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  • «Noi leggiavamo…». Fortuna iconografica e rimediazioni visuali dell’episodio di Paolo e Francesca fra XIX e XXI secolo →

 

Del bacio fra Lancillotto e Ginevra se ne parla nella grande compilazione intitolata Lancelot-Graal (o Vulgata), di autore anonimo e redatta tra il 1214 e il 1224. Si tratta di un macrotesto composto da cinque grandi romanzi (Estoire del Saint Graal, Merlin, Lancelot, Queste del saint Graal e Mort Artu) di cui il Lancelot contiene la storia dell’innamoramento fra Lancillotto e Ginevra. Ed è proprio qui che si narra del bacio, ed è proprio questo passo che fa del libro arturiano, allo stesso tempo, «oggetto di rappresentazione e soggetto d’azione» (Pioletti 1988, p. 101). Dante può aver letto una versione in francese, ma non è da escludere che abbia potuto leggere del bacio tra i due in italiano visto che sono stati reperiti da Daniela Delcorno Branca (1988, p. I) sedici manoscritti che traducono il testo francese, sebbene non tutti presentino l’episodio del bacio.

Che cosa può aver letto Dante? Lorenzo Renzi (2007) ricostruisce assai bene, anche sulla scorta di una bibliografia ampia sulla questione, le circostanze che danno luogo al bacio tra Lancillotto e Ginevra. Va anzitutto precisato che l’innamoramento fra i due si realizza sin dal loro primo incontro e che viene descritto cogliendo tutti i tratti degli sguardi fugaci tra due che si piacciono. Ma è soprattutto Lancelot che viene rapito dalla bellezza della regina:

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Abstract: ITA | ENG

La stamperia d’arte di Giorgio Upiglio, che apre ufficialmente nel 1962 nella sede di via Fara 9, nasce a Milano nel fervente clima del dopoguerra in cui si delineano nuove tendenze sia in senso più sperimentale, sia nell’ambito del rinnovamento della pittura, tra “naturalismo lombardo” e “informale segnico-gestuale”. La presenza di Wols e di Pollock a Milano - rispettivamente nella galleria del Milione nell’aprile 1949 e alla galleria del Naviglio nell’ottobre 1950 - ma anche il ritorno di Lucio Fontana dall’Argentina non passano inosservati e suggeriscono ai giovani artisti nuove sperimentazioni sulla superficie della tela, che diventa un vero e proprio “campo” d’azione. Anche l’ambito della grafica d’arte non è immune da tale impeto sperimentale. Nello studio di Giorgio Upiglio molti artisti, frequentatori del Bar Giamaica e alcune gallerie storiche come la Galleria del Naviglio, Il Milione o L’Annunciata e letterati, negli anni Sessanta trovano un luogo di incontro dove testare appunto tali nuovi linguaggi e tecniche, ma anche dialogare di arte e di politica, dei fenomeni di una società allora tutta tesa alla rinascita, allo sviluppo, attraversata dal miracolo economico e nello stesso tempo piena di contraddizioni. I pregiati fogli e in particolare i libri d’artista che escono dal torchio della stamperia non riproducono solo immagini, ma costituiscono veri e propri oggetti di sperimentazione, in cui l’immagine si associa alla parola e ai materiali più inconsueti. In particolare, il libro d’artista, diventa una forma di dialogo aperto tra la componente più materiale dell’oggettualità e degli strumenti realizzativi e quella immateriale del segno e della parola: sono luogo di incontro tra artisti figurativi e scrittori, come quello tra Giovanni Patani e Dino Buzzati o Wifredo Lam e René Char. I documenti autografi presenti nel Fondo Giorgio Upiglio dell’Archivio del Moderno a Mendrisio (CH) sono la fonte preziosa di una possibile ricostruzione di questa attività tra anni Sessanta e Settanta non ancora sufficientemente approfondita dalla critica d’arte.

The art print shop of Giorgio Upiglio, which officially opens in 1962 at the headquarters in via Fara 9, was born in Milan in the fervent post-war climate in which new trends are delineated both in a more experimental sense and in the context of the renewal of painting, between "Lombard naturalism" and "informal sign-gestural". The presence of Wols and Pollock in Milan - respectively in the Milione gallery in April 1949 and at the Naviglio gallery in October 1950 - but also the return of Lucio Fontana from Argentina do not go unnoticed and suggest to the young artists new experiments on the surface of the canvas, which becomes a real "field" of action. Even the field of art graphics is not immune to such experimental impetus. In Giorgio Upiglio's studio many artists, frequenters of the Jamaica Bar and some historical galleries such as the Galleria del Naviglio, Il Milione or L'Annunciata and literati, in the Sixties find a meeting place where they can test these new languages ​​and techniques, but also dialogue of art and politics, of the phenomena of a society then all tending to rebirth, to development, crossed by the economic miracle and at the same time full of contradictions. The precious sheets and in particular the artist's books that come out of the printing press do not reproduce only images, but constitute real experimental objects, in which the image is associated with the word and the most unusual materials. In particular, the artist's book becomes a form of open dialogue between the most material component of objectivity and of the realization tools and the immaterial component of the sign and the word: they are a meeting place for figurative artists and writers, such as the one between Giovanni Patani and Dino Buzzati or Wifredo Lam and René Char. The autograph documents in the Giorgio Upiglio Fund of the Archivio del Moderno in Mendrisio (CH) are the precious source of a possible reconstruction of this activity between the 1960s and the 1970s, not yet sufficiently detailed by the art critic.

 

 

«Nessuno meglio di Giorgio impersona la nuova figura del maestro artigiano [….] non come uomo-strumento, ma come collaboratore che con la sua generosa disponibilità a nuovi mezzi interrogativi, l’intuizione di possibili risposte e l’elaborazione di nuovi mezzi partecipa vitalmente alle invenzioni del processo creativo».[1]

Con tali parole il pittore Leo Lionni descrive Giorgio Upiglio (1932-2013), tra i protagonisti della stampa d’autore italiana del secondo dopoguerra, promotore di un’attività che ha coinvolto l’ambiente artistico italiano con artisti, scrittori e artigiani di livello internazionale. Partecipe del fervente clima del dopoguerra, Upiglio ha aperto a Milano una stamperia di grafica originale seguendo la sua passione per l’arte nata nella tipo-litografia di famiglia Atlas, fondata dal padre Emilio e dallo zio Raffaele Cervone. Vi era entrato a soli 13 anni e qui nel 1950 aveva acquistato il primo torchio calcografico per sperimentare la stampa d’autore. La sua attività avrà un successo durato una vita, fino alla chiusura dello studio dopo la sua scomparsa. La sua attività prende avvio con la nascita, l’11 aprile 1962, della società[2] di stampa d’arte Grafica Uno, dalle iniziali del suo nome, che si scioglierà tre anni dopo, quando la stamperia, con la chiusura dell’officina di famiglia, si trasferisce nella sede storica di via Fara. Upiglio potrà contare sulla collaborazione di alcuni amici artisti che avevano cominciato a realizzare le prime opere grafiche nella sede di famiglia come Gianni Brusamolino, Piero Leddi e Renato Volpini, oltre che sull’assistenza tecnica dell’abile litografo Dante Caldara, conosciuto appunto nell’officina Atlas.[3] Accanto a lui, fin dai primi anni, ci sarà anche la moglie Rita Gallé, gallerista[4] e collaboratrice nel lavoro della stamperia, con cui condivide la passione per la grafica, e lo stampatore e artista Giancarlo Pozzi, suo stretto collaboratore ininterrottamente dal 1966. Con due torchi calcografici e qualche pietra, Upiglio comincia quindi a collaborare con artisti, poeti e scrittori per realizzare pregiate edizioni di litografie, cartelle e libri d’artista, spesso connotati dalla stessa esigenza di novità e sperimentazione, che accomuna molti artisti di quella generazione. Non bisogna dimenticare che Milano tra la fine della guerra e l’inizio degli Sessanta è caratterizzata da un fervente clima artistico, che vede la nascita di molti gruppi di ricerca: dai nucleari ad Azimut e al Gruppo del Cenobio fino alle ricerche cinetico-visuali del Gruppo T e del Gruppo Enne, e lo sviluppo di un sistema dell’arte favorito da gallerie attive in ambito internazionale: dalla storica galleria del Milione, alla galleria di Barbaroux, l’Annunciata, il centro San Fedele, la galleria del Naviglio, la galleria Apollinaire.

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