Silvia Antosa, Mirko Lino (a cura di), Sex(t)ualities. Morfologie del corpo tra visioni e narrazioni

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‘Cucire’ insieme saggi di critica letteraria, cinematografica, teatrale, sociale imperniati attorno a un campo tematico condiviso può essere relativamente semplice. Ben altra complessità presenta l’operazione quando è caratterizzata da un processo che, mutuando il termine dalla geologia, si potrebbe definire diagenetico, ovvero che prevede continui, a volte anche impercettibili, mutamenti della sedimentazione teorica e tematica su cui essa si basa. Le questioni inerenti la sessualità, intesa come insieme di «relazioni tra società, corpo e sesso» (p. 8), non sono infatti teoricamente fissabili in quanto costituiscono un oggetto ermeneutico strettamente connesso alla pratica sociale e dunque sfuggente a ogni definizione, secondo la lezione di Foucault e della sua fondamentale storia della sessualità a cui, non a caso, variamente ricorrono gli autori dei saggi che compongono il volume Sex(t)ualities.

Questa inafferrabilità del tema, presente già dal saggio di apertura di Carla Locatelli che definisce la sessualità come «un sistema semiotico di senso» (p. 26), è il fil rouge della costellazione di letture critiche di testi intermediali presenti nei contributi del volume, il quale rientra a buon titolo all’interno della collana di Mimesis Media/Eros. Sessualità, tecnologie, rappresentazioni. La miscellanea ha il merito di declinare il discorso sulla sessualità analizzando i dispositivi narrativi differenti sottesi a testi letterari (Giulio Iacoli), cinematografici (Giovanna Maina, Enrico Biasin, Mirko Lino, Luca Zenobi, Federica Timeto), teatrali (Zenobi), televisivi (Timeto), diversi ma accomunati da un processo di testualizzazione del sesso che lo permea e inevitabilmente modifica l’immaginario della corporeità, assecondandone il carattere intrinseco di fluidità. Attraversa inoltre i saggi la volontà di contribuire alla costruzione di un discorso sul corpo in grado di mettere a fuoco non soltanto l’interazione col sistema di potere e di produzione economica ma, a partire da questa, le possibilità di ampliamento culturale e di superamento della teoria del genere e di una visione patriarcale, binaria e omofoba del sesso.

Procedono in questa direzione le riflessioni sulle pornografie alternative di carattere femminista (all’interno del più composito alt porn) ricostruite da Maina non soltanto sul piano delle forme espressive, ma anche nella loro relazione con l’industria pornografica (che si pone in maniera sagace in un rapporto di sfruttamento del mercato di nicchia) e con l’atteggiamento socio-culturale su cui si fondano le comunità identitarie. Ciò che comunque viene messo in rilievo è la capacità di tale produzione pornografica di «disarticola[re] pratiche, simboli e repertori visivi dell’eterosessualità» (p. 97) mostrandone la costruzione artificiosa a partire dall’idea della naturalezza dei generi e degli orientamenti sessuali. Parimenti, analizzando il codice narrativo delle produzioni ‘gonzo’ e con un affondo nelle posizioni del femminismo antipornografia, Biasin rimette al centro la capacità della produzione pornografica di «elabora[re] le possibilità del sesso», per dirlo con le parole di Sigel (Governing Pleasures, Rutgers University Press, 2002, p. 117), contribuendo sia sul piano formale che sul piano dell’elaborazione dei contenuti alla legittimazione di pratiche di insubordinazione nei confronti della visione eterosessuale e binaria del sesso.

Nell’orizzonte di uno smascheramento del sistema di potere maschilista che impregna immaginario e pratiche discorsive della sessualità, Lino analizza il desiderio necrofilo nei film horror in rapporto a un’idea di affermazione di mascolinità che tende a marcare la diseguaglianza dei generi. Nella stessa direzione si muovono sia la rilettura in chiave queer delle prime opere di Pier Vittorio Tondelli condotta da Iacoli a partire dalla cifra stilistica dell’autoironia e del mascheramento dell’io narrante propria dello scrittore emiliano, che l’incorporazione femminile delle intelligenze artificiali di alcune produzioni televisive e cinematografiche che Timeto analizza in rapporto alle relazioni e ai binarismi di genere; così come, per concludere, hanno un ruolo di denuncia delle strutture del potere l’immaginario e le pratiche BDSM, ricostruite su un piano storico e sociale da Zenobi partendo dalla condanna giudiziaria di una mistress e attraverso la nascita di un’industria di oggetti e vestiti, la creazione di Wonder Woman, la serie cinematografica che ha per protagonista Olga fino alla performance House/Lights realizzata dal Wooster Group.

Dal polimorfismo delle pratiche e dei contenuti propri di tutti i testi presi in esame emerge dunque un ampliarsi dei significati veicolati dal concetto di sessualità in quanto costituita da plurimi desideri e identità, e il cui uso del singolare per designare il termine andrebbe modificato in plurale, come ci ricorda in apertura Locatelli. Senza dimenticare il pregio che hanno tutti i saggi nel rilevare la necessità sottolineata dai curatori del volume di leggere le «molteplici forme di rappresentazione e ‘testualizzazione’ delle sessualità in relazione all’episteme contemporanea e a snodi discorsivi quali l’identità, la corporeità, il discorso, il potere, il desiderio» (p. 15).