3.1. «Con parole mie»: esperienza e metodo per un format audiovisivo sulle scritture del sé*

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«Perché non scrive della sua vita?» «Perché la conosco». «Ma gli altri no, solo giornalisticamente». «Allora dovrei farla diventare addirittura una storia. Francamente trovare idee per la mia vita mi sembrerebbe troppo, avendola anche vissuta» (Valeri 2010, p. 3) [fig. 1]. Si apre così l’autobiografia di Franca Valeri, Bugiarda no, reticente (2010), testo sul quale ho deciso di basarmi per la costruzione di un format audiovisivo dedicato alle scritture delle attrici [fig. 2]. L’idea che mi ha guidato è stata quella di creare un prototipo di video-ritratto che potesse funzionare come pilot di una vera e propria serie di video-saggi a partire dai testi autobiografici delle dive italiane indagati all’interno del PRIN DaMA – Drawing a Map of Italian Actresses in Writing. In questo testo cercherò quindi di interrogare la mia pratica audiovisiva tracciando i contorni delle mie scelte estetiche e stilistiche.

 

1. Il doppio come trama audiovisiva

La scelta è ricaduta sul testo di Valeri per un’interessante caratteristica che lo posiziona immediatamente in una cornice ibrida tra finzione e autobiografia: per parlare di sé, infatti, l’autrice sceglie l’espediente di un’intervista giornalistica. Le domande della ‘finta’ giornalista le permettono di sollecitare i ricordi sul filo del dialogo che favorisce una narrazione per frammenti e per associazioni di tipo analogico. D’altra parte, come nota Maria Rizzarelli nel suo studio Il doppio talento dellattrice che scrive. Per una mappa delle ‘Divagrafie’, «il discrimine fra dimensione autobiografica e istanza finzionale appare estremamente labile e problematico nella scrittura delle attrici» (Rizzarelli 2021).

Lo studio di Rizzarelli ha costituito una guida preziosa nel mio lavoro di tessitura di un video-ritratto dedicato alle attrici italiane e alla loro dimensione divagrafica. Il testo, infatti, offre una salda architettura sulla quale poggiare alcune possibili direttive da seguire. Lo scopo principale di questo lavoro era quello di immaginare una possibile struttura, pur flessibile e aperta a cambiamenti, che potesse essere applicata ad ogni autobiografia presa in considerazione. Allo stesso tempo, desideravo disegnare un’estetica audiovisiva altra rispetto alle canoniche narrazioni documentarie: ho percorso dunque il crinale del doppio medium, cinematografico e letterario, sia con l’obiettivo di rendere visibile la dialettica tra il gesto e la parola dell’attrice, sia con l’intenzione di superare la logica della costruzione narrativa cronologicamente coerente, per restituire un’immagine più suggestiva della diva. Se da un lato lo scopo era quello di restituire il percorso attoriale delle autrici, dall’altro doveva emergere con chiarezza la loro vocazione letteraria secondo la categoria del «doppio talento» (Cometa 2014), che Rizzarelli applica alla complessa relazione tra scrittura e performance (Rizzarelli 2017; 2021).

Su questo doppio binario si muovono dunque i due aspetti che desidero far emergere. Nel prototipo che ho realizzato la produzione cinematografica e televisiva di Valeri – concentrata in particolare sulle due note personagge da lei stessa scritte e interpretate: la Signorina Snob e la Sora Cecioni – si intreccia con la dimensione della narrazione memoriale attraverso l’inserimento di estratti dalla sua autobiografia.

Grazie al dispositivo finzionale del dialogo con la giornalista, come accennato sopra, Valeri mette in scena un racconto per frammenti fatto di ricordi, aneddoti, riflessioni. Nella costruzione di un video che tratteggi la figura dell’attrice è allora interessante partire proprio da quelle domande che lei stessa si pone per (auto)interrogarsi e per ricostruire il proprio percorso (auto)biografico. Per dirla con le parole di Adriana Cavarero: «Ogni essere umano, anche senza volerlo sapere, sa di essere un sé narrabile immerso nell’autonarrazione spontanea della sua memoria. Non occorre, infatti, che la memoria personale sia esplicitamente sollecitata nel suo esercizio autobiografico, ossia non occorre che la memoria involontaria si faccia ricordo attivo: ciò in cui il sé narrabile trova casa, più che un consapevole esercizio di rielaborazione del ricordare, è la spontanea struttura narrante della memoria stessa» (Cavarero 1997, p. 48).

 

2. Il video-saggio come pratica di rimontaggio tra scrittura e immagini in movimento

Innanzi tutto, per poter realizzare questo tipo di prodotti audiovisivi è opportuno ricorrere a una forma ibrida, capace di incrociare i fatti documentali, le invenzioni narrative e le suggestioni veicolate dai racconti in prima persona. All’interno delle pratiche di rimontaggio, il video ritratto diviene strumento di riflessione critica sui testi presi in esame e può espandersi verso i confini del video-essay. «Si tratta di considerare l’influenza di altre pratiche che attualizzano la possibilità di una scrittura, anche analitica, per immagini, e che fanno del (ri)montaggio uno strumento espressivo in grado di illuminare, produrre significato intorno e attraverso il patrimonio di materiali audiovisivi che ci appartiene, di generare incontri e scontri dialettici fra le immagini» (Grizzaffi 2017, p. 63).

Dal punto di vista dei contenuti, è importante sottolineare l’aspetto legato alla memoria e alla narrazione che passa per i ricordi. È proprio sulla frammentarietà della memoria – «materia mutevole e viva» (Mariani 2011, p. 9), discontinua e imprecisa – che si presenta una prima opportunità di racconto. Le rimembranze intermittenti tratteggiate dalle dive-autrici possono essere restituite attraverso l’utilizzo sapiente del montaggio, o meglio, del «ri-montaggio» (Dusi e Spaziante 2018) delle immagini. Per portare avanti questo tipo di racconto è necessario attingere ad un bacino di immagini già esistenti e che riguardano, principalmente, l’aspetto divistico delle autrici. Dal momento che non è possibile avere un confronto diretto con loro (alcune sono scomparse, altre, invece, potrebbero non rendersi disponibili per un incontro), è preferibile cercare una soluzione che possa essere applicata a tutti i casi presi in esame. Non potendomi quindi affidare alle strategie della storia orale, di cui l’intervista rappresenta il modello più diffuso, ho preferito esplorare altre possibilità dove la parola e il corpo dell’attrice emergono tracciando i contorni di un possibile ritratto. Riviste, interviste, interventi televisivi dislocati nel corso degli anni e materiale cinematografico: ogni supporto audiovisivo è stato preso in esame per poter ricostruire l’immagine della diva.

Nel caso di Franca Valeri ho scelto alcuni video reperibili sul web; nello specifico, ho individuato spezzoni televisivi in cui l’attrice interpreta le sue personagge più famose, interviste più o meno recenti, brevi stralci da alcuni film che l’hanno vista protagonista; per quanto riguarda le immagini statiche, invece, la scelta è ricaduta sulle copertine dei libri da lei scritti e su alcune foto che la ritraggono in periodi diversi della sua vita [fig. 3]. Questo materiale compone il video seguendo il concetto di frammentarietà prima esposto. Fungono da ricordi, suggestioni e brevi riferimenti al passato, come se ci immergessimo in un paesaggio visivo in divenire delle sue interpretazioni. Le fotografie puntano, al contrario, a restituire un’immagine meno divistica e più vicina al percorso biografico.

Per quanto riguarda il testo scritto, per riportarlo all’interno di un video-ritratto sono necessarie cura e attenzione. Le vie percorribili sono principalmente due: il testo che appare direttamente sul video e/o la voice over. Affidare l’intero tappeto sonoro alle parole, però, rischia di generare un racconto didascalico che segue le logiche di una narrazione documentaria canonica e tradisce l’intento iniziale che è quello di comporre un’esperienza emotiva, suggestiva più che referenziale. Il sonoro, in questo caso, diventa materia delicata ai fini del ritratto. Quel che è certo è che il testo dovrà fare da contrappunto alle immagini, in una sorta di dualismo immaginario (parola/performance) che accompagna l’intero lavoro.

Nel caso di Valeri la resa dei testi avviene tenendo conto di tre diversi livelli di lettura: il video, realizzato attraverso la tecnica dello split-screen, presenta sulla destra il testo scritto e sulla sinistra un materiale d’archivio relativo a un monologo dell’attrice [fig. 4]; in voice over, però, sentiamo però le parole lette da una voce che non è la sua. L’idea è che guardando il video le parole sembrino pronunciate dalla stessa autrice.

L’utilizzo dello split-screen, così come la scelta di sfruttare video e fotografie, sono tecniche che intendono richiamare il concetto del ‘doppio’. Da una parte l’attrice e la recitazione come forma d’arte; dall’altra la scrittrice con la propria produzione letteraria. Memoria personale della diva e memoria collettiva data dal contesto culturale e sociale nel quale è inserita.

Nell’ottica di mantenere un duplice sguardo che tracci una struttura per i ritratti, e riprendendo l’operazione di pubblicazione degli incipit dei testi delle attrici, portata avanti sui canali social del progetto di ricerca DaMA – Drawing a Map of Italian Actresses in Writing [figg. 5-6], nasce l’idea di aprire il video con l’incipit dei testi e di chiudere con le ultime righe delle autobiografie, al fine di costruire una circolarità di discorso capace di rendere più immersiva la visione. Nel testo di Franca Valeri la chiusura è particolarmente calzante per l’allusione al medium visuale, che promette di cogliere della narrazione autobiografica il lato più sintetico e tuttavia, secondo l’autrice, più essenziale:

Il graffito non va nei dettagli. I nostri pittori col loro segno alludono, ma sono più chiari di un libro di storia. Se la piazzassi in questo bel sottopassaggio? La sua vita qui ci sta tutta. Quando esce sul lungotevere è finita». «Finita?» «Il graffito è un racconto. Un po’ a modo suo. Ma con un principio e una fine». Fine? Esito… «E come faccio a saperlo? (Valeri 2010, p. 103).

Bibliografia

L. Cardone, A. Masecchia, M. Rizzarelli (a cura di), ‘Divagrafie. Ovvero delle attrici che scrivono, Divagrafie, ovvero delle attrici che scrivono’, Arabeschi, n. 14, luglio-dicembre 2019, < http://www.arabeschi.it/numbers/arabeschi-n-14/ > [accessed 24 September 2021].

A. Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione, Milano, Feltrinelli, 1997.

M. Cometa, ‘Al di là dei limiti della scrittura. Testo e immagine nel “doppio talento”’, in M. Cometa e D. Mariscalco (a cura di), Al di là dei limiti della rappresentazione. Letteratura e cultura visuale, Macerata, Quodlibet, 2014.

N. Dusi, L. Spaziante, ‘Editing is anything: pratiche di video essays tra semiotica ed estetica’, Cinergie, 13, 12 luglio 2018.

C. Grizzaffi, ‘And Now For Something (Not) Completely Different: approcci videografici allo studio e all’analisi del film’, Cinergie, 13, 12 luglio 2018.

C. Grizzaffi, I film attraverso i film. Dal testo introvabile” ai video essay, Milano, Mimesis, 2017.

L. Malavasi, ‘Fare cosa, con quali immagini?’, Cinergie, 11, 11 giugno 2017.

M. A. Mariani, Sull’autobiografia contemporanea, Roma, Carocci, 2011.

M. Rizzarelli, ‘Il doppio talento dell’attrice che scrive. Per una mappa delle “divagrafie”’, Cahiers d’études italiennes, 32, 2021.

M. Rizzarelli, ‘L’attrice che scrive, la scrittrice che recita. Per una mappa della diva-grafia’, in L. Cardone, G. Maina, S. Rimini, C. Tognolotti (a cura di), ‘Vaghe stelle. Attrici del/nel cinema italiano’, Arabeschi, n. 10, luglio-dicembre 2017, <http://www.arabeschi.it/13-/> [accessed 24 September 2021].

F. Valeri, Tragedie da ridere, Dalla signorina snob alla vedova Socrate, Milano, La Tartaruga, 2003.

F. Valeri, Bugiarda no, reticente, Torino, Einaudi, 2010.

F. Valeri, La vacanza dei superstiti. (E la chiamano vecchiaia), Torino, Einaudi, 2016.

F. Valeri, La stanza dei gatti, Torino, Einaudi, 2017.

F. Valeri, Il secolo della noia, Torino, Einaudi, 2019.

 

*  Questo articolo nasce nell’ambito del progetto di ricerca PRIN (bando 2017): Divagrafie. Drawing a Map of Italian Actresses in writing // D.A.M.A. / Divagrafie. Per una mappatura delle attrici italiane che scrivono // D.A.M.A., che vede come Principal Investigator Lucia Cardone (Università degli Studi di Sassari) e come responsabili delle altre unità coinvolte nel progetto Anna Masecchia (Università di Napoli Federico II) e Maria Rizzarelli (Università degli Studi di Catania).