Del bacio fra Lancillotto e Ginevra se ne parla nella grande compilazione intitolata Lancelot-Graal (o Vulgata), di autore anonimo e redatta tra il 1214 e il 1224. Si tratta di un macrotesto composto da cinque grandi romanzi (Estoire del Saint Graal, Merlin, Lancelot, Queste del saint Graal e Mort Artu) di cui il Lancelot contiene la storia dell’innamoramento fra Lancillotto e Ginevra. Ed è proprio qui che si narra del bacio, ed è proprio questo passo che fa del libro arturiano, allo stesso tempo, «oggetto di rappresentazione e soggetto d’azione» (Pioletti 1988, p. 101). Dante può aver letto una versione in francese, ma non è da escludere che abbia potuto leggere del bacio tra i due in italiano visto che sono stati reperiti da Daniela Delcorno Branca (1988, p. I) sedici manoscritti che traducono il testo francese, sebbene non tutti presentino l’episodio del bacio.
Che cosa può aver letto Dante? Lorenzo Renzi (2007) ricostruisce assai bene, anche sulla scorta di una bibliografia ampia sulla questione, le circostanze che danno luogo al bacio tra Lancillotto e Ginevra. Va anzitutto precisato che l’innamoramento fra i due si realizza sin dal loro primo incontro e che viene descritto cogliendo tutti i tratti degli sguardi fugaci tra due che si piacciono. Ma è soprattutto Lancelot che viene rapito dalla bellezza della regina:
Et il n’avoit mie tort s’il ne prisoit envers la reine nule autre dame, car ce fu la dame des dames et la fontaine de biauté; mais il saüst la grant valor qui en li estoit, encor l’esgardast il plus volentiers, car nule n’estoit, ne provre ne riche, de sa valor (Lancelot du Lac, p. 438).
[E non aveva torto di disistimare, al pari della regina, alcun’altra donna, poiché ella era la dama delle dame e la fontana della beltà. Ma, se egli avesse saputo l’alto valore che ella possedeva, egli l’avrebbe osservata con maggiore piacere perché alcuna donna, né povera, né ricca, era di un così grande merito].
Non solo, ma è Lancillotto che viene ‘stretto’ dall’amore, come giustamente precisa Dante nel v. 128; la passione amorosa, infatti, è così profonda che finisce per ammalarsi fino a quando Galeotto non intercede per lui, sebbene tale intervento non risulti faticoso poiché Ginevra è ugualmente innamorata. Tuttavia, Dante menziona solo Lancillotto perché il romanzo punta l’attenzione proprio su di lui, descrivendo in modo piuttosto dettagliato lo sviluppo di tale sentimento amoroso. Le vicende successive sono ben note e prima dell’incontro ravvicinato tra Lancillotto e Ginevra, con il conseguente bacio, passa molto tempo.
Il momento del bacio viene ben riassunto da Lorenzo Renzi (2007, pp. 34-36); prima c’è il lungo dialogo tra Lancillotto e la regina, nel corso del quale il primo appare fortemente silente e smunto a causa della debilitazione provocata dalla malattia d’amore. Dopo inizia la mediazione di Galeotto, e qui il mediatore chiede a Ginevra che ella dia un segnale tangibile del patto d’amore («seürté») tra i due al quale la regina dà il proprio consenso perché, come detto prima, ella desidera Lancillotto altrettanto quanto egli desidera lei. L’atto che suggella il patto d’amore è il bacio che, secondo Lorenzo Renzi (2006) è un pegno, sebbene nel testo, come precisa lo studioso, assume tutto il valore giuridico. In effetti, «seürté» significa garanzia, promessa formale e non a caso l’atto deve realizzarsi sotto forma di «comancement d’amors veraie» (p. 894), cioè come segnale dell’inizio del patto d’amore. Vincenzo Crescini (1921) ha dato ampia mostra di casi in cui si ricorre al bacio come pegno/patto e al suo studio rimando.
Ora, non è del tipo di bacio che qui s’intende discutere, né delle differenze tra le due circostanze che portano la letteratura a narrare di baci d’amore. Piuttosto intenderei sondare le immagini che hanno diffuso la scena che suggella il bacio tra Lancillotto e Ginevra, verificando se anche queste hanno agito da icona.
Paolo e Francesca leggono un libro intriso d’avventure nel quale la componente amorosa è pur presente e investe una regina e un cavaliere, peraltro una persona fidata del re. In altri termini si è di fronte a un normale e classico triangolo amoroso. Ma, non leggono solo di come la regina Ginevra baci Lancillotto, tradendo il marito, ma anche di come Galeotto sia stato un abile mediatore. Non che ci fosse di bisogno per convincere la regina, giacché ella tiene in molta stima e considerazione il prode Lancillotto, ma, lui perché è timido, lei perché è regina ed è sposata, hanno bisogno di qualcuno che si impegni per la concretizzazione di questo amore. In altri termini, Galeotto sta al libro che leggono Paolo e Francesca.
Dal punto di vista visuale non è facile muoversi nell’ampia selva dei manoscritti che trasmettono il Lancelot; si parla di oltre una sessantina di testimoni, alcuni dei quali frammentari e non tutti muniti di miniature. Inoltre, taluni codici non presentano immagini del bacio o dell’incontro. Un dato appare tuttavia certo: le immagini che ho reperito certamente fissano un momento che già nel Medioevo diventa iconico, e la vicenda di Lancillotto e di Ginevra diventa, per dirla in termini moderni, ‘virale’, al pari di quella di Tristano e Isotta o di altre coppie celebri che la letteratura medievale ha inventato e che ancora oggi vengono proposte attraverso diversi media.
Il manoscritto Add. 10293 della British Library (metà del secolo XIV) riporta una miniatura nel f. 78r. che racconta non solo il bacio tra Lancillotto e Ginevra, ma tenta di ritrarre ciò che succede mentre Galeotto, Ginevra e Lancillotto sono insieme. Infatti, i protagonisti della situazione sono ben sei, tre donne e tre uomini (rispettivamente Lancillotto, Ginevra, Galeotto, la dama di Malehaut, la damigella Laura di Carduel e una dama di compagnia). Galeotto, Ginevra e Lancillotto fanno gruppo a sé, ed è ciò che si scorge nel lato sinistro della miniatura [fig. 1]; sul lato destro, invece, ci sono due donne e un uomo che conversano. Tra i due gruppi di figure c’è uno spazio che sancisce la diversità delle scene, così che il fruitore dell’immagine può comprendere che si tratta di due momenti visuali diversi, corrispondenti a due momenti narrativi. È, in termini tecnici, una miniatura che ricorre alla narrazione continua per permettere di visualizzare più elementi del testo.
L’immagine non ritrae il vergier, il giardino, presso il quale si svolge la scena, ma coglie perfettamente il momento narrativo del testo, soprattutto l’attimo in cui la regina «si lo prant par lo menton, si lo baise davanta Galehot assez longuement […]» (Lancelot 1991, p. 894). L’assenza di paesaggio obbliga il fruitore a concentrarsi sulle figure e sulle loro posture. Va innanzitutto notato come la scena viene inquadrata da una cornice pittorica che delimita la consistenza delle figure e ne indirizza la percezione, orientando lo sguardo e dando sensatezza alla miniatura stessa. Non solo, ma segna il confine tra il visuale e il verbale.
La stessa scena viene mostrata del ms. français, 117-120, 118, della Bibliothèque Nationale de France, f. 219v [fig. 2], sebbene con una prospettiva del tutto diversa. Sul lato sinistro si notano tre dame intente a conversare; al centro Galeotto che appoggia la mano sinistra sulla spalla di Lancillotto, vestito di verde; infine, sul lato destro, Lancillotto e Ginevra, con quest’ultima che sta per prendere il mento del cavaliere per baciarlo. Contrariamente alla miniatura del codice della British Library [fig. 1] si nota l’ambiente agreste del giardino e la maggiore flessibilità dei corpi, che invece nella miniatura francese sembrano più delle statue. È interessante rilevare la centralità della figura di Galeotto quasi a fungere da separé tra i due gruppi, soddisfacendo così la richiesta della regina di una maggiore privacy rispetto al gruppo. Quest’immagine è sostanzialmente speculare alla precedente [fig. 1], con la differenza che probabilmente il fruitore getta immediatamente lo sguardo sulla figura di Galeotto, posta al centro e soverchiante, quasi a mettere in risalto il suo importante ruolo di mediatore fra i due amanti.
Uno stesso testo, verosimilmente, ma due realizzazioni totalmente diverse dettate dal desiderio di comunicare al fruitore non solo l’episodio del bacio, ma anche qualcosa di più che è senz’altro rilevabile nella fig. 2, tra l’altro già ben commentata da Elena Lombardi (2018) L’ambiente agreste, nonché le movenze delle figure e lo sfondo decorato, suggeriscono un’ambientazione squisitamente cortese che rende l’immagine decisamente più accattivante, quasi a suggerire che le ‘cose d’amore’ hanno uno spazio deputato.
È molto probabile che i manoscritti miniati della tradizione del Lancelot in prosa riproducano questa scena a partire non solo da ciò che dice il testo, fedeltà che è del tutto normale per gli artisti del tempo, ma anche in vista di un’idea ben definita visivamente determinatasi dalla lettura di testi miniati. In altre parole, i copisti potevano anche avere fra le mani manoscritti miniati e, a loro volta, i miniatori contattati per abbellire le copie potevano ‘copiare’ le immagini, sebbene con tratti e stili propri. Tra le due miniature, infatti, è possibile cogliere una serie di elementi di continuità che ci possono spingere anche a ipotizzare che visivamente il bacio tra Lancillotto e Ginevra è ormai iconizzato. D’altra parte, proprio la scena del bacio suggella il momento più importante di tutta la vicenda e la sua raffigurazione costituisce indubbiamente il momento clou che meritava una traduzione visuale.
Queste immagini, però, focalizzano l’attenzione su una serie di aspetti che il romanzo non trascura con le parole, primo fra tutti la figura di Galeotto. È vero che egli è un mediatore del desiderio di Lancillotto, ma non vi sono immagini che ritraggono la vera natura e il vero carattere di Galeotto così come lucidamente lo rileva Arianna Punzi (2018) nel cui saggio fa notare come egli mostri un attaccamento così forte verso Lancillotto che va ben oltre la stima nei riguardi di un nobile e valoroso cavaliere.
In taluni casi, però, non è solo il bacio a costituire interesse da parte dei miniatori, bensì ciò che succede dopo il momento che suggella il patto. È il caso della miniatura del ms. Add. 10293 (f. 312v) della British Library di Londra [fig. 3] che, oltre a ritrarre la regina che bacia Lancillotto in presenza di Galeotto, include Ginevra e Lancillotto a letto. In realtà, dopo il bacio succedono diversi eventi che portano Lancillotto ad allontanarsi dalla regina, per poi ritrovarsi e portare così la relazione sancita dal bacio a uno stadio superiore. Il testo, infatti, narra di come essi «s’entramoient et orent toutes les joies que amant peuent avoir» (ed. Micha 1982, p. 444. [si amarono entrambi e provarono tutte le gioie che gli amanti possano avere]), dando così idea, in modo alquanto esplicito, della passione con cui Ginevra e Lancillotto hanno fatto l’amore. La miniatura focalizza l’atto amoroso fra i due amanti, avvolti dalle lenzuola, ritratti in una stanza da letto di un palazzo, o di un castello. Ciò che si vede è una sezione dell’edificio che funge da cornice così che lo sguardo corra immediatamente nel quadrato della scena, una soluzione tecnica non solo funzionale alla visione, ma atta a enfatizzare la scena.
È facilmente riconoscibile chi sia Ginevra e chi Lancillotto, poiché l’artista ha ritratto la prima con la corona (la figura che giace sul letto), potendo così distinguere molto chiaramente chi sta sopra e chi sotto. Tutto ciò può sembrare un’ovvietà, ma in realtà il valore simbolico determinato dalla posizione è assai significativo; in una visione spaziale, legata alla cultura medievale, la donna prende la posizione supina in vista di una migliore e più facile fecondazione; ciò significa che l’atto viene consumato all’interno di un rapporto lecito, sicché il miniaturista ha voluto interpretare l’amore tra Ginevra e Lancillotto come guidato da un sentimento puro, anche se si tratta di un tradimento.
Tra le raffigurazioni tese a narrare l’amore tra Ginevra e Lancillotto in epoca medievale non si può non citare il caso della torre Frugarolo, nel Piemonte meridionale. Si tratta di una torre costruita per volere della famiglia Trotti che tra Tre e Quattrocento riesce a entrare nel ceto cavalleresco. I decori dell’edificio, come rileva Maria Luisa Meneghetti (2015, pp. 129-130), riflettono senz’altro «le aspirazioni di quella classe aristocratica affascinata dalla letteratura cavalleresco-cortese». Il progetto iconografico recupera alcuni episodi (quelli più «euforici» a detta di Meneghetti 2015, p. 131) del ciclo Lancelot-Graal, in particolare quelli del Lancelot du Lac. Una delle scene [fig. 4] costituisce una narrazione continua, dando vita a più momenti narrativi del testo; in essa, infatti, oltre al bacio dei due amanti, collocato in basso a destra, si espone quanto succede intorno al fatidico bacio, talché la raffigurazione narra anche il formarsi di una nuova coppia, questa volta per intercessione di Ginevra, costituita da Galeotto e la dama di Malehaut che prima era innamorata di Lancillotto. Nella scena successiva [fig. 5] si riproduce la stessa image riscontrata nel ms. londinese poc’anzi menzionata, con la differenza che ora le coppie sono due, e si visualizzano personaggi dormienti piuttosto che in atto di consumare un rapporto. Anche in questo caso, le due stanze da letto sono viste in sezione, e vengono incorniciate dai tramezzi strutturali dell’edificio.
Ora, non c’è dubbio che la modalità di fruizione tra miniature e pitture parietali è ben diversa; in questo secondo caso il figurativo non richiama direttamente il testo, ma impone al fruitore la conoscenza previa del testo al fine di codificare i segni pittorici e i loro significati. Mentre il lettore procede alla lettura del testo e, allo stesso tempo, alla fruizione delle miniature, con le pitture parietali è la memoria che genera un filo tra testo e immagine: la visione delle scene richiamano alla memoria episodi del testo già noto.
C’è da ritenere che i manoscritti miniati fissano un’iconografia che tuttavia non avrà la stessa ricaduta in arte così come è avvenuto per Paolo e Francesca. È infatti difficile trovare libri che raffigurino Lancillotto e Ginevra, così come altrettanto difficile è trovare realizzazioni artistiche che facciano di questi due personaggi delle icone dell’amore. Eppure, nella metà del secolo XIX, lo spirito romantico così come ha favorito diverse visualizzazioni artistiche dei due amanti della Commedia, allo stesso modo permette di volgere lo sguardo verso Lancillotto e Ginevra. Difficile è stabilire se sia stato il V canto dell’Inferno a sviluppare l’interesse verso i due personaggi arturiani, o se invece sia stato l’interesse verso il recupero dell’universo culturale medievale a ispirare l’arte. In assenza di ricerche specifiche in tale direzione che forniscano risposte più esaustive, passo in rassegna alcuni casi interessanti.
Julia Margaret Cameron (1815-1879), fotografa inglese che con la sua macchina fotografica ha ritratto, tra gli altri, Charles Darwin e Alfred Lord Tennyson, ci consegna un particolare ritratto degli amanti medievali. Su richiesta di Alfred Lord Tennyson, la Cameron fotografa Andrew Hichens e Mary Prinsep in una posa romantica e laconica [fig. 6] che doveva rappresentare proprio Ginevra e Lancillotto. La foto avrebbe poi arricchito le pagine degli Idylls of the King and Other Poems di Tennyson, pubblicato nel 1859. Si tratta di una raccolta di poemi narrativi in blank verse, ispirata ai personaggi arturiani tratti dalla Morte di Artù di Thomas Malory.
La foto, che reca in basso la dicitura The Parting of Lancelot and Guinevere, traduce visivamente il momento in cui nel poema si narra della separazione definitiva tra Lancillotto e Ginevra. Nella immagine colpisce molto lo sguardo struggente della donna, tra l’altro inondato di luce rispetto a tutto il resto che invece è nettamente più scuro; il volto, lo sguardo, la postura, sono tutti elementi che traducono un forte struggimento generato dal momento narrativo che non è esattamente quello riscontrato dalle immagini sino a ora esaminate. Tutto ciò, in effetti, ha a che vedere con la fonte del testo e con la capacità rielaborativa del poeta inglese ottocentesco. Thomas Malory, in pieno Quattrocento, dà vita a un romanzo cavalleresco frutto di un recupero di fonti diverse attraverso le quali si offre al pubblico una propria visione dell’universo arturiano che viene stravolto da Tennyson. Seguendo con tutta probabilità lo spirito ottocentesco, il poeta inglese fa di Lancillotto quasi un puro, e non a caso egli sceglie di narrare non l’innamoramento, bensì il pentimento, cioè quella fase successiva che Paolo e Francesca non sono riusciti a leggere perché la loro vita è stata bruscamente recisa. Nel romanzo medievale, infatti, Ginevra, pentita, finirà i suoi giorni in un convento, mentre Lancillotto seguirà la via dell’eremitaggio. Sembra che il non aver proceduto oltre nella lettura non abbia potuto dare a Paolo e Francesca una possibilità di pentimento e di riscatto. Il famoso v. 138 («quel giorno più non vi leggemmo avante») indica una recisione brusca, quasi un atto morale dovuto, relegando così gli amanti a patire una perenne colpa.
L’operazione di Julia Margaret Cameron è fortemente legata al testo di Tennyson e alla capacità della fotografa di dialogare visivamente con l’universo artistico preraffaellita. Al tempo stesso opera una forte cesura con la tradizione visuale dei due personaggi che, sin dal Medioevo, ce li presenta mentre si danno il fatidico bacio, il momento, come abbiamo visto prima, che suggella il ‘patto’.
In ambiente preraffaellita Dante Gabriel Rossetti è un altro artista fortemente interessato al recupero del Medioevo; nella metà dell’Ottocento dipinge un acquarello dal titolo La tomba di Artù [fig. 7] raffigurante l’ultimo incontro tra i due amanti sulla tomba di re Artù, un sarcofago che ai lati reca ritratte delle scene delle imprese arturiane. Anche in questo caso si coglie benissimo il momento struggente dell’addio, e anche in questo caso ha agito evidentemente la narrazione della fine di un mondo. Un dato certamente interessante che forse può essere letto in direzione del pentimento è la presenza del serpente in basso che richiama la tentazione; forse un valore morale desunto dalla Bibbia che porterebbe i due amanti a separarsi per aver riconosciuto l’atto peccaminoso che poi ha condotto anche al disfacimento del regno arturiano.
Questo sondaggio puramente esplorativo in realtà mette in luce come il bacio fra Lancillotto e Ginevra non abbia poi generato una forte iconizzazione al pari di quello di Paolo e Francesca; si assiste a un recupero della vicenda tra Otto e Novecento in ambiente preraffaellita motivato da uno stimolo di ordine culturale più che visuale. I prodotti esaminati, in effetti, sembrerebbero suggerire che la ricezione visuale di Lancillotto e di Ginevra sia veicolata attraverso il Canto V, almeno di un recupero tematico come accade nella cinematografia; da questo punto di vista penso al celebre film Il primo cavaliere, per la regia di Jerry Zucker, i cui ruoli di Lancillotto e di Ginevra sono affidati a Richard Gere e a Julia Ormond, mentre quello di Artù a Sean Connery. Discutibile senz’altro il recupero della dimensione comportamentale dei personaggi (a tratti Richard Gere appare come un cow-boy più che un cavaliere), la scena del bacio [fig. 8] viene ripresa in una foresta, totalmente decontestualizzata da quel contorno che le immagini delle miniature ci offrono con dettaglio. Come si diceva poc’anzi, il film recupera solo la storia di un amore impossibile e il disfacimento del regno di Artù. Viene meno, spesso, la connotazione dell’importante figura di Galeotto, già penalizzata da Dante: focalizzando l’attenzione sul suo ruolo da mediatore, ha sì reso giustizia al valore dell’amicizia (quella fra Lancillotto e Galeotto), ma l’ha anche spogliata del suo reale significato. Arianna Punzi ha tracciato molto chiaramente la figura di Galeotto all’interno del romanzo, soffermandosi su quegli aspetti emotivi della narrazione che se trascurati non mettono bene in luce la ragione delle azioni del personaggio. Galeotto, in realtà, è guidato da un amore intenso verso Lancillotto, un sentimento che lo porta ad agire nel rispetto e nella lealtà sia verso la persona, sia verso il sentimento stesso. È, in pratica, un esempio di come «regolare l’agire umano» (Punzi 2018, p. 24), sebbene i fatti narrati spingano il lettore a porsi la domanda se per caso le passioni non debbano essere temperate e misurate dal buon senso. E forse il severo Dante ha giudicato smodata la passione tanto di Galeotto quanto quella di Francesca.
Bisognerebbe indagare molto di più sulle immagini nei libri ottocenteschi che ripropongono le storie arturiane, un filone di ricerca sul quale ancora ci sarebbe molto da dire, e verificare come sono selezionate le immagini e come interagiscono con il testo.
Bibliografia
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E. Lombardi, Imagining the woman reader in the age of Dante, Oxford, Oxford University Press, 2018.