In un contributo del 2014, Dana Renga ha rintracciato nel cinema italiano post-Duemila un incremento dei film con protagoniste giovani e giovanissime, sia nel filone del teen movie, sia nel cinema d’autore, o meglio delle autrici (come Costanza Quatriglio, Alice Rohrwacher, Susanna Nicchiarelli). Un discorso simile si applica anche alle serie televisive italiane, dove negli ultimi anni è aumentato il numero di prodotti che muovono le ragazze al centro della narrazione. L’amica geniale, best-seller letterario adattato in serie televisiva, è forse il prodotto culturale italiano che più fruttuosamente ha azzeccato la congiunzione tra girlhood, specificità nazionale e storia sociale: nonostante i romanzi – e di conseguenza i prossimi adattamenti – attraversino molti decenni e fasi della vita delle protagoniste Lenù e Lila, le prime due stagioni sono inevitabilmente centrate sull’amicizia totalizzante tra le loro versioni giovanissime [fig. 1], rendendo L’amica geniale una delle rappresentazioni più complesse della crescita e della connessione tra ragazze viste sul piccolo schermo. Tuttavia, la serie rimane un prodotto atipico: per la sua origine letteraria da un lato, e per la sua storia produttiva e distributiva dall’altro (co-produzione Rai-HBO andata in onda sui rispettivi canali), è evidentemente indirizzata a una audience transnazionale e trasversale (Bisoni e Farinacci 2020), che comprende tanto il pubblico generalista quanto quello più di nicchia attratto dalla componente autoriale, trasferita dai libri (Elena Ferrante) alla trasposizione (la regia di Saverio Costanzo con alcune incursioni di Alice Rohrwacher).
Può essere allora ancora più interessante focalizzare lo sguardo sulle narrazioni seriali rivolte esplicitamente a un pubblico giovane: ben più libere da aspettative autoriali, le serie teen stanno vivendo un momento di particolare popolarità, che ha investito anche la produzione italiana, grazie anche alla circolazione sulle piattaforme streaming, Netflix in testa, di un numero altissimo di prodotti audiovisivi per giovani e young adults. Mi soffermerò dunque su due casi seriali italiani che a mio avviso esemplificano una nuova sensibilità nei confronti del racconto delle ragazze: Baby (Netflix, 2018-2020) e SKAM Italia (TIMvision/Netflix, 2018- ). In particolare, in entrambe le serie il tema dell’amicizia tra ragazze attraversa e sostiene tutte le altre linee narrative. La prima si ispira al caso di cronaca nazionale delle ‘baby prostitute’ dei Parioli, ma guarda soprattutto alla commistione tra intrighi sentimentali e melodramma di serie come Gossip Girl ed Elite: protagoniste due adolescenti della Roma bene, Chiara e Ludovica (Benedetta Porcaroli e Alice Pagani), che per compensare la noia e il malessere alimentato da famiglie disastrate e ipocrite si ritrovano coinvolte come sex worker per l’alta borghesia. La seconda è la versione italiana del format norvegese SKAM, fenomeno di successo di innovazione produttiva, distributiva e narrativa che ha portato in primo piano la possibilità di raccontare i teenager in modo diverso e lontano dai cliché. Ogni stagione di SKAM ruota intorno a una o un protagonista, con accanto un gruppo di amici che garantisce la continuità narrativa tra le varie annate. Ci concentreremo sulla prima stagione, che in tutte le versioni ha come protagonista Eva (Ludovica Martino), la cui storia stabilisce anche le dinamiche tra i vari personaggi rispetto alla socialità scolastica.
Richiamando due macrocategorie evocate da Danielle Hipkins in relazione all’amicizia femminile tratteggiata nei film italiani dagli anni Quaranta in avanti, possiamo rilevare anche nelle serie citate due diverse tipologie di legame amicale: l’amicizia diadica, focalizzata su due persone, e quella di gruppo (Hipkins 2014).
La relazione di amicizia tra le due protagoniste di Baby può ascriversi al primo tipo: «Intanto la tua migliore amica sono io» annuncia Ludovica a Chiara nella quinta puntata della prima stagione, attribuendosi il ruolo precedentemente ricoperto da Camilla [fig. 2], che fino a quel momento con Chiara ha condiviso la rispettabilità familiare e la reputazione di ragazza giudiziosa, e che infatti si allontanerà in un poco lusinghiero arco discendente verso meschinità e atteggiamenti vendicativi. Questa battuta è esemplare delle dinamiche oppositive che determinano le relazioni tra i ragazzi e le ragazze del liceo Collodi (la fittizia scuola privata esclusiva da loro frequentata) e che costituiscono il meccanismo principale di innesco narrativo: accanto alle ragazze c’è posto per un’amica alla volta, e questo ruolo si conquista sempre alle spese di qualcun’altra. All’inizio della serie Chiara e Ludovica seguono infatti una contrapposizione dicotomica, strategia ricorrente nel racconto delle ragazze: quella tra brava e cattiva ragazza, o, come la definisce Anita Harris, tra can-do girl e at-risk girl (categorie riprese da Projansky 2014). Chiara è di buona famiglia, con ottimo rendimento scolastico e sportivo; Ludovica è avventata, emotiva, con una pessima reputazione (come la madre, divorziata e irresponsabile). Va da sé che questa opposizione è anche estetica [fig. 3], lunghi capelli biondi e viso pulito la prima, caschetto bruno ed espressione tormentata la seconda, anche se la serie subito ribalta in parte questa facciata, mettendo in mostra tanto la fragilità di Ludovica, che dietro lo stereotipo della bad girl nasconde la sofferenza dell’esclusione, quanto i segreti di Chiara, che ha una relazione con un ragazzo fidanzato. Le due ragazze sono attirate l’una verso l’altra dalla condivisione del rifiuto da parte dei compagni: entrambe vittime di slut shaming, si trovano marginalizzate, posizione che per Ludovica è la norma, mentre per Chiara, appartenente alla cerchia dell’élite scolastica, è inedita. Dagli antipodi della scala sociale del liceo le ragazze gravitano l’una verso l’altra, scandalizzando genitori e compagni con la loro amicizia. Sono dunque le circostanze esterne a innescare il loro reciproco avvicinamento, conseguenza del rigetto dal gruppo dominante dei propri pari. Nel dipanarsi di una narrazione sovraccarica che comprende abusi e manipolazioni, revenge porn e discriminazione, la rappresentazione del legame tra Chiara e Ludovica rimane parzialmente imprigionata nella natura oscura delle circostanze, oscillando tra la funzione di causa-effetto (tutte le volte che l’una fa leva sull’affetto reciproco per convincere l’altra a fare qualcosa), e quella simbolica espressa in momenti sregolati o liberatori, dalla prima corsa in macchina senza patente, allo shopping sfrenato, alla sequenza al luna park nell’ultima stagione [fig. 4].
Al contrario, SKAM mette in scena delle dinamiche di gruppo sostenute da un’attenzione particolare all’agency dei personaggi. All’inizio della serie Eva è stabilmente in coppia con Giovanni, soggetto integrato ma anche orgoglioso di un’individualità condivisa con gli amici più stretti, che lo porta a separarsi dai gruppi più ‘popolari’. Eva è introdotta senza particolari cenni a un eventuale disagio interiore: il suo cruccio è la solitudine, conseguenza di una rottura con l’amica storica Laura, le cui cause sono rivelate più avanti nella stagione [fig. 5]. Il peso che opprime Eva ha quindi una motivazione specifica (non ha amiche con cui passare del tempo) e si separa completamente dalla dimensione romantica: il percorso di costruzione del sé è dunque raffigurato come dipendente dall’intersezione di più esperienze e relazioni. Per quanto la storia sentimentale di Eva abbia un ruolo rilevante nella stagione, il percorso di formazione verso una maggiore consapevolezza di sé è sganciato dalla coppia, tanto che le due questioni corrono su binari paralleli, integrate coerentemente, ma senza confliggere. Una serie di incontri casuali fa sì che Eva trovi un gruppo di amiche, o meglio partecipi alla sua costruzione: conosce Silvia e Federica, viene avvicinata da Eleonora, si aggiunge poi Sana, e tutte e cinque si trovano accomunate dal desiderio del benessere reciproco dato dal gruppo, messo subito in pratica nei momenti difficili (ad esempio nell’episodio 1x10 del tracollo di Silvia) [fig. 6]. Anche in questo caso uno degli elementi che le unisce è l’essere escluse dal gruppo dei più popolari nel microcosmo scolastico, ma proprio nella dimensione collettiva trovano una rinnovata sicurezza che permette loro di socializzare più liberamente – in SKAM i vari gruppi di amici tendono sempre a rimescolarsi anche quando sono presentati come rivali – e persino separarsi verso propri percorsi (il periodo all’estero di Eleonora) per poi ritrovarsi. Quella di SKAM è una rappresentazione porosa e flessibile delle dinamiche di gruppo e di amicizia adolescenziale, che appare particolarmente innovativa rispetto alle opposizioni e ai conflitti più rigidi di Baby, che pur muovendosi verso una redenzione collettiva in cui la comprensione soppianta il bullismo, anche per la sua natura di fosco dramma teen tinteggiato di crime, rimane imprigionata in meccanismi più forzati. L’attenzione verso un’articolazione più malleabile e meno convenzionale delle dinamiche sociali nell’ambiente scolastico è invece una delle caratteristiche del mandato quasi didattico di SKAM: sistematicamente la serie si preoccupa di disinnescare i drammi, senza tuttavia sottovalutarli, attraverso la condivisione, il dialogo, la richiesta di aiuto ai propri pari prima ancora che agli adulti. È significativo che anche Eva sia vittima di slut-shaming, ma la depressione che ne consegue si risolve rapidamente nel confronto e nella reazione [fig. 7] (come nella scena in cui Eva affronta la fidanzata tradita sottolineando le responsabilità del traditore).
Anche se con gradi diversi di efficacia, in queste serie l’amicizia tra ragazze si configura come un dispositivo fondamentale nella rappresentazione della girlhood: tanto come forma di resistenza nei confronti delle dinamiche tossiche di compagni, love interest e figure genitoriali, quanto come fulcro della costruzione dell’identità, con la funzione multiforme di rete di sostegno, contesto di scambio, confronto e sperimentazione, e di conseguenza crescita.
Bibliografia
C. Bisoni, E. Farinacci, ‘L’amica geniale: anatomia di una comunità interpretativa transnazionale’, Cinergie. Il Cinema e le altre Arti, n. 9, vol. 18, gennaio 2020, pp. 49-58.
A. Harris, Future Girl: Young Women in the 21st century, New York, Routledge, 2004.
D. Hipkins, ‘Italian Cinema from the Perspective of Female Friendship’, in P. Bondanella (a cura di), The Italian Cinema Book, Londra, Palgrave/BFI, 2014, pp. 109-115.
S. Projansky, Spectacular Girls: Media Fascination and Celebrity Culture, New York, New York University Press, 2014.
D. Renga, ‘Italian Teen Film and the Female Auteur’ in D. Hipkins, R. Pitt (a cura di), New Visions of the Child in Italian Cinema, Oxford, Peter Lang, 2014, pp. 307-329.