3.5. Di divani e altre storie

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Nella recente campagna dedicata alle «grandi serie TV» di Sky, è un divano a ospitare i fan di Gomorra e i racconti della loro passione per la serie [fig. 1]. Un divano in stile rococò, sontuoso e riccamente decorato: oggetto d’arredo ideale per evocare, in un colpo d’occhio, le dorate prigioni in cui i camorristi provano a rinchiudere il loro privato.

Ma questo divano nella campagna Sky non funziona solo per sineddoche, e non si limita a una evocazione generica di sfarzosi interni. Piuttosto raddoppia, rappresentandone quasi una copia, un altro divano, un divano specifico, che vediamo entrare [fig. 2] e subito uscire [fig. 3] da casa Savastano nel primo episodio della prima stagione di Gomorra - La serie. Espulso dalla reggia del boss a causa delle microspie che vi erano nascoste, il divano lo ritroviamo una seconda e ultima volta nella bellissima sequenza che chiude l’episodio. Apparizione fugace, ma non per questo meno incisiva.

Il divano ci appare all’inizio come un’incongrua macchia giallo oro, abbandonato ancora perfettamente nuovo tra le erbacce e i rifiuti. Un ragazzino si avvicina furtivo [fig. 4], vi si acquatta dietro, e da dietro la decorazione lignea (che marca la soggettiva) osserva la strada di fronte [fig. 5]. Un altro ragazzino sta di vedetta, sorveglia un’entrata, ma non si è accorto di niente [fig. 6]. È un attimo, da dietro il divano, correre, raggiungerlo, prenderne il posto: «Ho vinto io, ora la faccio io la vedetta!» [fig. 7]. E vediamo il ragazzino beffato andarsene a testa bassa, attraversando la catasta di rifiuti, appena alle sue spalle il divano sgargiante e sullo sfondo la desolazione delle Vele di Scampia.

Sono poco più che bambini e sembra che giochino a nascondino, o che ‘giocare’ a fare le vedette sia quasi la stessa cosa: ma la sequenza nel suo complesso è una magistrale invenzione visiva che, in poche inquadrature, suggerisce i temi dell’arruolamento e addestramento dei giovanissimi nel Sistema, del controllo del territorio e degli spazi, della metodica ed efficiente gestione dello spaccio.

Che questa sequenza, e questo divano, siano anche un’allusione? Non ci sono grandi appigli testuali per sostenerlo, e tanto meno per sostenere che l’attivazione di un legame, ammesso che tale legame ci sia, sia anche intenzionale. Eppure, e al di là di qualsiasi attribuzione di intenzionalità, a chi scrive un altro divano, in un altro episodio pilota, è venuto subito in mente.

Si tratta del primo episodio della prima stagione di The Wire (2002-2008), la celebre serie firmata dalla coppia David Simon/Ed Burns per HBO: «a masterpiece of serial television», scrive Linda Williams nel suo On The Wire, «whose most potent symbol is a tattered orange couch» (p. 221).

Il logoro divano arancione compare nel primo episodio proprio al centro della ‘Fossa’ (‘The Pit’), una zona secondaria di spaccio che viene affidata a D’Angelo Barksdale dopo il suo provvidenziale proscioglimento in tribunale, che dà avvio alle vicende della serie. Seduto sullo schienale troviamo Bodie, fedele soldato di Avon Barksdale, a capo del narcotraffico di Baltimora Ovest [fig. 8]. Negli episodi e nelle stagioni successive, il divano sarà la ‘casa comune’ in cui D’Angelo, Bodie e gli altri dell’organizzazione di Avon lavorano, trattano affari, discutono, scherzano, filosofeggiano.

Certo: da una parte abbiamo un divano barocco, lussuoso e perfettamente integro, dall’altra un divano lineare, modesto e consunto. Da un lato un’apparizione isolata, dall’altro una presenza costante. Ma ci sono anche evidenti analogie. La stessa bizzarra stonatura data dal posizionamento all’esterno, all’aperto, di un elemento che dovrebbe appartenere all’interno, al chiuso. O ancora, la stessa accentuatura data dal contrasto cromatico tra i toni accesi del divano e il grigiore uniforme dello sfondo. Che queste analogie e differenze possano proprio indicare un rapporto di conformità/difformità tra le due serie?

Alcuni punti di contatto sono piuttosto evidenti, e in altre sedi se n’è discusso.

In primo luogo, le due serie condividono una matrice ‘letteraria’ che mette in discussione i confini tra finzione e inchiesta. Ne è diretta espressione Gomorra - La serie, che si basa sul successo internazionale dell’omonimo romanzo ‘non-fiction’ di Roberto Saviano, ed espressione indiretta The Wire, che non deriva da un’opera preesistente ma è comunque profondamente radicato in opere di ‘giornalismo etnografico’ quali sono Homicide. A Year on the Killing Streets di Simon e The Corner. A Year in the Life of an Inner-city Neighbourhood di Simon e Burns, che gli stessi autori definiscono un «non-fiction exercise in narrative» (opere che hanno peraltro dato vita a serie autonome).

In secondo luogo, a essere condivise sono l’ambientazione urbana e, più in particolare, l’attenzione verso le aree degradate, o periferiche, e verso il disastroso fallimento di grandi progetti di edilizia popolare, con tutte le implicazioni e le ricadute sul vissuto sociale. Infine (ma molte altre connessioni potrebbero essere menzionate), su un piano tematico, comune e centrale è la focalizzazione sui fenomeni di criminalità organizzata e sullo spaccio, in tutte le sue dimensioni – l’organizzazione del lavoro, i modelli economici, i rapporti di potere, l’esercizio della violenza.

Tuttavia, e a fronte di svariate interconnessioni, su alcuni aspetti le due serie divergono significativamente, e i nostri due divani ci aiutano proprio a ‘illuminare’ queste divergenze.

Ritorniamo per un istante al divano arancione al centro della Fossa. Nel suo On the Wire, Williams dedica quasi interamente le conclusioni del libro al ruolo del divano nell’episodio pilota e nella serie. Perché riconoscergli tanta importanza? Da un lato, nell’economia dell’analisi di Williams, che punta a dimostrare la natura melodrammatica della serie, il divano è importante perché al meglio esprime e condensa una più ampia tematizzazione della ‘casa’ – della presenza/assenza della casa – nel mondo narrativo. Dall’altro, osserva Williams, il divano si dà come uno strumento imperfetto di «panopticon observation» (p. 219). Collocato al centro della Fossa, permette di dirigere e controllare le operazioni di spaccio da una posizione privilegiata, senza esserne coinvolti. E tuttavia, alla centralità di uno sguardo che può controllare tutto si va a sovrapporre una dinamica alto vs basso che compromette, di fatto, tale controllo. Il divano, infatti, è posizionato in basso, e dall’alto il controllore può a suo volta essere facilmente controllato – da poliziotti, informatori o dai suoi superiori. Come molte altre ‘soluzioni’ (si pensi a Hamsterdam) in The Wire, conclude Williams, il divano è «both utopian and dystopian at the same time» (p. 219).

La capacità di lasciar emergere le profonde contraddizioni che affliggono e compromettono l’agire di ogni attore sociale (poliziotti, criminali, giornalisti, politici, insegnanti…) è un tratto caratterizzante di The Wire: il divano arancione attiva questa possibilità fin nel primo episodio, costituendo un indizio che verrà ripreso e portato alle estreme conseguenze.

Che cosa ci dice, invece, il divano di Gomorra - La serie? Per almeno due volte, le immagini lo mostrano chiaramente, il divano è coinvolto in dinamiche di visione semisoggettive (Savastano) o soggettive (il bambino che si nasconde). Alle apparizioni di questo divano si associa insomma un punto di vista specifico, che si dichiara totalmente interno al mondo della camorra e che resterà tale (a differenza di The Wire) per tutta la durata della serie. Non necessariamente a un punto di vista unitario corrisponde un discorso monologico, però. La polifonia, il gioco delle contraddizioni, possono stare anche dentro a un unico sguardo. E Gomorra - La serie, in effetti, sembra attivare questa aspettativa proprio nella bellissima sequenza conclusiva del primo episodio, che sembra aprirsi a un’analisi lucida e disincantata del sistema camorra, mostrando l’asservimento tragico della dimensione ludica dell’infanzia alle esigenze dell’addestramento.

Anche il divano di Gomorra assume allora, nel primo episodio, la funzione di indizio, o ‘promessa’: ma è una promessa mantenuta?

 

 

Bibliografia

R. Saviano, Gomorra, Milano, Mondadori, 2006.

D. Simon, Homicide. A Year on the Killing Streets, Boston, Houghton Mifflin Company, 1991.

D. Simon, E. Burns, The Corner. A Year in the Life of an Inner-city Neighbourhood, New York, Broadway Books, 1997.

L. Williams, On The Wire, Durham and London, Duke University Press, 2014.