratura e i linguaggi visuali. Lungo un percorso di ricerca avviato oramai da più di un decennio, Jan Baetens ha contribuito a definire il campo d’indagine relativo a questi due generi, aggiornandone di volta in volta le coordinate teoriche in diversi interventi, tra i quali ricordiamo, ad esempio, le monografie La Novellisation: Du Film au roman (Les Impressions Nouvelles, 2008) e Pour le roman-photo (Les Impressions Nouvelles, 2010), oppure ancora la galleria virtuale, curata insieme a Stefania Giovenco, Le roman-photo: Images d’une histoire, pubblicata nel 2014 nel quarto numero di Arabeschi.

Sulla scia tracciata da tali studi, l’autore ha elaborato la teorizzazione di un nuovo sottogenere, non canonico, sviluppatosi al di fuori dei circuiti accademici e partecipe tanto del legame con il cinema che caratterizza il film novel, quanto della narratività articolata sulla giustapposizione di testi e immagini fotografiche su cui si basa il photonovel. È proprio come esito di una inestricabile ibridazione dei codici che nasce, dunque, The Film Photonovel. A Cultural History of Forgotten Adaptations (University of Texas Press, 2019). Il volume offre una organica trattazione dedicata al ‘cinefotoromanzo’, un particolare ‘adattamento’ dei film su riviste illustrate – come Star cineromanzo gigante, edita da Bozzesi, pioniere nel settore – che a metà degli anni Cinquanta hanno raggiunto il periodo di massima circolazione in Italia, trovando poi ulteriori canali di diffusione in altri Paesi europei e in Francia in particolare.

Seguendo la progressione di un’analisi che parte dalla definizione stessa di film photonovel e dalla storia della formazione del sottogenere, Baetens accompagna per gradi il lettore alla comprensione di complesse dinamiche fototestuali di cui si mettono in evidenza, con il sostegno di esemplificative riproduzioni di alcune pagine dei maggiori cineromanzi, i meccanismi di interazione tra i diversi livelli verbali (dialoghi, didascalie, ‘voice over’) e le immagini; le modalità di fruizione determinate dalla partitura del layout; la resa del movimento sulla pagina, inteso in relazione sia alla dimensione narrativa delle immagini che al rapporto tra il dinamismo dell’azione e l’assetto più statico dell’apparato illustrativo dei cineromanzi. Chiudono il volume un capitolo focalizzato sui pochi casi di film photonovel rintracciabili al di fuori dell’Europa, negli Stati Uniti e in America Latina, e un’appendice che ospita un elenco quanto più esaustivo possibile delle testate e delle case editrici.

Si scopre così che pur essendo inevitabilmente debitore nei confronti del film che ne costituisce la fonte, il film photonovel si ritaglia un margine riconoscibile di originalità; malgrado la scelta dei materiali visivi sia giocoforza limitata ai fotogrammi o alle foto di scena, una tensione creativa si annida nella conversione del film dalla pellicola alla pagina stampata. Tra gli aspetti che caratterizzano tale «creative tension» (p. 17) si annovera la messa in rilievo della componente melodrammatica delle storie, secondo una scelta che va forse incontro alla destinazione dei cineromanzi, pubblicati su riviste cosiddette popolari, distribuite in edicola e, per lo meno in una prima fase, orientate verso un pubblico femminile. Al di là delle connotazioni e degli stereotipi di genere, appare interessante sottolineare che – a differenza, in questo caso, dei fotoromanzi, pubblicati a puntate – il film photonovel, nel riproporre in un’unica uscita, dopo la distribuzione delle opere cinematografiche da cui sono tratte, narrazioni finzionali presumibilmente già note e di cui si conosce l’epilogo, non fa che consentire un’esperienza di fruizione del film di riferimento potenzialmente infinita (cfr. p. 28). I cineromanzi si prestano alla lettura – una lettura di tipo ‘spaziale’ e simultanea, diversa dalla successione cronologica scandita dalle sequenze cinematografiche – ma sono anche oggetti da guardare, strettamente connessi, peraltro, alla materialità del medium se, come ha notato Baetens, fotografie, singole sezioni dei fogli, pagine centrali o copertine dei fascicoli sono state non di rado ritagliate e riutilizzate come poster.

Quelli enucleati sono solo alcuni degli elementi distintivi del cineromanzo, ma si ritiene che possano valere a suggerire l’idea della molteplicità delle prospettive ermeneutiche messe in campo da questo oggetto di studio. Orientandosi tra le sfide poste dal reperimento delle fonti primarie e dalla delimitazione di un corpus che non può che risentire di una certa asistematicità, dovuta al ritrovamento di collezioni spesso incomplete o conservate in archivi che non propongono, per questi materiali, una ordinata catalogazione, l’autore non procede soltanto a una ricostruzione del quadro storico, teorico e geografico entro cui poter collocare il film photonovel, ma riesce anche a situarne le peculiarità formali e contenutistiche in un contesto culturale vivo e dialogante. La fortuna del cineromanzo non è caratterizzata da una lunga durata; in Italia, pochi anni dopo il suo picco di diffusione, non tarderà a dissolversi sotto l’avanzata, negli anni Sessanta, dell’epoca d’oro del cinema d’autore. Tuttavia, un aspetto come la centralità della star, così come i processi di rimediazione cui dà luogo il film photonovel, aggiungono tessere significative al mosaico della storia culturale e degli intrecci verbo-visivi posti al confine tra letteratura e cinema. Non sarà un caso se tra le immagini riprodotte in copertina, ovvero in corrispondenza della porta di accesso al volume, campeggi la fotografia che riprende Sofia Loren a figura intera e in verticale, intenta a ballare il mambo in un frammento del cineromanzo tratto da Pane, amore e… (Ciné Sélection, settembre 1962). Si tratta di un’immagine eccentrica, se posta a confronto con la tendenza a riprodurre sulla pagina diverse variazioni di una medesima posa, ma allo stesso tempo efficacemente rappresentativa di un immaginario che si è concretizzato in determinati supporti cartacei, in circuiti editoriali, tirature e prezzi di vendita, nutrendosi di narrazioni e di espressione visuale.