Giosetta Fioroni. Profilo

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Giosetta Fioroni, foto di Enrico Minasso

Giosetta Fioroni (1932), pittrice italiana, scultrice, fotografa, regista e anche scrittrice, è un’instancabile artista che vive a Roma, la sua città natale. La vocazione all’arte è di famiglia; il padre scultore e la madre che dipingeva e faceva teatrini e marionette la vuole artista. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Roma dove diventa allieva di Scialoja grazie al quale conosce Burri e l’Informale materico, le esperienze d’oltreoceano di Rauschenberg e Pollock, il cinema americano di Buster Keaton, ma anche il teatro francese e le avanguardie russe, Diaghilev e Stanislavskij.

Partecipa alla VII Quadriennale di Roma del 1955 ed è presente l’anno successivo alla XXVIII Biennale di Venezia. Nel 1957 è Emilio Vedova che tesse parole di elogio per i suoi dipinti astratti, «un’antipittura esistenziale», in una lettera inclusa nel catalogo della sua prima mostra a Milano.

Nel 1958 Fioroni frequenta l’amico Cy Twombly, pittore che, ispirato dalla mitologia classica e dal genius loci della Città Eterna, riempie di frasi, scritture e segni i suoi quadri di puro bianco; calligrafie di grande valenza estetica, nervose e incomprensibili ma raffinate e malinconiche, un pittore attento alla scrittura come lo sarà la stessa Fioroni che in quegli anni abbandona l’informale.

Lo stesso anno, mentre tutti guardano New York, Giosetta Fioroni parte per Parigi. Vivrà nella capitale francese fino al 1962. Qui conosce Tristan Tzara e gli altri dadaisti, respira l’aria del Surrealismo, si lascia incuriosire dal Nouveau Realisme e dal Neocubismo, incontra pittori, certo, ma è da sempre attratta dalla parola e dalla sua potenzialità iconica, così frequenta filosofi, scrittori e poeti, molto meno critici d’arte. Pierre Klossowski, Giancarlo Marmori, Samuel Beckett, Germano Lombardi sono gli amici che incontra nei caffè di Parigi, città che accoglie pure una sua personale.

Roma la richiama nel 1963. Nella sua città ritrova subito un luogo d’appartenenza, intimo e familiare, il Caffè Rosati, dove nasce la Scuola di Piazza del Popolo. I suoi compagni di viaggio sono adesso Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, ma anche Mimmo Rotella, Jannis Kounellis, Pino Pascali, Renato Mambor. Si incontrano tutti alla galleria La Tartaruga di Plinio de Martiis, che ospita in quegli stessi anni i lavori di Kline, Rothko, De Kooning e Rauschenberg, Afro, Consagra e Capogrossi. Tra quelle vie, in quei caffè, si intrattengono anche poeti, scrittori, registi: Bertolucci, Bellocchio, Pasolini. La pittura si fa con colori industriali che imitano argento e oro, ospita segni e scritte, simboli che sembrano apparire o cancellarsi; richiama il cinema e si nutre di letteratura.

Giosetta Fioroni, 1966, foto di Elisabetta Catalano

A Roma Giosetta Fioroni recupera la storia e le radici, ma assorbe anche molte novità; cita i grandi italiani dell’Arte (Botticelli, Simone Martini, Carpaccio) e inventa i ‘Quadri d’argento’: texture metalliche di volti sconosciuti e anonimi della vita moderna, ritratti emblematici anche di un’Italia rurale spazzata via dalla incalzante deriva televisiva, con i quali, invitata da Maurizio Calvesi, approderà alla Biennale di Venezia del 1964 (la Biennale della Pop Art).

Nel 1968 inaugura, con La spia ottica, la rassegna Teatro delle Mostre alla Tartaruga di Plinio De Martiis; una performance intima e familiare che ispirerà all’artista anche opere successive, fatte di teatrini e casette di legno dipinto che ricordano la sua infanzia .

Dal teatro al cinema il passo è breve. L’anno precedente aveva realizzato quattro brevi film che raccontavano ancora del suo intimo mondo come alcuni titoli suggeriscono: La solitudine femminile; Goffredo.

L’argento ritorna tra gli orizzonti familiari dei Paesaggi d’argento, disegni degli anni settanta, e il paesaggio, come segno, lo ritroveremo smaterializzato nel Quadro di luce: installazione di uno skyline proiettato su una tela bianca.

Giosetta Fioroni, Ritratto di Goffredo Parise, 1966

Compagna di Goffredo Parise dal ’64, rimarrà al suo fianco fino alla morte avvenuta nel 1986. Si tratta di un intenso sodalizio intellettuale e affettivo: Goffredo diventa soggetto del suo dipingere e Giosetta prepara la copertina dei suoi Sillabari.

In mezzo alla campagna veneta intorno a Treviso, dove il compagno ha acquistato nel ’70 una casa immersa nel bosco, studia le fiabe, scopre Vladimir Propp, compone Gli spiriti silvani: disegni e collages, storie magiche di fate ed elfi ispirate da quel paesaggio bucolico, confluiti poi in una mostra nel ’74 (alla galleria De’ Foscherari di Bologna) e nel 2001 in un libro, Patanella Dreams, con disegni di Fioroni e poesie di Franco Marcoaldi.

Non ha mai abbandonato la fotografia e nel 1976 compone Atlante di medicina legale, in cui – nelle immagini fotografiche – l’artista incastona scrittura e segni che identificano, commentano e raccontano i temi del travestimento, l’assurdo che inquieta il genere umano e che, stridente, lo attrae.

La letteratura e la poesia sono già presenti fin dal periodo parigino ma è in Italia che la relazione si intensifica con la frequentazione assidua di tanti scrittori, i poeti del Gruppo 63, Balestrini e Arbasino, oltre Parise, Penna, Ceronetti, Zanzotto, Moravia, Montale, con cui intreccia amicizia e collaborazioni editoriali.

Fra i tanti progetti ‘letterari’ è possibile annoverare un fitto elenco di opere, che attestano la consuetudine con le ragioni e il mestiere della scrittura: Vita con Pepote (1987); Ozio (1989); Tapestry: psiche metapsiche e guerre stellari (1992); Dossier Vado, ricordi figurativi della cosa di Cesare Garboli (1993); Marionettista, Guido Ceronetti e il Teatro dei Sensibili secondo l’alchimia figurativa di Giosetta Fioroni” (1993); Fra’Martino suona il liuto alla locanda dello struzzo (1998); Caro Duddù, due lettere di Goffredo Parise e Raffaele la Capria (1999); I miei cani con testi di Amitrano e Marcoaldi.

Con Arbasino pubblica Luisa col vestito di carta (1978); con Ceronetti, Mystic Luna Park (1988) e Amor di Busta (1991). Dal sodalizio con Zanzotto nascono Attraverso l’evento (1988) e Meteo (1996) e dipinto ispirato Galateo nel bosco, un dialogo mai spento e in realtà sempre vivo nell’artista, tra pittura e poesia. As time goes by (1989) è il frutto del dialogo con Sandro Viola e Guappo e altri animali (2003) e Colapesce (2008) trovano origine nell’incontro con Raffaele La Capria. Ma ha anche conosciuto e frequentato altri scrittori che hanno lasciato tracce più o meno visibili nelle sue opere. Presso l’editore Corraini di Mantova, Giosetta Fioroni disegna Fisionomie (2001) ricordando Shakespeare; scrive quello che Succede a Roma con Elisabetta Rasy (2004); Diario di un incontro (2012), che è la raccolta dei suoi incontri; colleziona oggetti come Talismani (2012); racconta la sua storia in My story, la mia storia (2013); e continua a offrire ai lettori i suoi Sogni e incubi in frammenti (2015).

I suoi lavori e i suoi pensieri viaggiano da New York (L’Argento 1956-1976, a cura di Claire Gilman, Drawing Center di N.Y., 2013) a Catanzaro (Giosetta Fioroni, Roma anni ’60, Catanzaro, Museo MARCA).

Onirica e surreale, come testimoniano le fotografie di Marco Delogu nel progetto a quattro mani nel L’altra ego (2012), nell’immaginario taccuino dei suoi pensieri c’è sempre stato il desiderio-volontà di un plurilinguismo che ha le forme e i colori del teatro, della fotografia e del cinema, ma anche, della letteratura, della poesia, della scrittura, del segno grafico che si mescola a oggetti reali e rappresentati, della strada e della casa; malinconici ma sempre affettivi e veri, capaci di diventare iconotesti, pittura come scrittura, come nel suo sempre amato Klee. E lo fa e continua a farlo senza mai diventare illustratrice rimanendo invece pittrice, complessa sì ma caleidoscopica.

Giosetta Fioroni in L’altra ego (2012), foto di Marco Delogu