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Orlando furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 24 settembre 2016 - 29 gennaio 2017, a cura di Guido Beltramini e Adolfo Tura

 

Nell’anno in cui ai quattro angoli del globo sono fiorite iniziative per festeggiare il cinquecentenario della pubblicazione dell’editio princeps dell’Orlando furioso, Ferrara celebra Ludovico Ariosto con una raffinata mostra presso Palazzo dei Diamanti, accompagnata da un catalogo arricchito dai contributi di eminenti studiosi del poema (Delcorno Branca, Cabani, Casadei, Dorigatti e Montagnani, solo per ricordare i principali). Il titolo scelto per questo omaggio denuncia subito la difficoltà di allestire una mostra dedicata alla prima edizione di un poema in ottave dal secolare successo. Come celebrare infatti il primo capitolo di una storia editoriale complessa e tortuosa sin dalle origini?

A dispetto del titolo, non proprio felice, l’obiettivo degli organizzatori non è assumere come punto di vista lo sguardo che Ariosto rivolgeva verso l’esterno, il mondo a lui contemporaneo; piuttosto si accompagnano i visitatori in un universo immaginario, fatto di visioni, letture, incontri, che si rivela dietro la palpebra del poeta. Dietro il sipario abbassato della pagina a stampa del poema si celano i tesori preziosi di una fantasia straordinaria di un altrettanto straordinario osservatore e lettore. Il percorso espositivo si apre, pertanto, dando spazio all’Ariosto appassionato conoscitore dei romanzi bretoni e naturalmente del poema del quale compone il sequel più riuscito, l’Inamoramento de Orlando di Boiardo. La prima e la seconda sala, come in uno scrigno riservato e prezioso, mostrano i ‘giocattoli’ che alimentarono la fantasia di quel lettore: la più antica edizione del poema boiardesco a noi pervenuta (libri I-II, Venezia, Piero de’ Piasi, 1487); il mitico Olifante, il corno eburneo riccamente intagliato, simbolo dell’eroismo del conte Orlando; una meravigliosa Sella da parata con le armi di Ercole I d’Este d’osso, legno e cuoio che reca sulla parte anteriore scene erotiche e su quella posteriore gesta belliche, a rendere concretamente la familiarità con cui «l’arme e gli amori» erano parte della vita del tempo; e poi un elmo, ieratico talismano dei cavalieri erranti.

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