1. Possenti e Ariosto
Interprete singolare, e mai fedele illustratore dei testi letterari che ha avvicinato, Antonio Possenti ha accettato molte commissioni come si accolgono le sfide, e quella con l’Orlando furioso non è stata l’unica, feconda, provocazione gradita al maestro. La sua familiarità con la letteratura ha radici antiche: nel catalogo dell’artista si contano molte imprese che lo hanno visto dialogare con gli scrittori di ogni tempo. Ad esempio nel 1979 si confrontava con Enrico Pea e, nel 2005, con la serie Gli animali nella poesia di Giovanni Pascoli rendeva omaggio al poeta conterraneo. La raccolta di poesie di Federigo Tozzi, Bestie, ha suggerito a Possenti l’omonima serie del 2006 e, nel 2007, sono stati Giosuè Carducci e Dino Campana a suscitare, rispettivamente, la realizzazione di Tenero Gigante e Nel sogno abitato. Nel 2010, allestendo Con i libri, l’artista ha presentato un’antologia delle letture e del suo modo di fare «letteratura con le immagini»,[1] spaziando da Omero a Rimbaud, da Borges a Kafka, da Leopardi a Tobino, fino alla rielaborazione in chiave iconografica dei racconti di Edgar Allan Poe.[2]
Confrontandosi con venticinque racconti fantastici di Poe, Possenti non mette in atto i meccanismi propri dell’illustratore, e ogni immagine, sfruttando la memoria dell’osservatore /lettore, serba una propria autonomia e coerenza narrativa che sottrae l’opera pittorica all’immediata dipendenza dal testo. L’artista si pone a confronto con le opere letterarie, le traduce, non le illustra, compiendo «una operazione unitaria di trasferimento dal verbale al visivo».[3] Questa operazione di trasferimento, e di personale interpretazione deformante, è presente anche nelle tavole ariostesche che, più di altre, inscenano canovacci germinati da un serrato confronto tra l’artista e il poeta: nel rispetto della reciproca autonomia, Possenti esplora le categorie del surreale, del fantastico e dell’onirico e traduce il poema in immagini. Queste ultime, dunque, affiorano dalla materia dei sogni, o degli incubi; lo spazio del racconto è stabilito dall’intreccio cosmico delle linee, e il tempo della narrazione è modulato dall’alternanza continua e perpetua delle onde oceaniche increspate sulle carte nautiche. Con mirabile capacità di invenzione e sperimentazione tecnica, Possenti ha realizzato le sue opere senza mai allontanarsi dall’ispirazione umana e letteraria; e, partendo dalla stesura di un colore, ha ideato le forme attraverso un’attesa gestazione che, procedendo dall’indefinito, compone figure memori di molte esperienze poetiche e artistiche. Il gesto, vagando in punta di penna, approda fluido al supporto e traccia linee perennemente arcuate entro un disegno libero e ininterrotto, curvilineo e affollato. I tratti che si contorcono e si intrecciano tessono matasse inestricabili dalle cui trame emerge l’universo ironico, beffardo, malinconico e incessantemente ambiguo nel quale si muovono bizzarri personaggi che – siano essi reali, letterari, animali o vegetali – cedono tutti alla deformante evoluzione caricaturale. La trasformazione della materia poetica, ornitologica o botanica, in materia iconica, fa parte del processo creativo e conoscitivo dell’artista che, non volendo fotografare il reale, né illustrare i testi, traduce la realtà e le parole con figure spurie, subdole e veritiere che mantengono l’originario afflato lirico e serbano una spiccata ricorsività tematica. Le creature di Antonio Possenti non appartengono al reale, esse aderiscono al surreale; l’universo poetico dell’artista partecipa alla categoria del fantastico e del favoloso: per comprendere la personalità e l’operare del maestro lucchese è necessario interpellare l’immaginifico. Impossibile prevedere lo sviluppo del molteplice cosmo della sua poetica, esso prende avvio da un nucleo primigenio e accresce tramite interpolazioni non programmate. Le pause e i ritorni si susseguono all’interno di scenografie che gradualmente risolvono la cornice e compongono il racconto figurativo attraverso un linguaggio nuovo e personale, la cui grammatica regola la morfologia delle forme e ne costruisce la sintassi. La vivacità dei colori ammanta immagini grottesche, l’abito radioso veste personaggi malinconici e le figure che affiorano sono perennemente ossimoriche e atemporali, in bilico tra il mostruoso e il fiabesco, tra la cupezza e l’ilarità, tra il piacere ludico e il dolore cosciente. Ognuno di questi aspetti è ravvisabile nei dipinti e nei disegni ispirati all’Orlando furioso la cui chiave interpretativa è velatamente autobiografica.