1.1. Pinocchio e il corpo meccanico: trasposizioni visive tra Jean-Jacques Grandville e Alfred Jarry

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 Creatura moderna per eccellenza, Pinocchio vede la luce nel secolo del burattino, della marionetta, del corpo meccanico. Dal mostro del dottor Frankenstein, assemblaggio meccanico e industriale, protagonista del romanzo di Mary Shelley (1818), a Olympia, bambola automatica del Sandmann (1816) di E.T.A. Hoffmann, il secolo Diciannovesimo consegna il treno e la locomotiva, le mastodontiche macchine tessili della prima rivoluzione industriale e l’industria elettro-meccanica alla guardinga ma speranzosa penna di poeti e illustratori.

Tra le nostalgie pastorali e il trascinante tempo di una modernità tanto incipiente quanto sinistra, in Italia numerosi poeti, scrittori e intellettuali, tra i quali Carducci, D’Annunzio, Marinetti e lo stesso Collodi, si uniscono al coro dei circospetti sostenitori del progresso tecnologico e meccanico, spesso contemplato attraverso lenti retoriche e neoclassiche. La riflessione marxista sulle modalità del lavoro nell’economia capitalista e la meccanizzazione del corpo operaio, tra entusiasmo per la macchina simbiotica e preoccupazione per gli effetti della ripetizione automatica sul corpo umano, che solleciterà qualche decennio successivo le pertinenti riflessioni di Antonio Gramsci, rimane tuttora velata.

Il corpo meccanico che agita e sconquassa l’Ottocento industriale europeo trova espressione eloquente nelle arti visive non meno che in letteratura. Nelle trasposizioni visive, il legnoso e angolare burattino collodiano si colloca all’interno di un’estesa genealogia di automi e creature robotiche che celebrano o demonizzano gli albori della prima civiltà industriale.

L’illustratore francese Jean Ignace Isidore Gérard Grandville (1803-1847), noto come J.J. Grandville, fu un rinomato caricaturista dal talento originale, capace di traslare espressioni ed emozioni umane su visi e corpi animali. La maniera di Grandville si diffonde grazie alla pubblicazione, per i tipi di Hetzel, di Scènes de la vie privée et publique des animaux (1840-1842), satira sociale e ritratto caricaturale di personalità della vita pubblica dell’epoca che richiama l’opera di Balzac. Non abbiamo testimonianza che Grandville abbia illustrato il capolavoro collodiano; tuttavia, Enrico Mazzanti, primo ed efficace illustratore delle Avventure di Pinocchio, conosceva bene le caricature antropomorfe di animali di gusto grandvilliano e ne fece largo uso nelle sue illustrazioni per il capolavoro collodiano [figg. 1-2].

Nel ponderoso saggio Carlo Collodi and the Rhythmical Body, Jean Perrot ipotizza che Collodi avesse una conoscenza approfondita delle caricature francesi, compulsate presso la libreria Piatti a Firenze, centro culturale anticlericale per il quale Collodi scriveva recensioni nei primi anni del 1840 (Perrot, 2012, pp. 20-24). Avido lettore e traduttore dal francese, a Collodi era probabilmente familiare il romanzo di George Sand (Amantine Lucile Aurore Dupin, 1804-1876) dal titolo Histoire du véritable Gribouille (1850), illustrato dal figlio dell’autrice, Maurice, sul calco dei precetti estetici di Grandville. Tale competenza suggerisce a Perrot una figliazione sandiana del Pinocchio collodiano, e l’illustrazione che, nel romanzo di Sand, enfatizza l’ibrida natura arborea, meccanica e burattinesca del protagonista, parrebbe attestare tale prestito [fig. 3].

A ridosso del Ventesimo secolo, il mondo del fanciullo acquista poi interesse presso le avanguardie storiche, come antidoto contro la reazionaria e conservatrice società borghese. La marionetta di Père Ubu confezionata da Alfred Jarry (1873-1907) appartiene al regno della caricatura di derivazione grandvilliana, ma con moderne ramificazioni nel macabro e nel grottesco che ne garantirono particolare fortuna in ambito simbolista, dadaista e surrealista. Modellata in origine sull’inefficace preside del liceo di Rennes Monsieur Hébert, l’anatomia della cruda marionetta di Ubu enfatizza la testa, il ventre e, come per Pinocchio, il naso [fig. 4]. La semiosi del naso è di particolare interesse, trattandosi non di un becco ma piuttosto della mandibola superiore di un coccodrillo, fossile o vestigio dell’antenato rettile o sauro dell’uomo. Jarry ne fa una resa perfetta della tirannia feroce e assolutista di Père Ubu. Portato sul palcoscenico per la prima volta nel 1888, Ubu mostra una continuità non soltanto cronologica ma soprattutto visiva e mitica con Pinocchio, pur nelle reciproche specificità (Fell, 2012).

Riprendendo l’estetica di un corpo meccanico in cui permangono le tracce di una natura ibrida, senziente e inanimata, al termine di almeno due rivoluzioni industriali e agli albori di una terza, immateriale era digitale, l’immagine di Pinocchio, figura antropomorfa artificiale di mitica memoria, si trasforma in prototipo di una nuova umanità di ‘simbionti’ (Longo, 2003), dotata di protesi tecnologiche e ibridata con la tecnologia: una umanità virtuale, ai confini tra il naturale e l’artificiale, la vita e la morte. Come suggerisce Massimo Riva, Pinocchio è un ambivalente neurospaston: manufatto di pezzi meccanici ed essere virtuale, soprannaturale, un ai (intelligenza artificiale), come il protagonista dell’omonimo film di Steven Spielberg [fig. 5]. Prefigurando il tecno-umanismo contemporaneo, Pinocchio è una figura liminale dove si incontrano e scontrano le modalità artistiche e scientifiche del nostro pensiero e le nostre fantasie di trascendenza, redenzione e palingenesi, una riproduzione attraverso mezzi tecnologici tesa a ri-codificare completamente il nostro bagaglio culturale e biologico. Come spiega appunto Riva, «Pinocchio is perhaps a foretelling and foreboding apologue of our own foreseeable destiny» (Riva, 2012, p. 212).

 

Bibliografia

Questo intervento riprende alcune riflessioni pubblicate nel volume K. Pizzi (a cura di), Pinocchio, Puppets and Modernity: The Mechanical Body, New York-Londra, Routledge, 2012; si è fatto riferimento, in particolare, ai seguenti saggi:

J. Perrot, ‘Carlo Collodi and the Rhythmical Body. Between Giuseppe Mazzini and George Sand’, ivi, pp. 17-47;

J. Fell, ‘Puppets on a String. The Unnatural History of Human Reproduction’, ivi, pp. 49-61;

M. Riva, ‘Beyond the Mechanical Body. Digital Pinocchio’, ivi, pp. 201-214.

Sul concetto di simbionte si veda G. O. Longo, Il simbionte. Prove di umanità future, Milano, Meltemi, 2003.