1.5. L’inchiesta autunnale di un papero furioso

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Luciano Bottaro, Paperin furioso, in Topolino, nn. 544 e 545, 1966

 

Tra gli esempi più noti della fortunata serie delle Grandi Parodie Disney, Paperin furioso, frutto della rinomata firma di Luciano Bottaro (autore sia dei disegni che della sceneggiatura delle 63 tavole), costituisce il secondo episodio del ‘ciclo paperingio’, inaugurato da Paperino il Paladino nel 1960. Come molte delle riscritture disneyane, questa rivisitazione delle avventure ariostesche nel mondo dei paperi presenta le caratteristiche di una perfetta decostruzione parodica. Bottaro, infatti, riesce a scomporre e ricostruire alcuni degli elementi narrativi del poema di Ariosto e a tradurli nella grammatica dell’universo fumettistico. Tale opera di transcodificazione, narrativa e visiva, fa sì che il lettore che meglio conosce le ottave del Furioso, ma anche le sue trasposizioni iconiche, possa attraversare le pagine del fumetto scorgendo in filigrana le tracce dell’ipotesto letterario e della lunga serie delle sue interpretazioni figurative. La lettura del Paperin furioso si trasforma così in una sottile sfida volta a ritrovare le allusioni al testo ariostesco e alle sue visualizzazioni che l’ingegnoso autore ha disseminato nel secondo capitolo delle avventure cavalleresche di Paperino, interamente incentrato sul protagonista che dà il titolo al fumetto e sulla sua follia amorosa (tralasciando dunque gli altri fili narrativi intessuti da Ariosto).

La storia prende le mosse da una riunione in campagna della ‘parentela dei paperi’: Paperino e Ciccio, sottraendosi alla raccolta delle mele, decidono di schiacciare un pisolino sotto una quercia. Per punire la loro pigrizia la strega Nocciola trasforma la pennichella dei fannulloni in un’avventura onirica ai tempi di Papero Magno. Due topoi della tradizione letteraria, la magia e il sogno come viaggio nel tempo, sono dunque i primi elementi coinvolti nel travestimento parodico e danno avvio all’avventura di Paperino in un altrove cavalleresco. La scelta del protagonista pennuto al quale affidare l’impresa coglie un tratto essenziale dell’eroe a cui si ispira: il conte Orlando, prima ‘innamorato’ e poi ‘furioso’, sottoposto da Boiardo e da Ariosto a un abbassamento ironico che evidenzia i tratti umani dell’eroe, è qui interpretato dal goffo e imbranato Paperino. Come terrà a sottolineare egli stesso in preda al ‘furore e matto’: «Sarò svitato … ma non tollero che mi si chiami fortunato!» (fig. 1). Il nipote pasticcione e sfortunato di Paperone è dunque il candidato ideale per assumere le sembianze del conte del Furioso, che anche Ariosto aveva talvolta descritto con un’empatia venata di comicità.

Dopo la ‘canonica’ vestizione del paladino, Paperino e Ciccio, qui nel ruolo di scudiero, possono recarsi alla reggia di Papero Magno, il quale non manca di sottolineare lo scarso rendimento del paladino pennuto. Per riabilitare il suo onore, il cavaliere si avvia verso una nuova quête portando il peso della vitaccia che il ruolo di paladino gli impone: «Gira di qua gira di là, in cerca di draghi da uccidere e principesse da liberare!» – con chiara allusione alla formula ariostesca, «di qua di là, di su di giù», che indica le peripezie dei personaggi. L’inchiesta autunnale di Orlando/Paperino viene introdotta da un incontro che porta i segni di un altro episodio ariostesco, abilmente rimaneggiato da Bottaro. Come Bradamante nel Furioso si imbatte nello sconsolato Pinabello che versa calde lacrime per la sua amata sottratta da Atlante (OF, II, 34 - 40), così l’attenzione del paladino pennuto e del suo scudiero viene catturata dai lamenti di un papero infelice, il quale «parlando e lacrimando insieme» (con eco dantesca da Inferno XXXIII, v. 9: «parlar e lagrimar vedrai insieme»), narra la sorte spettata alla povera Angelica/Paperina, prigioniera del mago Basilisco. L’avventura del papero paladino ha finalmente inizio: Bottaro, per descriverla, fonde vari stereotipi dell’universo cavalleresco e diverse tessere del mondo ariostesco. Il carceriere di Paperina ricorda in modo sin troppo evidente il mago Atlante, come chiarisce il castello nel quale la principessa si trova reclusa (fig. 2), che fa riaffiorare alla memoria varie rese visive della dimora del mago (OF, II, 41 - 42 e IV, 7 - 13).

Questa chiara allusione, tuttavia, sembra essere contaminata con l’episodio nel quale Ruggiero è prigioniero sull’isola di Alcina, altro luogo frutto della magia (OF, VI, 20, vv. 7-8 - 70). Sin da principio l’ingresso di Paperino paladino nel regno di Atlante/Basilisco riattiva la memoria letteraria di quel canto del Furioso. Come il protagonista dell’avventura di formazione ariostesca, il papero deve affrontare un bislacco esercito di guardiani (fig. 3) che evoca ‘l’iniqua frotta’ con cui combatte Ruggiero prima di avviarsi verso il palazzo della seducente maga. A differenza del progenitore degli Estensi, Paperino si libera dei mostruosi antagonisti sfoderando la preziosa ‘spada che canta’ (irresistibile travestimento parodico di Durlindana), capace di intonare «canzonette» di gran moda che distraggono i «mostriciattoli». Il paladino pennuto può così proseguire per l’erta via che conduce al castello, grazie al comodo «servizio dell’avvoltoio espresso» (che riecheggia forse un altro dettaglio della descrizione ariostesca: «Erto è quel sasso sì, tale è il castello, / che non vi può salir chi non è augello», OF, II, 44, vv. 7-8).

In questo caso riaffiora un’altra tessera ariostesca: Paperino ricorda Orlando che, credendo di inseguire Angelica, si trova imprigionato nel palazzo di Atlante (OF, XII, 4, vv. 5-8 - 15); l’intarsio tra i riferimenti a vari canti del Furioso prosegue e il povero Paperino viene liberato da Nocciola, che si traveste da Nocciolo come la Melissa di Ariosto assume le fattezze di Atlante per affrancare Ruggiero dal mondo creato dalla magia di Alcina (fig. 4). Lo scioglimento dell’episodio attinge però a un altro luogo del Furioso, ossia quello in cui Atlante fa svanire il suo castello (OF, IV, 38 - 39): il palazzo di Basilisco va in frantumi (fig. 5) e rimette in libertà la bella Angelica/Paperina, come i prigionieri del mago vengono liberati in seguito alla scomparsa dell’edificio incantato.

Si conclude così il primo atto della riscrittura, al quale ne segue uno tutto incentrato sulla follia di Paperino/Orlando. La sfortuna del papero paladino vuole infatti che, dopo che il suo intervento ha condotto alla liberazione di Paperina/Angelica, la bella principessa rivolga invece la sua attenzione e gratitudine a Ciccio, che qui corrisponde a Medoro, e decida di portarlo con sé nel regno di Circassia (che sostituisce il Catai). Lo scudiero, fin troppo fortunato, è ben contento della ghiotta proposta, che, insieme alla mano della principessa, prevede anche «un regno e una rendita mensile di un milione di ducati». Tuttavia, non può partire senza aver lasciato almeno un messaggio di congedo al suo signore. Ne risulta dunque una gustosa riproposizione dell’episodio della ‘fonte infranta’ (OF, XXIII, 99 - 136), in cui Paperino/paladino non legge i nomi dei due amanti «in cento nodi / legati insieme», bensì un compunto messaggio dello scudiero che lo informa della sua partenza (fig. 6). Come nell’episodio ariostesco, la lettura è la fiamma che incendia la follia, la cui fenomenologia rispetta tutti i crismi imposti dalla tradizione, conditi da una buona dose di compiacimento ironico, che non impedisce di scorgere in queste immagini i segni di una lunga fortuna visiva, come ad esempio nella raffigurazione di Paperino/Orlando che in preda al furore «un alto pino al primo crollo svelse» (OF, XXIII, 134, v. 8; fig. 7).

Un altro sapiente slittamento rispetto alla fonte letteraria mostra il papero che, trasfigurato dalla follia, sbaraglia e incendia l’accampamento dei mori/Bassotti, come Rodomonte incendia Parigi nel canto XVI del Furioso (ottave 24 - 26). Lo scioglimento della vicenda viene affidato naturalmente a Gastolfo (Gastone/Astolfo), che su un ‘ippogrifo a razzo’ costruito da Archimede Pitagorico, anticipando l’allunaggio di Armstrong, vola sulla Luna per recuperare il senno del papero-paladino (fig. 8). L’ampolla con il senno però contiene anche la pozione con cui la fata Nocciola risveglia Paperino e lo restituisce all’allegra scampagnata.

Come in uno specchio deformante dove la parodia funziona in modo esemplare, i versi ariosteschi e le immagini a essi ispirate ritrovano grazie a Bottaro nuova vita e raccontano ancora le avventure del paladino divenuto folle per amore.

 

Edizione di riferimento 

Luciano Bottaro, Paperin furioso, in I classici della letteratura Disney, n. 12, Milano, RCS Quotidiani, 2006, pp. 97-159.

 

Bibliografia

P.P. Argiolas, A. Cannas, G.V. Distefano, M. Guglielmi, Le grandi parodie Disney. Ovvero i classici fra le nuvole, Roma, Nicola Pesce, 2013.

M. Arnaudo, L’Orlando Furioso nel fumetto italiano, in  L. Bolzoni (a cura di), L’Orlando furioso nello specchio delle immagini, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2014, pp. 611-654.

A. Becattini, L. Boschi, L. Gori, A. Sani, I Disney italiani, Battipaglia (SA), Nicola Pesce Editore, 2012.

E. Blanchet, P-M. Jamet, Bottaro. Le Maestro, Argenteuil, Bananas, 2008.

L. Boschi, Bottaro, Bologna, Comma 22, 2011.

A. Iannotta, Luciano Bottaro, Paperin furioso, in I grandi classici Disney, Milano, Mondadori, 1982, in L. Bolzoni, C.A. Girotto (a cura di), Donne cavalieri incanti follie, Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, 2012, pp. 92-93.

R. Roda, Orlando, furioso fra le nuvole (dei fumetti), in S. Parmeggiani (a cura di), L’Orlando furioso, incantesimi, passioni e follie. L’arte contemporanea legge l’Ariosto, Cinisello Balsamo (MI), SilvanaEditoriale, 2014, pp. 315-329.

The research leading to these results has received funding from the European Research Council under the European Community's Seventh Framework Programme (FP7/2007-2013) / ERC Grant agreement n. 295620: ERC Advanced Grant 2011, «Looking at Words Through Images: Some Case Studies for a Visual History of Italian Literature».