Museo Laboratorio della Mente

di

     

[…] giorno dopo giorno,

anno dopo anno,

passo dopo passo, disperatamente,

trovavamo la maniera di portare

chi stava dentro fuori

e chi stava fuori dentro.

Franco Basaglia

Museo Laboratorio della mente Il Museo Laboratorio della Mente,[1] aperto al pubblico nel 2000, all’interno del Padiglione 6 dell’ex Ospedale Psichiatrico Santa Maria della Pietà, a Roma, ha visto nel 2008 l’inaugurazione del nuovo allestimento ideato dagli artisti di Studio Azzurro e dal Centro Studi e Ricerche ASL RomaE divenendo, come scrive il direttore scientifico Pompeo Martelli, un luogo che non esaurisce la sua funzione nella conservazione della memoria di un ex ospedale psichiatrico. Una parte del vecchio ospedale si converte così in luogo da esplorare, in un eccezionale laboratorio per la critica al modello manicomiale e la sperimentazione di una nuova cultura della salute mentale, già sancita con la legge 180 del 1978. La progettazione è stata affrontata con estremo rispetto dalla ‘squadra’ di Studio Azzurro, consapevole della memoria e dell’esperienza passata, e con un’attenzione particolare all’uso e al senso di una tecnologia che è parte integrante del percorso e ‘oggetto’ stesso del discorso. Si viaggia accompagnati in questo museo articolato in sette sezioni e diviso interamente da una barriera trasparente in plexiglass che condiziona il percorso, divenendo di volta in volta oggetto, supporto di proiezione, barriera, vetrina e che produce nel visitatore la sensazione di trovarsi al di qua o al di là di un ambiente, di essere ‘dentro’ o ‘fuori’.

Entrare fuori, uscire dentro: l’espressione trae ispirazione dalle parole di Franco Basaglia e, attraverso una narrazione coinvolgente, anima l’itinerario espositivo-interattivo. Appena entrati (sezione Entrare fuori, uscire dentro) si passa accanto al muro trasparente contro il quale sbattono con violenza dei corpi video proiettati che rendono tangibile l’esclusione e la disperazione generata dalla reclusione in manicomio. Seguendo il percorso, si giunge di fronte a tre stanze poste l’una accanto all’altra, con all’interno tre installazioni (sezione Modi di sentire). I visitatori possono vivere delle esperienze interattive mettendo alla prova i propri sensi e calandosi nella dimensione psicofisica di ‘paziente’: nella prima, si rievoca uno stereotipo tipico del disturbo psichico, quale è il parlare da soli a voce alta; nella seconda, mediante uno specchio che divide in due il riflesso del visitatore, si crea una distorsione temporale che ci restituisce una duplice immagine, un essere contemporaneamente qui e altrove; e nella terza, attraverso degli imbuti elettronici appesi al soffitto che fanno piovere le voci dei visitatori che avevano parlato nella prima stanza, si attiva la percezione di essere assediati da frasi sconnesse che si reiterano e non si possono né fermare né controllare. Attraverso un’esposizione silenziosa di venticinque ritratti (sezione Ritratti), eseguiti negli anni trenta dallo psichiatra Romolo Righetti, si accede alla fase seguente (sezione Dimore del corpo) che prevede la simulazione delle posture tipicamente attribuite al disagio psichico. Ci si potrà sedere di fronte alla macchina fotografica che veniva utilizzata per schedare il paziente e si verrà a propria volta fotografati e schedati, per poi ritrovare la propria foto, insieme a quelle degli ex-pazienti, su una lavagna-monitor su cui si visualizzano brevi racconti.

Museo Laboratorio della mente

L’attivazione avviene riproducendo il tipico dondolio posturale del disagio mentale. Si potranno ‘sentire le voci’, che verranno azionate dal visitatore stesso nel momento in cui poggerà i gomiti su di un tavolo interattivo e stringerà le mani sulle proprie orecchie. Si entra a questo punto nella stanza nella quale i pazienti trascorrevano l’intera giornata, denominata sorveglianza (sezione Inventori di mondi), allestita per raccogliere alcune prove artistiche di coloro che hanno avuto modo di dare forma alla loro libera espressione, come Oreste Fernando Nannetti e Gianfranco Baieri. Il primo – attraverso dei graffiti realizzati nell’arco di quindici anni con la fibbia della divisa da paziente su di un muro (di centottanta metri) dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Volterra – ci racconta di voli nello spazio, di personaggi fantastici, di collegamenti telepatici e di tanto ancora; l’altro, con la tecnica del puntinato, dipinge orologi, metafore dell’unico tempo possibile, nel non-tempo che si viveva in manicomio.

Questi rari episodi di libertà concessa rendono ancora più marcata la contrapposizione con gli ambienti (sezione Istituzione chiusa) della ‘fagotteria’, nella quale venivano raccolti e chiusi (in un fagotto, per l’appunto) tutti gli averi personali dei pazienti; dello studio medico e della farmacia; della stanza con il letto di contenzione e della sala in cui si consumavano i pasti, dove, attraverso un tavolo reso interattivo, toccando degli oggetti posti sopra, si attivano i documenti filmati, con contributi di Sergio Piro, Franco Basaglia e Tommaso Losavio e le testimonianze di infermieri ed ex pazienti. Studio Azzurro ci mostra infine (sezione La fabbrica del cambiamento) un manicomio capovolto attraverso il ‘volo’ di numerose suppellettili che si poggiano sulle pareti e ci ricorda (attraverso un calendario interattivo) l’importanza del lavoro di Basaglia e della Legge 180.

Multidimensionalità e multisensorialità conferiscono a questa esperienza una forte carica emotiva. Il visitatore giunge a una progressiva assunzione fisica del tema del disagio mentale e, una volta ‘(ri)entrato fuori’, potrà continuare a riflettere sui concetti di emarginazione e di integrazione. Nel Museo Laboratorio della Mente la diversità viene riconosciuta e legittimata, e la memoria si arricchisce e si sfaccetta divenendo formazione, discussione, progettazione, crescita. Patrimonio di ciascuno.


1 Gli scatti sono stati realizzati il 15 maggio 2012 presso il Museo Laboratorio della Mente per gentile concessione del Direttore Dott. Pompeo Martelli.