Ergo age, care pater, cervici imponere nostrae:
Ipse subibo umeris, nec me labor iste gravabit.
Quo res cumque cadent, unum et commune periclum,
Una salus ambobus erit.
(Su, padre mio, sali sulle mie spalle;
ti porterò con me, e non mi costerà fatica.
Comunque vadano le cose, correremo insieme il pericolo
e cercheremo insieme la salvezza).
(Aeneis II, 707-711)
- Papà!
- Nun c’a facc. Nun me sient’ bbuon.
(Gomorra: la serie, s2 e2)
Il secondo episodio della seconda stagione di Gomorra - La serie è un segmento singolare, anzitutto perché quasi interamente dislocato rispetto al topos campano: l’azione si svolge per lo più a Colonia, dove Pietro Savastano è riparato dopo la fuga dal carcere. La singolarità è anche temporale, perché fra primo e secondo episodio di stagione la serie introduce un’ellissi di un anno; nella struttura narrativa complessiva il primo episodio della seconda stagione funge da conclusione della prima, mentre il secondo apre la successiva con un programma nuovo e ambizioso: estendere il mondo narrativo e addirittura rifondarlo. L’espansione non va nella direzione del topos di episodio, che è uno spazio di transito, ma procede verso Roma, secondo il processo che Leonardo Sciascia definì «la linea della palma»: come il clima favorevole alla crescita della palma si estende ogni anno verso nord, così accade anche alla linea della criminalità organizzata di stampo mafioso, che sale ogni anno «meridionalizzando» progressivamente il settentrione.
Se la seconda stagione di Gomorra - La serie è anche e soprattutto l’epopea romana di Genny Savastano, l’episodio in questione fornisce le premesse del mito di fondazione, ciò che nei miti greci del ciclo troiano, e successivamente nell’Eneide, viene rappresentato dalla fuga di Enea da Troia. Alla fuga, com’è noto, fanno seguito peregrinazioni che portano l’eroe nel Lazio, dove si stabilisce, sposando la figlia di un sovrano locale, Lavinia, che gli darà un figlio, primo re di una stirpe che porterà alla fondazione di Roma. La struttura del mito ha molte corrispondenze con la rifondazione del mondo narrativo di Gomorra - La serie, con la fuga di Genny da Colonia e l’approdo a Roma, dove sposa la figlia di un costruttore, che gli darà un figlio; ma il prelievo più evidente dal mito è un riferimento iconografico che troviamo nell’ultima parte del secondo episodio, la fuga da Colonia appunto, durante la quale Genny prende sulle spalle Pietro, come Enea carica su di sé il padre Anchise nel secondo libro del poema di Virgilio. Si tratta di un soggetto spesso raffigurato da artisti sia greci che romani, e ripreso dal Rinascimento in poi: fra le opere più celebri si ricordano l’affresco L’incendio di Borgo di Raffaello e il gruppo scultoreo Enea, Anchise e Ascanio di Bernini [figg. 1-4].
La sequenza di Gomorra-la serie non porta un contributo estetizzante: è in notturna, le sagome di padre e figlio si indovinano appena tra le fronde della boscaglia, e l’atto della presa sulle spalle non è né citazione pittorica né tableau vivant [fig. 5]. Ciò che conta non è il riferimento iconografico, ma il prelievo letterale dalla matrice mitografica, il «sali sulle mie spalle» di Virgilio. Ogni realtà sociale – buona o cattiva che sia – ha un proprio racconto di fondazione, un mito; ciò vale anche per quelle particolari realtà sociali che sono i mondi narrativi. Gomorra - La serie, in tal senso, sembra muovere, almeno in parte, dal modello Iliade della prima stagione al modello Eneide della seconda.
Rispetto a quest’ultimo, Gomorra - La serie introduce tuttavia un’importante complicazione. Pietro Savastano, a differenza di Anchise, non accetta serenamente il passaggio di testimone fra la vecchia e la nuova generazione. Tutt’altro: Pietro è un padre sovrano che non ha nessuna intenzione di abdicare. Per Genny non si tratta dunque soltanto di caricarsi il padre sulle spalle, ma anche di combattere contro di lui per prenderne il posto [figg. 6-7]. In Gomorra - La serie, il mito di Enea e Anchise si combina così con altre due coppie padre-figlio della mitologia classica: Zeus e Crono; Edipo e Laio. In tal senso, le prime due stagioni della serie si possono leggere come il romanzo di formazione di Genny Savastano, la sua trasformazione da figlio a uomo.
Nella prima stagione la trasformazione avviene con un uso radicale del fuori campo: quando parte per l’Honduras, Genny è un bambinone goffo e viziato; laggiù, inosservato, egli vive il suo rito iniziatico, per ritornare infine in scena trasformato in guerriero. Il suo primo atto di emancipazione, al ritorno, è l’uccisione del cane della madre – altro riferimento/rovesciamento di una figura della mitologia classica: il cane Argo che riconosce Ulisse al suo ritorno a Itaca.
Nella seconda stagione, il conflitto fra Gennaro e il padre si esprime in forma sempre più diretta ed esplicita. Lo stesso spazio honduregno, presentato come fuori campo assoluto del rito iniziatico nella prima stagione, entra ora anch’esso nel campo visivo della serie, proprio all’inizio dell’episodio 2, che poi culminerà nella fuga da Colonia.
Ad accomunare le due stagioni vi è la peculiare localizzazione di Pietro Savastano nello spazio narrativo. Nella prima stagione si tratta del carcere; nella seconda, del rifugio in una stanza blindata. In entrambi i casi, il Padre è recluso in un luogo isolato, fuori dal centro del potere che era solito occupare, come se questo preludesse al suo declino e alla successione da parte del figlio. D’altra parte, Pietro non si rassegna al declino e, pur dalla sua posizione defilata, continua a tramare per mantenere il potere ben saldo nelle sue mani. Anche quando il declino sembra inevitabile, il Padre trova la forza per risorgere dalle proprie ceneri, come accade emblematicamente nella sequenza conclusiva della prima stagione.
Il conflitto edipico fra Genny e Pietro è potenziato dal terzo personaggio principale della saga seriale di Gomorra: Ciro Di Marzio. Mentre Genny è il figlio naturale di Pietro, Ciro è piuttosto il figlio simbolico, l’allievo prediletto, in cui Pietro si rivede e si ritrova. Ma anche in questo caso il padre non intende rinunciare alla sua sovranità. Le linee di conflitto di Gomorra - La serie si distribuiscono così su tre fronti: la lotta fra Genny e Ciro per succedere al padre, ma soprattutto la lotta di Genny e la lotta di Ciro per detronizzare il padre.
Il romanzo di formazione come lotta di successione è una struttura narrativa ricorrente nelle saghe criminali, come mostra il caso paradigmatico de Il padrino. In tal senso Gomorra - La serie si pone nel solco di un genere cinematografico consolidato. Ma il romanzo di formazione come lotta di successione è un tema cruciale anche nella serialità contemporanea, e in tal senso Gomorra - La serie dialoga serratamente non solo con i suoi precursori cinematografici, ma soprattutto con i suoi contemporanei seriali: Il trono di spade, innanzitutto, che è la storia di un’epocale guerra di successione, ma poi anche serie come Alias, 24, Homeland, Mad Men o Breaking Bad, nelle quali il conflitto fra la generazione dei padri e la generazione dei figli è un tema importante della narrazione. Gomorra - La serie rilancia questo tema con una forza inaudita.
Perché il conflitto generazionale è così decisivo nelle serie contemporanee? La domanda meriterebbe senz’altro riflessioni più ampie, ma in conclusione proviamo almeno a suggerire tre linee di risposta. Innanzitutto, la grande quantità di tempo di cui dispone la narrazione seriale permette di mostrare l’invecchiare dei padri e il maturare dei figli con un’accuratezza normalmente preclusa al cinema. Poi, le serie affrontano un’anomalia peculiare della civiltà occidentale contemporanea: il mancato ricambio generazionale, la riluttanza dei padri a cedere il passo ai figli [fig. 8]. Infine, nel parlare di conflitto generazionale, le serie parlano di se stesse, del loro rapporto con il padre cinema.