Luce, suono, spazio, tempo: gli ultimi lavori di Saburo Teshigawara

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Negli ultimi anni l’Europa ospita sempre più frequentemente le creazioni di Saburo Teshigawara, l’artista che qualche anno fa suscitò un certo scalpore e curiosità per una sua coreografia danzata su frammenti di vetro (Glass Tooth, 2006, vista a Romeuropa Festival nel 2009). Non si trattava di un facile effetto giocato sul filo del rischio, ma della tappa di un percorso di ricerca perseguito con coerenza, nell’instancabile rimessa in questione degli esiti raggiunti. Lo dimostrano le ultime creazioni presentate nel nostro paese, in Francia (Parigi ha visto le sue coreografie danzate dall’Opéra – Darkness is hiding black horses –, nel novembre 2013, mentre a maggio il tour francese ha toccato Chaillot, La maison du Japon de Paris, La maison de la Culture, Nîmes, il Festival di Marsiglia) in Germania, con una performance, di cui diremo, alla Ruhrtriennale di Heiner Goebbels. Partecipazioni significative non solo per una semplice questione di risonanza internazionale, ma perché quasi sempre si tratta di nuove creazioni, dunque di progetti ad hoc, quando non pensati (o ri-pensati) specificamente per il luogo. E spesso inseriti in contesti aperti alle interazioni tra le arti, piuttosto che strettamente legati al mondo della danza. È questo il paesaggio in cui si inserisce anche l’iniziativa “Sculture d’aria”, un seminario previsto a Padova il 19 ottobre, durante il quale il coreografo dialogherà col pubblico, esplicitando le intime correlazioni fra materie e linguaggi diversi alla base dei suoi ‘testi’.

Il motivo del vetro in frammenti addita diverse coordinate che orientano il mondo di Saburo: la segmentazione di un oggetto (così come avviene per il movimento, concepito come successione di istanti reali ed evanescenti) segna la scansione del tempo, ma anche la metamorfosi della materia. Metamorfosi in questo caso amplificata e letteralmente riverberata in virtù della luce, che nell’interazione con la trasparenza della materia crea un flusso ininterrotto di immagini. I passi che calpestano i vetri rotti, riducendoli a polvere, sono gli ‘strumenti’ che producono il suono, parte integrante della composizione visiva. La musica per Teshigawara rende percepibile, così come fanno le sequenze del movimento, la relazione tra il farsi corpo della presenza e il suo svanire.

È uno dei motivi sottolineati dal coreografo in occasione della sua recente partecipazione alla Biennale Danza diretta da Virgilio Sieni. Cerchiamo di rievocare quanto visto a Venezia.

Il titolo, nella sua essenzialità, è come sempre significativo: Lines, linee. Traiettorie di luce che orchestrano lo spazio in orizzontale, in verticale e sul piano scenico; le righe del pentagramma su cui si alternano le note musicali; le righe della scrittura ma anche i versi della poesia; le linee del corpo che si diffondono nello spazio ma anche i confini che separano l’interiorità dall’esterno. La molteplicità delle accezioni di questo termine offre a Saburo Teshigawara l’occasione per una serie di sottili variazioni sul tema. In senso quasi letterale, dato che la violinista Sayaka Shoji è parte integrante, insieme a Rihoko Sato e allo stesso Teshigawara, della nuova creazione per la Biennale. La presenza di un musicista in scena è un elemento inconsueto nelle opere dell’artista giapponese e a prima vista può sembrare invadente rispetto all’insieme della creazione (rischio di cui l’autore è consapevole). Ma forse non è così.

È lo stesso artista, in un breve scritto poetico riportato nel foglio di sala che accompagna lo spettacolo, ad indicarci i motivi attorno a cui ha preso forma questa composizione.

 

Il movimento del corpo è figura che scompare
il movimento è il continuo perire del corpo che scompare
linee invisibili compaiono.
In musica, lo scomparire di una nota permette alla successiva di comparire.

 

Non utilizziamo casualmente la definizione di ‘artista’ anziché di coreografo – perché siamo dell’avviso che l’essere impegnato su diversi fronti dell’espressione artistica sia una modalità che intride in profondità il lavoro di Teshigawara. Pittore, disegnatore, autore di installazioni e di film, egli concepisce lo spettacolo nella sua globalità, curandone le luci, i costumi, i materiali scenici, le scelte musicali.

In tutti i suoi lavori Teshigawara indaga le relazioni tra presenza e assenza e mira a tradurre in espressione visibile la sua idea del movimento del corpo come successione di istanti perituri. Una ricerca che ha come nucleo centrale la qualità interiore del movimento e il rapporto tra visibile e invisibile, declinato sul filo di una interrogazione sulla dimensione del tempo. «Scultore dell’effimero» (come lo ha definito Agathe Poupeney in una recente intervista in occasione del già citato Darkness is hiding black horses), Teshigawara trae ispirazione dai motivi del silenzio, dell’ombra, della poesia, del tempo e delle sue manifestazioni in relazione alla nostra percezione – nella lentezza o nella velocità.

I mezzi di cui si serve per confrontarsi con questi grandi temi trovano il loro comun denominatore nell’elemento della transitorietà, del passaggio di stato o di condizione atmosferica, della fluidità: l’aria, il fumo, il vapore, la luce e l’ombra, ma anche materiali trattati nelle loro differenti condizioni come la sabbia e lo specchio; o ancora il vetro di cui si è detto.

©Akiko Miyake

Nel caso di Lines la materia prima di confronto è la musica, nella figura e nell’interpretazione della violinista. Dal corpo, dalle braccia, dallo strumento della musicista «accade» il tempo: la violinista sembra allora essere pensata non tanto come presenza drammaturgica, quanto come ‘figura’ che allude all’intenzione di rendere visibile il manifestarsi del tempo «sempre in movimento attorno al corpo», tempo che «nasce dall’interno del corpo» (dal programma di sala).

Per l’artista giapponese la danza è dimensione del presente ma tesa verso il futuro, un tempo nuovo che il danzatore sente costantemente accanto a sé. Piuttosto che con la creazione di forme, la creazione del movimento ha per lui a che fare con un interrogativo circa la propria presenza nel mondo.

In questo senso va letta la sua riflessione sul nero, sull’oscurità, sull’ombra, declinazioni diverse del rapporto che la luce intrattiene con le forme visibili agli occhi (ricordiamo anche il lavoro di ricerca e di creazione coreografica condotto da Teshigawara con i ciechi). Il nero è il colore della luce che costituisce il Leitmotiv delle sue creazioni, basti pensare a titoli come Black water, Eclipse o Darkness is hiding black horses. Nel programma di quest’ultimo ritroviamo in exergo una citazione da Pierre Soulages: per il pittore francese ciò che si vede nei suoi quadri «non è il nero, ma la luce riflessa dal nero, trasformata dal nero, trasmutata dal nero».

Allo stesso modo in cui il nero non è assenza di luce ma un colore della luce, così il silenzio è una modalità di espressione del suono. Lines, ispirato al tema della musica, inizia nel silenzio: Saburo, in posizione arretrata a destra, entra ed esce dalle linee orizzontali dei tagli di luce che scandiscono lo spazio e il piano scenico. Nella penombra della scena d’apertura solcata da linee luminose orizzontali, pendono dalla soffitta ripiani quadrati sospesi da fili attaccati ai loro angoli, occupando la parte sinistra del quadro visivo. Dallo stesso lato avanza in proscenio la violinista, investita da un cono di luce abbastanza definito ma non nitido, come se i fasci luminosi ospitassero sempre una parte umbratile.

Quindi entra in scena Rihoko Sato: il movimento velocissimo e fluido sembra scompaginare le linee: percepiamo l’impossibilità del nostro sguardo a fermare l’immagine, sottoposta ad uno sfarfallio simile a quello della luce, dato dal movimento vorticoso delle braccia. L’inafferrabilità dell’immagine, sensibile ad una sorta di vento fatto di luce, sembra rispondere all’intenzione di visualizzare il tempo e ci appare come l’equivalente del fumo o del vapore presenti in altri spettacoli, sostanze consistenti ma immateriali.

In un terzo momento i due danzatori si muovono insieme sul palcoscenico, ma separati come se agissero entro sfere diverse di spazio e con qualità di movimento differenti. Anche la luce coesiste entro dimensioni diverse: i tagli dalle quinte, che disegnano un pentagramma su cui si muovono le ‘note’ dei corpi, dialogano con la luce diffusa, per esempio quella che scende dall’alto in coni molto allargati, dai contorni non definiti; i corpi dei danzatori intersecano lo spazio di luce e creano ombre molto definite che ne ridisegnano i profili.

I quadrati, sorta di leggii per gli spartiti musicali, scendono dall’alto: supporti di possibili partiture ma anche di parole non pronunciate – danzate e suonate. L’oggetto scenico, il quadrato, che in diversi momenti rimane nella penombra e lascia intravvedere solo il profilo (le linee), sembra essere funzionale a costituire il supporto dei fili che lo reggono: altre lines, che verticalmente catturano la luce, formando una serie verticale che dialoga con quella orizzontale dei tagli e con le strisce al suolo.

Tutto lo spettacolo si muove su segni minimi, a differenza della ‘monumentale’ partitura musicale composta da brani di Bach, Bartok, Biber. L’unico accento forte è costituito dal momento in cui la danzatrice si gira verso il fondale, in controluce, e la scena rimane quasi completamente al buio. Si ‘spengono’ le linee e la luce illumina la sala.

La stretta relazione con la musica, di nuovo accompagnata dalla scelta di interagire con un musicista in scena, connota anche l’imminente appuntamento italiano con Saburo Teshigawara, il prossimo 18 ottobre, al Teatro Comunale di Ferrara: Landscape (parte del programma Focus Japan). In scena Francesco Tristano al pianoforte.

©Bengt Wanselius

Possiamo intuire che tanto il motivo del paesaggio, concezione di un ambiente che tesse insieme luce, corpi, figure, quanto quello del silenzio (tra le musiche, oltre alle Variazioni Goldberg di Bach e a composizioni dello stesso Tristano, In a Landscape di Cage) non saranno dei pretesti tematici ma andranno ad aggiungere questa nuova creazione al percorso a cui facevamo riferimento in apertura.

Ci sembra che la scelta di lavorare a livello concettuale sulle condizioni liminari, dall’equilibrio instabile, come territorio da cui prende vita la creazione, stia in stretta relazione con l’esito coreografico: ai movimenti del corpo infinitesimali, che lo scompongono in segmenti, fanno da controcanto movimenti fluidi, di un danzatore ‘allo stato liquido’. Nel caso di Lines queste due modalità di movimento corrispondono alla performance di Teshigawara (segmentazione) e di Rihoko Sato (fluidità).

Gli opposti sembrano convivere senza contraddizione in virtù di una visione del mondo che è manifestazione di stati di passaggio, dove anche l’assenza (di suono, di materia, di segni) è, come nella musica, modalità essenziale di tale fluire ritmico, simile al respiro richiesto al danzatore.

Le diverse qualità di ‘presenza’ sono più evidenti in Eyes off, proposto nella sezione Aura della Biennale di Venezia, entro cui diversi coreografi hanno scelto un’opera d’arte come frammento d’ispirazione per la coreografia; sin dal titolo – nella traduzione proposta dal programma «occhi senza sguardo» – è leggibile la continuità con i motivi cari a Teshigawara: l’assenza, l’oscurità, il transito delle cose dal visibile all’invisibile. L’opera ispiratrice è La Nuda di Giorgione; ma come dichiara l’artista, lo spazio della Sala delle Colonne a Ca’ Giustinian è stato determinante nel dare forma al lavoro, innescato dalla sensazione di incompletezza dello spazio e di fragilità.

Riandiamo al pensiero di Teshigawara sul presente. Lo stato attuale della Nuda, il suo esistere per frammentarie particelle di pigmento, in una condizione non integra, sembra rispondere e trovare consonanza nella poetica dell’artista giapponese. La descrizione dei diversi ‘passaggi’ riportata nel programma di sala ritorna sui medesimi motivi:

Cornice in dissolvenza – Dissolving Frame / Corpo in evaporazione – Evaporating body / Tempo che evapora – Time evaporates. Danza e pittura come una forza vitale che trasforma la sua forma attraverso il tempo – Dance and painting as a life force transforming its form through time.

Gli spettatori prendono posto sul lato lungo della Sala delle Colonne, spalle alla laguna, frontalmente rispetto allo spazio che sarà occupato dalla luce e dal movimento. La sala è penetrata da debole luce diffusa; si crea una gradazione di penombra di diverse intensità: la penombra ‘più chiara’ è luce naturale che filtra da sinistra. Teshigawara entra in questa scena priva di ogni artificio senza che avvengano mutazioni a livello luministico: danza nella luce della penombra. Successivamente verrà sfruttata la luce del grande lampadario a plafoniera dai vetri di Murano al centro dello spazio, che si accende debolmente e poi gradualmente crea una luce omogenea. A questa si alternerà quella proveniente dalle fonti non visibili lungo il cornicione della sala.

L’artista non ritaglia un quadro visivo all’interno del luogo, bensì lo riempie senza scarti, utilizzando sia lo spazio centrale che quello intorno alle colonne, indipendentemente dalla visibilità dei corpi dei performer agli spettatori, che percepiscono prima di tutto l’interazione di spazio e movimento, anche nei momenti di ‘assenza’ (o di presenza invisibile).

Rihoko Sato mantiene una qualità dinamica molto fluida rispetto a Teshigawara Saburo, che invece fa a pezzi il movimento, a volte producendo un effetto meccanico dai tratti ironici e grotteschi. Il movimento di Rihoko avvolge e sembra inghiottire lo spazio, quello del coreografo è tutto rivolto verso l’interiorità (i piedi ruotati verso l’interno, in bilico sul dorso esterno producono un senso di precarietà, di continuo scarto).

Dopo una decina di minuti (la performance ne dura una ventina) la figura della danzatrice viene inquadrata da un rettangolo di luce, ritagliato nella luce della sala; la stessa composizione ritorna nel momento finale, ma con un contrasto accentuato: la figura nera, lineare e flessuosa, viene incorniciata entro un rettangolo di luce (forse l’unico intervento luministico ottenuto grazie ad un dispositivo non in dotazione della sala), evidente allusione all’opera ispiratrice di Giorgione, ma in dialogo con il nuovo contesto: la messa ‘in luce’ di una presenza alla quale risponde silenziosa la figura immersa nel buio dell’artista (il pittore?) scalfito quasi impercettibilmente da un bagliore luminoso.

Questo configurare immaterialmente lo spazio tramite la luce è un procedimento, variato ogni volta in modo originale, sotteso a tutti i lavori di Teshigawara. Siano i luoghi dell’allestimento deputati allo spettacolo o spazi reinventati, l’artista sembra affidare alla luce il compito di dare una forma interiore allo spazio, dimensione che non perde mai di vista le relazioni con la spazio fisico e naturale (il danzatore anglo-indiano Akram Khan riferendosi al coreografo giapponese parla di un processo che restituisce sacralità allo spazio, dentro ad una concezione, quella della scena contemporanea, che in genere ha rinunciato a questa dimensione rituale).

Succede anche in Broken Lights, opera-performance creata per la Ruhrtriennale che già nel titolo addita la doppia valenza dell’azione di ridurre in frammenti: letteralmente il vetro, ma per suo tramite la luce. I frammenti di vetro diventano dispositivi luminosi, la luce rifratta e i suoni delle schegge calpestate creano una situazione in cui «lo spazio scenico e la percezione del tempo» si trasformano senza sosta e nella «tensione tra danzatori e materiale» si aprono sguardi e «prospettive sempre nuove sul corpo e sul movimento» (dal programma del Festival della Ruhr). Sera dopo sera i vetri, che appesi compongono un’installazione nello spazio della Gebläsehalle di Duisburg, si infrangono in quantità maggiore, creando un paesaggio sempre nuovo, che porta in sé la memoria delle fasi precedenti.

SABURO TESHIGAWARA / Karas

VENEZIA – BIENNALE DANZA Mondo nuovo. Gesto, luogo, comunità 19-21 GIUGNO 2014

19 GIUGNO 2014, TEATRO MALIBRAN

LINES

Coreografia, scene, luci, costumi: Saburo Teshigawara

Selezione musicale: a cura di Saburo Teshigawara (musiche di Bach, Bartok, Biber)

Con Saburo Teshigawara e Rihoko Sato

Violino: Sayaka Shoji

Assistente Luci: Sergio Pessanha

Produzione Karas

 

SABURO TESHIGAWARA / Karas

VENEZIA – BIENNALE DANZA 21 GIUGNO 2014

CA’ GIUSTINIAN, SALA DELLE COLONNE

EYES OFF – omaggio a La Nuda di Giorgione, affresco staccato dal Fondaco dei Tedeschi, oggi alla Galleria Franchetti Ca’ d’Oro (1508)

Coreografia, luci, costumi: Saburo Teshigawara

Selezione musicale: a cura di Saburo Teshigawara (Franco Rocha e Paulo Bobone, Fragmentação em ornamento)

Con Saburo Teshigawara e Rihoko Sato

Assistente Luci: Sergio Pessanha

Produzione La Biennale di Venezia

 

Gebläsehalle Duisburg – Ruhrtriennale – 12/21 settembre 2014

Saburo Teshigawara

BROKEN LIGHTS /Tanzperformance

Coreografia, scene, luci, costumi: Saburo Teshigawara

Con Saburo Teshigawara, Rihoko Sato

Produzione KARAS e Ruhrtriennale. con il sostegno della Agency for Cultural Affairs, Government of Japan 2014

 

Ferrara, Teatro Comunale, 18 ottobre 2014

SABURO TESHIGAWARA / Karas

LANDSCAPE

coreografia, scene, luci, costumi, selezione musicale: Saburo Teshigawara


pianoforte: Francesco Tristano (estratti da J. S. Bach Goldberg Variations, J. Cage In a Landscape,
F. Tristano Hello, Nach Wasser noch Erde, Higashi)


con Saburo Teshigawara, Rihoko Sato

 



Produzione Karas
distribuzione International Music and Arts