4.1. Barbablù alias Landru? Un romanzo italiano del primo Novecento

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Avevo ‘ritrovato’ Barbablù nel 1999 leggendo la monografia Barbablù di Ernesto Ferrero e, sull’onda di quel saggio, il racconto lungo di Max Frisch Barbablu – che in Italia ha avuto una sola edizione, einaudiana, del 1984 – e mi ero fatta un’idea strana: pensavo che l’Italia avesse declinato in molti modi il mito di Barbablù. Mi sbagliavo: perché il nostro non è (a differenza, per esempio, della Germania e dell’Inghilterra) il paese delle restituzioni e dei rifacimenti letterari di quella favola. Quel che il sondaggio dice è che l’Italia è, tutto sommato, abbastanza ‘barbabluistica’ (il libro di Ferrero è un calibro non da poco), ma poco ‘barbabluografa’.

Si consideri che esiste una sola fiaba italiana che si avvicina alla storia del primo Barbablù, il pluri-uxoricida seicentesco di Charles Perrault (le cui pagine sono state mirabilmente tradotte da Collodi): mi riferisco alla piemontese Naso d’argento, che peraltro circola pochissimo e non ha sostanzialmente forme epigoniche nel resto della penisola.

Si consideri che tra quella favola e i tre testi ‘moderni’ che eleggono Barbablù ad argomento di narrazione – La vita scellerata del nobile signore Gilles de Rais che fu chiamato Barbablu (e la vita illuminata del suo re) di Massimo Dursi, del 1967; Io e le spose di Barbablù, di Ada Celico, del 2010; Blu. Un’altra storia di Barbablù, di Beatrice Masini, del 2017 – vi è solo il romanzo primonovecentesco, pressoché sconosciuto, I tre delitti di Barbablù di Virgilio Bondois, pubblicato nel 1920 a Livorno per i tipi della Raffaello Giusti, la casa editrice fondata da Ugo Giusti nel 1881 [fig. 1].

Di Virgilio Bondois si sanno diverse cose, ma insufficienti, a oggi, a comporre una biografia completa. Per il momento non esiste neanche una scheda del Dizionario Biografico degli Italiani, fatto piuttosto singolare, questo, tenuto conto che alla sua morte Bondois aveva all’attivo non solo una fortunata carriera di traduttore (di Virgilio, di Shakespeare, di Wilde), ma anche di prosatore. Attualmente, gli unici due contributi sono la ‘rievocazione’, che però non contiene dati rilevanti, uscita nel 1931 dalla penna di Gilberto Beccari, e il profilo minimale che si legge in Manoscritti. Novecento – Avanguardie. Storia e letteratura, a premessa di due lettere autografe di Bondois.

Cominciamo dal cognome, che ha tutta l’aria di una francesizzazione voluta: in una scheda degli Archivi Storici e di Personalità di Urbino il Giorgio Bondois nato a Rimini nel 1898 e morto a Roma nel 1943, qui ricordato come corrispondente del critico e scrittore Dino Garrone, è espressamente detto fratello del traduttore, giornalista e letterato Virgilio Bondois: con la precisazione che l’altra forma attestata del cognome è Bonduà.

[1] Nel Bollettino ufficiale del Ministero della Guerra, poi, è nominato un Virgilio «di Dante Bonduà», sergente di fanteria, nato il 9 luglio 1894 e morto il 25 aprile 1926 a Rimini:[2] non possiamo escludere che si tratti del nostro autore, il che tornerebbe con il necrologio uscito il 2 maggio 1926 sulla rivista milanese La Fiera Letteraria e intitolato La morte di Virgilio Bondois.

Tutte le opere del Bondois narratore sono censite nel volume di Domenico Fusco, Edizioni originali degli scrittori italiani (1900-1947). Sfogliandone le pagine si scopre che il 2019 è stato il centenario, anche, di Bondois: nel 1919 usciva infatti il suo primo romanzo (nonché la sua prima opera), La tua colpa, una copia del quale Virgilio mandò, fresca di stampa, a Luigi Pirandello, con tanto di dedica. L’editore era il faentino Gaetano Facchi.

Nel 1921 Bondois pubblica, oltre a I tre delitti di Barbablù, anche la raccolta di novelle Si cerca un mecenate (per Treves). Il libro porta la dedica a stampa al professore, letterato e antifascista faentino Evangelista Valli (1894-1948) e al pittore triestino Giannino Marchig (1897-1983). È a Marchig che dobbiamo un ritratto di Bondois: un disegno datato 1917, che nel 2016 è stato esposto nella mostra fiorentina Sguardi sul Novecento [fig. 2].

È senz’altro la Firenze degli anni immediatamente precedenti e seguenti la Grande Guerra l’ambiente che Bondois frequenta: a Firenze compie gli studi universitari, insieme allo scrittore livornese Giosuè Borsi (che nel 1910 aveva assunto la direzione del Nuovo Giornale), al bresciano Arturo Marpicati (che a Firenze si laureerà nel 1918) e, anche, a Giuseppe Prezzolini;[3] a Firenze, conosce, per esempio, Emilio Cecchi (come si legge in una lettera del 28 settembre del 1921 dello stesso Cecchi ad Antonio Baldini).

Gaetano Facchi è stato un vivacissimo editore (nato nel 1884, morirà nel 1966) e varò diverse collane: tra queste L’Arte Nuova, la cui direzione affidò a Virgilio Bondois e a Erminio Robecchi Brivio. Fu Bondois, per esempio, a volere includere tra le pubblicazioni Oscar Wilde, da lui tradotto dal francese. Nel saggio del 2002 I ricercati di Facchi, Olivia Barbella ricorda che l’editore pubblicò anche una serie di romanzi erotici, tra cui, nel 1919, quello giudicato scandalosissimo di Jean Lorrain, L’ariana, nella traduzione di Bondois.

Al Bondois lo stile e i contenuti di Lorrain erano particolarmente congeniali, a giudicare almeno dai suoi romanzi La tua colpa e La sarabanda (1920); quest’ultimo nel frontespizio è presentato al lettore come «storia di una fatalità di perversione indomabile». Se togliamo la fatalità e lasciamo ‘storia di una perversione indomabile’, avremo I tre delitti di Barbablù.

Il romanzo racconta una storia poliziesca. Tre donne morte, tutte assassinate, una anche fatta a pezzi e bruciata, nessuna moglie però. Ci sono poi un commissario generale, un segretario, un ispettore, un investigatore privato e un assassino molto particolare che si chiama Julius Selenius, eccentrico criminale marcatamente ‘wildiano’, che non manca di rimandare, per la sua barba, alla psicologia sperimentale.[4] Selenius, che nel romanzo è ripetutamente ed espressamente chiamato Barbablù dall’autore, commette i suoi delitti in una villa di cui è locatario, Villa dei Castagni, a venticinque chilometri da quella che è chiamata la Capitale, in una zona indicata come Foresta d’Oro: qui uccide le donne, quindi le brucia in una stufa al piano terra e poi le seppellisce tutte e tre insieme. Il tanfo nauseabondo dei cadaveri induce una perquisizione accurata della cantina e porta alla loro scoperta.

Ora, dal 1919 le pagine di cronaca dei quotidiani (anche italiani) erano occupate dalla vicenda ‘nera’ di un criminale che la stampa del tempo ribattezzò con il nome del personaggio di Perrault: il francese Henri Landru il quale, a partire dal 1915, aveva ucciso dieci donne (e un ragazzino), ne aveva bruciati i corpi dentro una stufa della cucina e aveva sparso i resti in giardino. Landru viene arrestato il 12 aprile 1919 [fig. 3]. Il processo inizierà il 7 novembre 1921 e si chiuderà il 30 novembre con una sentenza di condanna a morte. Il 25 febbraio 1922 Landru viene ghigliottinato nel cortile della prigione di St. Pierre a Versailles.

Ci sono molti elementi che fanno credere che Bondois pensasse al caso Landru mentre costruiva il personaggio di Selenius, non ultimi i rapporti piuttosto stretti (non dimentichiamo che Bondois era anche giornalista) tra le pagine del suo romanzo e gli articoli usciti sulla stampa italiana, in particolare su «Il Corriere della Sera» (del resto, nel raccontare la storia di Selenius Bondois chiama continuamente in causa un giornale a cui dà il nome di Gazzetta della Sera: l’allusione mi pare evidente). Sarebbe interessante studiare il volume Processo Landru. Le 10 vittime, uscito in Italia per i tipi della milanese Libreria Uberti. Non se ne conosce la data di stampa, e inoltre oggi è una pubblicazione quasi introvabile [fig. 4].

Il romanzo di Bondois, lo abbiamo visto, esce nel 1920: quindi prima ancora che il processo a Landru avesse inizio. La vicenda di Selenius segue la storia del Barbablù francese solo nella prima parte: Bondois aggiunge un finale tutto suo, al termine di una seconda parte del romanzo piuttosto corposa e che con Landru non ha niente a che fare. Selenius viene imprigionato, scampa alla ghigliottina (altro rimando esplicito al caso francese), intraprende una vita mondana, si insinua nella relazione di una coppia e alla fine rivela, da uomo libero davanti a un interlocutore affascinato, come e perché abbia ucciso e con quale stratagemma abbia evitato la condanna capitale. La sua barba, dice Bondois, nel frattempo è diventata bianca.

Chiudo con una considerazione storico-letteraria e con un invito.

Alessandro Varaldo è considerato l’inventore del noir poliziesco italiano. Il romanzo che avrebbe inaugurato questa tradizione è il suo Il Sette bello, uscito nella primavera del 1931. Alla luce di I tre delitti di Barbablù forse possiamo retrodatare l’inizio della tradizione del giallo italiano.

Ha ragione il libraio della libreria torinese Le Colonne quando, nella didascalia di una copia della raccolta di novelle Si cerca un mecenate di Bondois scrive: «Dimenticato, ma da riscoprire, gran lettura».[5]

Chissà che non sia arrivato il momento di tornare sulle pagine di un prosatore, se non grandissimo, quanto meno accattivante.

 

 

Bibliografia

O. Barbella, ‘I ricercati di Facchi’, Wuz, 4, maggio 2002, <https://blog.maremagnum.com/i-ricercati-di-facchi/>.

G. Beccari, ‘Virgilio Bondois: rievocazione’, Illustrazione toscana, novembre 1931.

V. Bondois, I tre delitti di Barbablù, Livorno, Giusti, 1920.

M. Dursi, La vita scellerata del nobile signore Gilles de Rais che fu chiamato Barbablu (e la vita illuminata del suo re), Venezia-Padova, Marsilio, 1973.

A. Celico, Io e le spose di Barbablù, Milano, Mursia, 2010.

M. Faietti, G. Marini (a cura di), Sguardi sul Novecento. Disegni di artisti italiani tra le due guerre, Firenze, Giunti, 2016.

E. Ferrero, Barbablù. Gilles de Rais e il tramonto del Medioevo, Casale Monferrato, Piemme, 1998.

M. Frisch, Barbablu, trad. di B. Bianchi, Torino, Einaudi, 1984.

D. Fusco, Edizioni originali degli scrittori italiani (1900-1947), Torino, Morabito Editore, 1948 (riedizione a cura di R. Brussino Fusco, P. J. Mazzoglio, 1999).

‘Il naso d’argento’, in Fiabe italiane raccolte e trascritte da Italo Calvino, Milano, Mondadori, 1975, pp. 98-107.

‘La morte di Virgilio Bondois’, La Fiera Letteraria, s. I, vol. II, n. 18, 2 maggio 1926, p. 2.

Manoscritti. Novecento – Avanguardie. Storia e letteratura, <https://www.limantiqua.com/img/cms/123.pdf>.

B. Masini, Blu. Un’altra storia di Barbablu, Milano, Pelledoca Editore, 2017.

Processo Landru. Le 10 vittime, Milano, Libreria S. Uberti e C., s.d.

A. Varaldo, Il Sette bello, Milano-Verona, A. Mondadori, 1931.


1 Si veda s.v., ‘Bondois, Giorgio’, in ASPU – Archivi Storici e di Personalità di Urbino, <http://atom.uniurb.it/index.php/bondois-giorgio> [accessed 07.11.2019].

2 Si veda s.v., ‘Bonduà, Virgilio’, in Bollettino ufficiale, anno VII, 1929, 6 settembre, p. 4442.

3 Si veda s.v. ‘Marpicati, Arturo’, in A. Frappani, Enciclopedia Bresciana, <http://www.enciclopediabresciana.it/enciclopedia/index.php?title=MARPICATI_Arturo>, [accessed 07.11.2019].

4 «Gli è che non ho potuto farmi la barba e le idee ne soffrono, duran fatica a venire. C’è un intimo rapporto tra i peli della barba e le idee… Almeno così sostengono alcuni psicologi sperimentali» (V. Bondois, I tre delitti di Barbablù, Livorno, Giusti, 1920, p. 65).

5 <http://colonnelibri.it/libri/40290> [accessed 07.11.2019].