1.12. Sotto il segno del cinema: le scritture dell’astrologa Lisa Morpurgo

di

     

 

1. Donne che traducono

Ho davvero modificato, con omissioni, la parte relativa a Norman Lana e ai suoi rapporti con Brett Pearl. Lo stupore di Jessica all’idea che tra due conviventi, di cui uno dichiaratamente gay, potesse nascere una relazione omossessuale mi è sembrata ingenua e ridicola. Tanto più in quanto Jessica si presenta come una scrittrice cosmopolita di idee aperte e non come una puritana bigotta del Maine.

 

Siamo nei primi anni Novanta e a scrivere alcuni appunti riguardanti la traduzione della serie di novellizzazioni La signora in giallo (romanzi basati sulla serie televisiva di Peter S. Fischer, Richard Levinson e William Link) è Lisa Morpurgo. Le parole di questa professionista dell’ambito editoriale possono tuttavia considerarsi rappresentative delle operazioni di moltissime altre figure femminili che intraprendono l’attività traduttoria: un impiego che, ‘consentito’ alle donne in quanto esercitabile anche da casa e, soprattutto, ritenuto di secondaria importanza rispetto alle scritture degli autori, permette loro di uscire dalla propria sfera privata e di esprimersi pubblicamente tra le righe. In quanto alla ‘femminilizzazione’ del lavoro di traduzione in Italia non vi sono attualmente dati sistematici, essendo le indagini dedicate all’argomento proliferate nell’ambito degli studi sull’editoria soltanto di recente, in particolare sulla scia dei Traslation Studies (si veda per esempio Venuti 2005, Cunico e Munday 2007), e focalizzandosi i contributi prevalentemente sulle mediatrici culturali più rinomate (Finocchi e Marchetti 1997, Brigatti et al 2018).

Un termine a quo dell’ipotetico processo di regendering che investe il settore nel Paese e che giunge fino a oggi è stato ciononostante pressoché stabilito. Già tra il XIX e il XX secolo numerose intellettuali italiane intraprendono invero la professione di traduttrici, ma è verosimilmente negli anni Trenta che le donne conseguono, all’interno di un ramo decisamente nascosto della nascente industria editoriale, «uno spazio» più «squisitamente femminile»:

Le esperte in lingue straniere trovarono […] un mercato del lavoro in espansione poiché la produzione interna, soprattutto di letteratura di consumo, non era sufficiente a soddisfare la domanda dei lettori e gli editori dovettero affidarsi alla traduzione di romanzi stranieri. La letteratura d’importazione comportava […] l’ulteriore vantaggio di poter contare su opere di collaudato successo nei paesi d’origine i cui diritti avevano un costo inferiore rispetto a quanto veniva solitamente corrisposto agli autori italiani (Ferrando 2020, p. 211).

 

Da uno studio del catalogo della Salani Anna Ferrando nota, per esempio, che su 77 opere straniere tradotte tra il 1922 e il 1945, 54 sono firmate da traduttrici. Significativo, poi, è il fatto che la consulente in materia dell’Agenzia Letteraria Internazionale (azienda italiana fondata nel 1898 da Augusto Foà nonché leader nell’acquisto di diritti di traduzione di opere straniere) sia una donna, Alessandra Scalero. Nello stesso carnet di libri selezionati dall’agenzia tra il 1930 e il 1945 figurano, inoltre, numerose traduttrici. Si tratta, in generale, di nomi quasi totalmente sconosciuti in ambito speculativo, ma dagli studi disponibili emerge comunque un ‘modello di donna’ che negli anni Quaranta risulta maggiormente delineato. Le donne che traducono sono infatti, secondo Silvia Morganti, di norma «dotate di ottime competenze linguistiche e notevoli conoscenze delle letterature straniere», gestiscono una client list composta da autori di fama mondiale e intrattengono «contatti con il sistema letterario dal di dentro» (Morganti 1996, p. 22), potendosi quindi potenzialmente avvalere di una via d’accesso privilegiata al mondo culturale. La traduzione, in aggiunta, costituisce «soltanto una parte, anche se centrale, del lavoro svolto» (Ivi, p. 23) e si profila, soprattutto, come occasione per una, seppur marginale, affermazione intellettuale. Come dimostrato infatti da Sherry Simon «le donne» si misurano con la traduzione in quanto «forma ammissibile di espressione pubblica» (Simon 1996, p. 2), un’attività che funge inoltre come una sorta di apprendistato per ulteriori scritture.

Stando ai rilievi appena riportati e pensando a quanto appurato per esempio da Lucia Cardone in merito alla sorprendente vitalità intermediale di alcune figure femminili che concorrono, dagli anni Trenta, all’affermazione dell’industria culturale italiana impegnandosi talvolta nell’attività traduttoria, si può pensare che l’istituzione di un ampio network relazionale e la buona versatilità in quanto a «esercizi di scrittura» (Bertilotti e Casalena 2007, p. 5) portino anche le traduttrici ‘di professione’ a confrontarsi con commissioni provenienti da diversi media, nonché nello specifico dall’ambito cinematografico: un campo che richiede alla mano femminile un differente lavorio di «rielaborazione» e «appropriazione» di «immagini, strutture, topoi, cliché» (Ivi, p. 10).

Per seguire questa possibile traiettoria si è scelto dunque di concentrarsi su uno dei casi isolati più insoliti, ossia di investigare le «segretissime operazioni» (per citare le parole della stessa traduttrice) di Lisa Morpurgo: donna attiva nel contesto della mediazione culturale a partire dagli anni Quaranta.

 

2. Segretissime operazioni’ di Lisa Morpurgo

Elisa Dordoni nasce il 19 maggio 1923 a Soncino: un piccolo comune in provincia di Cremona. Il padre, Gino Dordoni, e la madre, Giannina Vezzoli, godono di un discreto benessere economico e la Dordoni ha quindi la possibilità di iscriversi a lettere presso l’Università Statale di Milano, dove si laurea nel 1944 discutendo una tesi su Maurice Barrés. Successivamente inizia a lavorare alla casa editrice Longanesi, per la quale si occupa di tradurre testi dall’inglese e dal francese, divenendo in seguito responsabile dell’Ufficio Diritti Esteri. Come si evince dalle carte conservate nel suo archivio, l’elevata competenza letteraria permette a Morpurgo (cognome del marito assunto dalla traduttrice dopo il matrimonio) di svolgere meticolosamente la propria occupazione e soprattutto di farsi parte attiva nei processi di mediazione, sia per quanto concerne l’attività di scouting normalmente richiesta a queste figure [fig. 1] che sul lavorio del testo.

La nascita dell’interesse per l’astrologia si deve di conseguenza proprio a una commissione della Longanesi. Il contributo di François-Régis Bastid, Lo Zodiaco – Segreti e sortilegi risveglia infatti in Morpurgo una certa curiosità per la materia, dando il via a una serie di studi che porteranno la traduttrice a conseguire i precetti della cosiddetta ‘astrologia morpurghiana’, nella quale le fonti tradizionali vengono revisionate sulla base di procedimenti logici. Oltre che considerare lo Zodiaco nei termini di ‘codice’ (da decifrare tramite la numerazione, la successione e la direzione dei pianeti nonché attraverso un metodo talora ‘dialettico’), Morpurgo, per esempio, introduce idee circa la centralità della Luna, corpo celeste femminile a cui l’astrologa riconosce rilevanza pari al Sole, emblema del maschile. Su consiglio di intellettuali conosciuti nell’ambito della casa editrice, del calibro di Eugenio Montale, Gabriel García Marquez, Dino Buzzati e Guido Piovene, la neo-astrologa pubblica dunque nel 1972 il suo primo trattato, Introduzione all’astrologia e decifrazione dello zodiaco [fig. 2], a cui seguiranno nel 1979 Il convitato di pietra e, tra il 1983 e il 1992 i quattro volumi Lezioni di Astrologia.

Risale invece ad alcuni anni prima l’uscita dell’opera di narrativa Madame andata e ritorno [fig. 3] edita dalla stessa Longanesi (1967), mentre il romanzo fantascientifico-astrologico Macbarath (1975) e La noia di Priapo (1988) verranno pubblicati a partire dalla metà degli anni Settanta. Oltre alla sue collaborazioni stabili con le riviste «Astra» (dove si occupa prevalentemente di previsioni finanziarie), «Sirio» (giornale per cui curerà dal 1983 al 1997 la rubrica dedicata alle corrispondenze dei lettori), «Vogue» e «Bazar» (riviste che dagli anni Novanta pubblicano recensioni critiche di libri ad opera della scrittrice-astrologa) e all’incessante attività convegnistica [fig. 4], l’archivio personale di Morpurgo testimonia un’instancabile operosità su ulteriori fronti mediali, essendo riscontrabili al suo interno appunti per interventi radiofonici, per la stesura di romanzi [fig. 5] e persino critiche televisive. Tra le variegate operazioni di Lisa Morpurgo vi sono, infine, perlomeno tre episodi di partecipazione a progetti cinematografici: lavori di scrittura realizzati, come si vedrà, «in silenzio», tra corpi celesti, mondo del cinema e industria editoriale.

 

3. Dimostrazioni astrologiche

Come premesso sono almeno tre le commissioni svolte da Morpurgo in ambito cinematografico tra gli anni Sessanta e Settanta. Nel 1962 viene pubblicato, in primo luogo, il volume Non uccidere [fig. 6], libro per cui l’astrologa-scrittrice cura la traduzione e riduzione della sceneggiatura del film Tu ne tueras point di Claude Autant-Lara (1961), ossia di una pellicola che, ritenuta antimilitarista, non viene fatta circolare nel Paese. La traduttrice collabora inoltre alla stesura delle sceneggiature di due film diretti da Eriprando Visconti: La orca (1976) e Una spirale di nebbia (1977). Vale quindi la pena di focalizzarsi proprio su quest’ultimo lavoro: un’attività di scrittura che fornisce alcuni elementi utili a comprendere l’esperienza complessiva di Morpurgo nel settore. Nonostante la «transitorietà» (Gieri 2014) dell’incarico e la condizione di co-author la traduttrice, trattandosi di un adattamento e data verosimilmente una certa affinità con processi affini (sull’argomento si vedano Dusi 2003; Zecca 2013), dimostra in particolare di saper condurre le tematiche chiamate in causa vicino alla propria sensibilità e di poter proporre un discorso inedito a partire da parole e contenuti preesistenti. Il romanzo omonimo di Michele Prisco (1966) su cui si basa la pellicola, centrato sull’ambiguo omicidio di Valeria Sangermano per mano del marito Fabrizio e inteso, più in generale, a proporre una riflessione sul «groviglio sentimentale» di ulteriori drammi coniugali che s’innescano a partire dall’accaduto in un clima di generale «disfacimento morale e di compromessi sociali» (Giannantonio 1977, pp. 87-90), acquisisce infatti in alcuni passi della sceneggiatura venature sostanzialmente differenti. Si veda per esempio la descrizione dell’amplesso tra Fabrizio e Valeria:

 

il viso di lei è luminoso, ma non del tutto abbandonato al piacere. Negli occhi socchiusi, e sulla bocca quasi si disegna un sorriso, sembra affiorare una felicità mentale oltre che sessuale. La felicità di un trionfo. L’espressione di Fabrizio, invece, è quasi drammatica. Egli cede all’orgasmo abbandonandosi a Valeria come se ne venisse via via divorato e sconfitto. Posseduto e non possessore (Lucignani et al., 1977).

 

Si assiste qui a un leggero cambio di rotta facilmente imputabile all’influsso morpurghiano, poiché l’aggressività di Valeria – ossia una delle cause della crisi matrimoniale «protagonista del romanzo» (Giannantonio 1977, p. 89) – viene mostrata in una chiave astrologica, e cioè ricondotta ad abissali radici ma di matrice zodiacale. In occasione del terzo convegno indetto dal mensile «Astra» nel 1979 Morpurgo dedica un contributo proprio a questo argomento: coinvolgendo il nucleo della femminilità, ossia «la Luna» e «i due simboli sessuali femminili, Venere e X», «la vera aggressività femminile» si manifesta, secondo l’astrologa, in quanto «possessiva e divorante anziché violentatrice», ed è quindi identificabile «nell’atteggiamento di tante madri che non vorrebbero mai lasciare sfuggire i figli dal loro abbraccio fisico, morale e materiale» così come «nell’atteggiamento di tante mogli e amanti che pretendono la presenza continua ed esclusiva di un marito o compagno magari odiato, ma di cui non tollerano l’allontanamento» (Morpurgo 2020, p. 30). Nell’intervento in questione si susseguono conseguentemente una serie di prove empiriche atte a verificare l’ipotesi e a esemplificare, soprattutto, le varie forme di aggressività «difficilmente riconoscibili per la mentalità corrente» (Ivi, p. 29). È proprio quest’ultima asserzione, allora, oltre che l’attitudine ‘divorante’ di Valeria, a rivelare la natura dell’intervento della traduttrice-astrologa. La stesura della sceneggiatura di Una spirale di nebbia si profila sin dall’inizio come un’occasione di «revisione profonda» (Bertilotti e Casalena 2007, p. 10) da svolgersi dietro le quinte, e che consente alla scrivente di imprimere differenti sfumature ai topoi originari a fini – si potrebbe ipotizzare considerando i metodi di divulgazione morpurghiana – ‘propedeutici’: «gli antichi osservatori del cielo non chiamarono Marte un Pianeta rosseggiante perché favoriva una associazione di idee con un dio della guerra», si trattava, semmai, di un «complesso di favole istruttive necessarie per far capire a un bambino un complicato sistema di forze naturali» implicite nella simbologia dello Zodiaco (Morpurgo 2020, p. 89).

In merito a questo circoscritto e singolare rapporto tra cinema e astrologia le ricerche sono tuttavia ancora da compiersi, e ciò vale anche per molte altre orbite femminili che, perse nella traduzione e dissolte in impensabili costellazioni testuali, attendono soltanto di essere disvelate.

 

Bibliografia

T. Bertilotti, M. P. Casalena (a cura di), ‘Esercizi di stile’, Genesis, 1, 2007.

V. Brigatti, A. L. Cavazzuti, E. Marazzi, S. Sullam, Archivi editoriali. Tra storia del testo e storia del libro, Milano, Unicopli, 2018.

L. Cardone, ‘Scritture a perdere: le donne, il cinema, l’industria culturale e la dimenticanza’, Economia della cultura, 4, dicembre 2019, pp. 599-609.

S. Cunico, J. Munday (a cura di), ‘Translation and ideology: encounters and clashes’, The translator: studies in intercultural communication, 2, 2007.

N. Dusi, Il cinema come traduzione. Da un medium all’altro: letteratura, cinema, pittura, Torino, Utet, 2003.

A. Ferrando, ‘Donne oltre i confini come percorso di emancipazione durante il fascismo’, Italia contemporanea, 294, dicembre 2020, pp. 205-234.

L. Finocchi, A. Gigli Marchetti, Stampa e piccola editoria tra le due guerre, Milano, FrancoAngeli, 1997.

P. Giannantonio, Invito alla lettura di Prisco, Milano, Mursia, 1977.

M. Gieri, ‘L’altra metà del cielo. La sceneggiatura al femminile tra tradizione e innovazione’, Quaderni del CSC, 10, 2014, pp. 109-111.

L. Lucignani, F. Mauri, R. Sesboue, L. Morpurgo, E. Visconti, Una spirale di nebbia, Roma, OAF Stampa, 1977.

S. Morganti, ‘Il ruolo delle donne nell’editoria italiana del Novecento’, La Fabbrica del Libro, 2, 1996, pp. 21-24.

L. Morpurgo, Raccolta degli interventi ai congressi astrologici, 1974-1997, 2020.

S. Simon, Gender in Translation. Cultural Identity and the Politics of Transmission, London, Routledge, 1996.

L. Venuti, Gli scandali della traduzione: per un’etica della differenza, Rimini, Guaraldi, 2005.

F. Zecca, Cinema e intermedialità: modelli di traduzione, Udine, Forum, 2013.