“Sculture d'aria”: report di una giornata di studi a Padova

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La giornata di studi padovana (19 ottobre 2014) ha offerto un interessante confronto interdisciplinare tra studiosi, studenti e pubblico sulla poliedrica produzione del coreografo giapponese Saburo Teshigawara per il quale la danza è una forma artistica in grado di travalicare i propri confini linguistici e misurarsi con altri codici espressivi. Ad accendere e a stimolare il dibattito ha contribuito senza dubbio la presenza dell'artista che, dopo aver presentato la sera precedente al Teatro Comunale di Ferrara la sua ultima creazione Landscape, ha esposto, insieme alla sua danzatrice Rihoko Sato, le idee alla base della sua poetica.

Nella prima parte della giornata sono stati proiettati alcuni materiali audiovisivi, quali A boy inside the boy, Danser l'invisible e Broken Lights, che documentano l’attività professionale dell'artista, capace di spaziare tra pittura, movimento, video e installazione. Ogni video è stato presentato dai dottorandi della Scuola di dottorato in Storia, critica e conservazione dei beni culturali di Padova (Laura Pellicelli, Margherita Pirotto e Francesco Verona), che da prospettive disciplinari differenti – arte, danza e cinema – hanno offerto alcune chiavi di lettura al pubblico presente in sala. Il mediometraggio A boy inside the boy prende le mosse da uno spunto autobiografico, un ‘rito’ che Saburo Teshigawara compiva da bambino la sera mentre aspettava che la madre preparasse la cena: con una rotella segnava la terra attraverso un gesto minimale e ripetitivo, fintanto che la terra stessa, secondo i suoi occhi, diventava ‘luminescente’. Il video si basa su memorie d'infanzia e trasfigura fatti reali in elementi onirici. Tale processo diventa la cifra espressiva dell'intero film: dalla scelta delle immagini alla loro concatenazione nel montaggio. Il documentario Danser l'invisible di Elisabeth Coronel registra le fasi di creazione di Kazahana e di Prelude for down, e propone alcuni estratti d'intervista a Teshigawara. Il lungometraggio, girato tra Francia e Giappone, offre frammenti della vita professionale dell'artista, quali il lavoro coreografico in sala prove con danzatori, professionisti e non, momenti dell'evento spettacolare sul palcoscenico, riflessioni del coreografo sulla genesi e sull'evoluzione del suo modo d'intendere la danza e ricordi di momenti cruciali della sua vita che lo hanno influenzato nella ricerca artistica. Infine, sono stati mostrati alcuni frammenti di Broken Lights, una performance-installazione presentata alla Ruhrtriennale del 2014, nella quale Saburo Teshigawara e Rihoko Sato danzano su una superficie frastagliata di vetri che ricopre quasi interamente il pavimento e le pareti dello spazio performativo e in cui le luci sono posizionate lungo tutto il perimetro della lastra. L’effetto visivo predominante è quello di una frantumazione della luce stessa, poiché riverberando sul vetro e sui corpi degli stessi danzatori essa produce una visione segmentata del setting e delle figure che vi si muovono. Ciò che vediamo è un’interazione tra il materiale, i corpi, lo spazio e la luce.

La mattinata si è conclusa con l’intervento della musicologa Leonella Caprioli che invece ha proposto un appassionante intervento sulla regia del teatro d’opera di Teshigawara, durante il quale sono state proiettate sequenze tratte da Turandot (Tokio, 1999), Dido and Aeneas (Venezia, 2010) e Acis et Galatea (Aix-en-Provence, 2011).

Nel pomeriggio Enrico Pitozzi (Università di Bologna), dopo aver offerto un quadro storico-critico sull'attività del coreografo giapponese, ha incentrato la conversazione sulla modalità di composizione coreografica, sui principi che determinano il linguaggio motorio e sul rapporto con il colore. Gli interventi dell'artista e di Rihoko Sato, inframezzati da proiezioni video delle coreografie Miroku, Kazahana e Noiject, hanno offerto alcune chiavi di lettura indispensabili ad una maggiore comprensione della poetica.

Teshigawara individua nell’atto di respirare il punto di partenza per generare il movimento. L'aria, invisibile ma sempre percepibile, oltre a essere nella respirazione l'elemento vitale in cui è immersa la macchina anatomica e il fattore primario dell'esistenza, diviene il nucleo della relazione del corpo con lo spazio. Un aspetto importante del linguaggio cinetico del coreografo è costituito dal continuo spostamento del peso del corpo sui piedi, che determina situazioni di equilibrio precario. Gli arti inferiori sono da lui intesi come fattori anatomici primari per l'evoluzione delle dinamiche motorie.

Nel corso della conversazione sono affiorate altre specificità del lavoro di Teshigawara, in particolare il rapporto tra i danzatori e i materiali di cui sono composti gli spazi scenici. In Noiject, coreografia del 1994, i noise objects – letteralmente gli “oggetti rumorosi” di ferro comprendenti il pavimento, le pareti e il cappotto di filo di metallo indossato dal danzatore – sono dispositivi utilizzati per generare situazioni cinetiche. Lo spazio metallico risuona grazie all’ausilio di microfoni posti sotto le scarpe dei ballerini. L’interesse dell’artista sta nel mostrare al pubblico la relazione dei corpi con la materia e i suoni e come questi influenzino il movimento. Non solo: le sostanze sono indagate dal punto di vista della loro metamorfosi, tema ricorrente della poetica di Teshigawara. Egli dichiara di non valutare il ferro secondo le sue qualità di rigidità e di durezza, ma di considerare il processo grazie al quale esso si forma: la trasformazione di composti estratti dalla terra e lavorati dall'uomo e soggetti a decomposizione. Sul palco è proposto il meccanismo in cui gli elementi, attraverso l’uso, si deteriorano e si usurano, spettacolo dopo spettacolo.

Un processo simile è messo in atto in Glass Tooth, un'opera in cui il palcoscenico è ricoperto di vetri rotti che, a ogni replica, non vengono sostituiti, come avviene in Broken Lights. Rihoko Sato ci informa sul modo in cui li percepisce mentre vi danza sopra durante le diverse performances: materiali ‘soffici’ che offrono una sensazione simile al contatto con l'acqua. La danza è improvvisata ed è attivata dalla sensazione ricevuta dall'elemento esterno. Secondo la danzatrice, ciò che importa a Teshigawara è la percezione che il corpo ha dell'ambiente circostante.

L'artista ha parlato, anche, dell'ideazione di particolari condizioni ‘atmosferiche’ sul palcoscenico per suscitare gli impulsi motori. Un esempio è Miroku, coreografia incentrata sul rapporto di luce e colore. L'intenzione dell'artista non è solo quella di costruire un impianto di grande effetto visivo per lo spettatore, ma soprattutto di porre sé stesso in una situazione in cui le diverse gradazioni di toni e d'intensità luminosa stimolino in lui diverse qualità di motion.

La fase conclusiva dell'incontro con Teshigawara si è animata di ulteriori domande all'artista poste dagli studiosi presenti in sala e dal pubblico. Cristina Grazioli ha coordinato il dibattito offrendo suggestioni ricche di rimandi ai motivi della luce e dell'ombra e alle sostanze predilette dall'artista, quali la polvere, il fumo, il vetro e lo specchio, attraverso cui i corpi e le immagini transitano e mutano. Il coreografo ha salutato gli spettatori con queste parole: «la danza è come un vapore che sgorga».