Per Vasco Pratolini

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(Convegno Internazionale di Studi, Firenze, 16-19 ottobre 2013)

«I morti che ci hanno fatto del bene si ricompensano guardando in faccia i vivi». Ha la forza proverbiale di un aforisma questo passaggio tratto dal romanzo Metello, ed è un po’ in questo modo, con lo sguardo fisso sul presente, che la città di Firenze ha tributato il proprio omaggio al suo autore, Vasco Pratolini, per i cento anni dalla sua nascita. I tre giorni del Convegno Internazionale di Studi, organizzato dal Dipartimento di Lingue, Letterature e Studi Interculturali dell’Università fiorentina (17-19 ottobre), appaiono in effetti come una sorta di rinnovata presa di coscienza da parte della comunità scientifica della centralità di uno scrittore troppo spesso e troppo a lungo trascurato. I lavori, alla presenza della figlia Aurelia, sono stati aperti nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio con i saluti delle autorità, tra le quali spiccava la presenza del Sindaco di Firenze Matteo Renzi, a dimostrazione della rilevanza dell’evento anche per le istituzioni cittadine.

La prima giornata ha proposto tre relazioni di ampio respiro pronunciate da Vittorio Spinazzola, François Livi e Giulio Ferroni. Con esse si sono ricapitolate e discusse le coordinate teoriche e poetiche del Pratolini narratore, da Il tappeto verde (1942) fino alle Cronache di poveri amanti (1947), e si sono perciò affrontati gli aspetti fondamentali di una prosa in costante equilibrio tra necessità d’emancipazione sociale e intenti realistico-comunicativi: se Spinazzola ha mostrato come i meccanismi delle Cronache poggino su un rapporto dialettico tra il pathos politico e il momento privato, tra un effetto di realtà proprio del genere della cronaca e quelli di ordine narratologico da mettere in relazione al cinema e alla radiocronaca, è stato Giulio Ferroni ad approfondire la specificità del genere cronachistico e del suo rapporto con la storia. Livi, dal canto suo, ha messo in luce i rapporti tra autore finzionale e autore reale, anche rifacendosi alle teorie lejeuniane di autofiction.

Nella seconda giornata, molto densa, si sono avvicendate sei relazioni e nove comunicazioni. Con le prime sono stati affrontati e approfonditi numerosi aspetti dell’attività letteraria pratoliniana, dai ‘paratesti confessionali’ del genere intervista (Nozzoli), al retroterra culturale e politico dello scrittore, quale emerge specialmente dalle pagine del Metello (Benussi); dalla ‘vecchia nuova’ scrittura del Diario Sentimentale (Bacchereti), alle più complesse strutture di Allegoria e derisione (Biondi) sino allo ‘stile tardo’ del Mannello di Natascia (Verbaro). Francesco Paolo Memmo ha poi parlato dei racconti dispersi, che avrebbero dovuto costituire il materiale per il terzo e conclusivo volume dei Meridiani sull’opera di Pratolini, ad oggi non ancora realizzato. Le comunicazioni hanno preso in considerazione alcune questioni specifiche della prosa e dello stile dello scrittore, dalle fasi realizzative de Lo scialo, sino ad aspetti di onomastica pratoliniana, oltre che di storia editoriale, ben evidenziata, quest’ultima, dalle lettere dello scrittore agli editori Vallecchi, Mondadori e Bompiani.

La terza e conclusiva giornata è stata dedicata integralmente al rapporto tra Vasco Pratolini e le arti, e in particolare il cinema, la pittura e il teatro. Le diverse collaborazioni con importanti registi come Lizzani e Rossellini, ma anche la diretta realizzazione di trattamenti cinematografici – come emerso dalla relazione di Maria Carla Papini sul dattiloscritto de L’ammuina, steso appunto come soggetto del film le Quattro giornate di Napoli di Nanni Loy – mostrano l’eterogeneo interesse di Pratolini per la settima arte. Un interesse ben ripercorso dalle relazioni di Claudio Carabba e Andrea Vannini che hanno preso in considerazione i film più importanti tratti dall’opera letteraria dello scrittore (Metello di Bolognini, Cronache di poveri amanti di Lizzani, Le ragazze di San Frediano di Zurlini, Un eroe del nostro tempo e Diario di un italiano di Capogna). Come ha sostenuto Davide Luglio, il rapporto tra figuratività letteraria e arte cinematografica appare un aspetto centrale dell’opera pratoliniana, sebbene tra le due modalità di rappresentazione intervengano significative differenze, individuabili in particolare nel diverso trattamento dell’immagine. Laddove, infatti, la visione del cinema blocca, definendole, le potenzialità immaginative, la letteratura le schiude, al contrario, a ogni possibilità figurativa. Le comunicazioni si sono concentrate sia su specifiche collaborazioni di Pratolini con registi come Capogna e Lizzani, sia sulla poco nota attività teatrale pratoliniana, sia, infine, sull’interesse di Pratolini per la pittura, con una ricostruzione dei rapporti tra l’autore e alcuni artisti come Rosai, Grazzini, Becchi e Caponi, e con la notizia di un documentario mai realizzato su Firenze e i suoi pittori.