Roberto Kusterle, Il corpo eretico

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Si intitola Il corpo eretico/The Heretic Body la prima esposizione antologica di Roberto Kusterle, pittore, autore di installazioni, fotografo e co-regista di video sperimentali, nato nel 1948 a Gorizia, dove vive e lavora. Promossa dal Comune di Pordenone in collaborazione con l’associazione culturale “Venti d’Arte” (Udine), la mostra si è tenuta dal 18 aprile al 9 agosto 2015 alla Galleria “Harry Bertoia” di Pordenone. Curata da Francesca Agostinelli e Angelo Bertani, è stata accompagnata da un catalogo edito dalla medesima associazione e a cui ha collaborato anche Stefano Chiarandini: vi compaiono testi di studiosi di diverse discipline, dalla geografia all’antichità classica, fra i quali Pier Aldo Rovatti e Guido Cecere.

Punto d’incontro tra categorie concettuali, come la sua città lo è tra culture, l'opera di Kusterle mescola e ricrea generi artistici e pratiche discorsive. La sperimentazione nelle arti visive, che coltiva dagli anni Settanta e che ha da tempo valicato i confini nazionali (Premio per la miglior mostra fotografica in Slovenia nel 2006, selezione al Festival International “Jean Rouch” a Parigi nel 2009), lo ha condotto a eleggere la fotografia come sintesi ultima di una elaborazione plurima e complessa, frutto di una visione eterodossa che invita a superare gerarchie e classificazioni fra animali (umani e non umani), piante, minerali, presenze del cosmo in generale, per ‘abbracciare’ una prospettiva ecocritica. Così, mentre la serie intitolata L’abbraccio del bosco disvela profonde interdipendenze fra esseri umani, vegetali e pietre, non può stupire che la produzione del goriziano si componga di cicli ‘aperti’, che possono accogliere nel tempo nuove opere, in quanto le indicazioni cronologiche valgono soltanto come riferimento al periodo di elaborazione del nucleo principale.

 Roberto Kusterle, Preghiere, dalla serie L’abbraccio del bosco

La tematizzazione delle interdipendenze e il carattere ‘inclusivo’ delle serie, che rende al contempo processuali e strutturali tali interdipendenze, hanno indotto i curatori della mostra a disegnare un percorso plurivoco: gli itinerari possibili si intrecciano e rinfrangono da una parete all’altra, da un locale all’altro (con l’eccezione dei video e di L’abbraccio del bosco: quest’ultima, soprattutto, ha richiesto una sala più appartata). Le fotografie, in grande formato, dai colori terrosi, propongono un incontro a dimensioni naturali, fortemente empatico, con lo spettatore.

La mostra raccoglie i lavori più rappresentativi del percorso di Kusterle, a cominciare dal ciclo presentato nel 2003, I riti del corpo, dove è il corpo, appunto, a mediare fra esseri umani e altri animali, consentendo uno scambio di parti (testa, occhi, capelli) che accentua la continuità e attenua le differenze. Nonostante il titolo sembri di primo acchito rimandare a uno studio di natura antropologica, le fotografie invitano a oltrepassare la visione antropocentrica di dominio e sfruttamento della natura.

 Roberto Kusterle, Lenti a contatto, 2004, dalla serie I riti del corpo

Anakronos (2004-2006) è il titolo della serie successiva. Esplorando in chiave visionaria gli esterni del paesaggio goriziano, in una dimensione temporale indefinita e sospesa, essa rivela dialoghi e influssi reciproci tra soggetti umani e non. I cinque cortometraggi indipendenti ideati e realizzati con il film-maker Ferruccio Goia negli anni 2008 e 2009 – anch'essi in visione a Pordenone – elaborano gli stessi motivi aggiungendovi spessore narrativo. Looking in the Eyes realizza in modo esemplare lo «spiazzamento» di cui scrive Rovatti nel catalogo, sovrapponendo volti e occhi stagliati nel buio, scambiando le identità e, infine, una lacrima. Homage Sv. Elizabeti Turingijski mostra il miracolo di un pane trasformato in fiore nelle mani della santa, che poi lo dissipa sfogliandolo. Il lento respiro di queste microstorie, la morbidezza dei movimenti che le caratterizzano sono anche in Dancing Water come un effetto dell’acqua: essa è il liquido amniotico in cui fluttuano arbusti e corpi umani, ma anche la lacrima che scendendo copiosa lava il viso e bagna il terreno; la carezza dell’acqua viene restituita al mondo attraverso i corpi. Stabat mater e The Last Night pongono al centro il motivo della sacralità del corpo, tanto umano quanto del paesaggio; il primo in positivo, servendosi di tonalità chiare; il secondo mostrando, fra le tenebre e gli ultimi bagliori di una fabbrica, il difficile rapporto fra lavoro umano e contesto industriale.

Con Mutazione silente, presentata nel 2009 negli Stati Uniti (dove è stata riproposta nel 2011), attraverso figure femminili composte di elementi vegetali (spighe, bacche, fiori, frutti), l'artista percorre nuovamente il tema del legame osmotico, della possibile metamorfosi – fra animali umani e non umani – che è al centro della sua poetica. Il silenzio cui allude il titolo si diffonde verso lo spettatore dall'interno delle fotografie: il senso di intimità e raccoglimento è enfatizzato da una (a volte) urtante negazione dello sguardo (in tutte le opere di Kusterle i soggetti hanno quasi sempre gli occhi chiusi), che invita a coltivare la spiritualità per sentirsi contigui e in armonia col mondo circostante: la dimensione onirica assume così un senso vitale che, rivelando la finzione, mette in gioco la realtà.

 Roberto Kusterle, dalla serie Mutazione silente

Mutabiles Nymphae (2010) allarga il repertorio tecnico aggiungendo l'elaborazione digitale all'utilizzo di emulsioni, resine, vetro, sempre all'interno di un sofisticato equilibrio formale di toni (sfumati e terrosi) e composizione. L'elemento marino rappresenta un'ulteriore novità rispetto al legame fin qui privilegiato fra terra ed essere umano (la cui pelle è spesso misteriosamente segnata con l'argilla o disegnata da strisce e macchie animali): conchiglie e polipi decorano e vestono il corpo della donna, in immagini barocche che ne sottolineano la comune bellezza.

 Roberto Kusterle, Nesea, dalla serie Mutabiles Nymphae

Subacquea e luminosa è l’ambientazione dell'ultimo ciclo di Kusterle, Abissi e basse maree: qui l'acqua, elemento interno ed esterno ai corpi, li attraversa e trasforma, avvolgendoli di rilessi ed evidenziandone le somiglianze. Sono invece similitudini minerali a ‘scrivere’ i corpi nella serie Segni di pietra (2011), dove la chiave semiotica, testuale e materica, è vistosa ed esplicita fin dal titolo. Non diversamente, La struttura delle apparenze (2012) e I segni della metembiosi (2012-2013) ribadiscono la centralità dei corpi nell'ambito di una visione ‘ecologica’ del mondo, in cui si tende sempre più ad abolire le separazioni e a valorizzare flussi e prestiti. I segni della metembiosi e Abissi e basse maree, infatti, ritrovano affinità e rispondenze anche fra gli esseri umani, senza dar peso al genere.

 Roberto Kusterle, Il conforto, dalla serie Abissi e basse maree