1.7. «Una questione di linguaggio»: il Pinocchio d’artista di Mimmo Paladino

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 Nel 2004 escono quattro diversi formati editoriali di Pinocchio interpretato da Mimmo Paladino: un doppio portfolio di opere grafiche, il libro illustrato e il catalogo della mostra itinerante (in Giappone) che raccoglie le grafiche stesse. Tre formati per due diversi pubblici: selezionato il primo, più largo il secondo, che tuttavia può godere ugualmente delle ventisei grafiche attraverso le riproduzioni nel libro stampato, arricchito anzi dalla presenza di ulteriori immagini (nel catalogo sono riprodotte invece le grafiche senza ulteriori aggiunte).

Il rapporto che si instaura nel libro è senza dubbio affascinante: non vi è rapporto di subordinazione, ma un dialogo paritario tra testo e immagini, equivalenti anche dal punto di vista concettuale, nel restituire l’idea di ‘metamorfosi’ alla base del capolavoro collodiano. Se infatti le Avventure – romanzo di formazione per eccellenza – raccontano di un ‘passaggio di stato’, Paladino alterna sapientemente registri stilistici differenti, celando la metamorfosi nella varietà tecnica: acquerello, acquatinta, collage, acquaforte, serigrafia, rame in foglia, e tante altre ancora, dando nei fatti, attraverso le sue opere, una sensibile interpretazione di Pinocchio. È una lettura che nella sua originalità espressiva mantiene, come giustamente ha sottolineato Di Martino, «una sorta di spontaneità leggera e poetica che si addice armoniosamente alla manifestazione di ‘valori riconosciuti’ ed ‘emozioni primarie’, caratteristiche della fantasia dei bambini nella quale convivono sempre il bene e il male, la paura e la felicità, l’odio e l’amore, la tristezza e la gioia, in una parola la commistione tra il sogno e la realtà» (Di Martino, 2004, pp. 8-9).

Ma Paladino va oltre e nelle sue immagini concentra riferimenti culturali e visivi più ampi, piegando la tecnica a valenze metonimico-interpretative. Basta guardare l’opera iniziale e quella finale [figg. 1-2]: nella prima l’idea della sbozzatura del burattino è restituita attraverso l’inserzione a collage di un pezzo di legno reale, mentre nell’ultima la trasformazione in bambino diventa estremamente realistica grazie all’applicazione sulla carta di una foto vera del nipote, più piccolo, in realtà, dell’età che avrebbe dovuto avere Pinocchio, che risulta particolarmente consona a trasmettere la sensazione di una ‘nuova nascita’. Nel medesimo filone ‘metonimico’ si colloca anche la grafica raffigurante il sogno di Pinocchio che si immagina di essere in mezzo a un campo pieno di arboscelli carichi di monete d’oro [fig. 3]: Paladino realizza la mano del burattino e le monete tramite l’oro in foglia.

Più complessa l’allusione sottaciuta nella rappresentazione dei carabinieri [fig. 4]: due volti se visti di profilo, uno solo se adottiamo l’ottica frontale. Qui probabilmente agisce il ricordo di uno degli autori maggiormente apprezzati da Mimmo Paladino, Claude Lévi Strauss, e in particolare il passo di Antropologia strutturale in cui il grande antropologo parla della tipologia di ritratto fondata sulla «rappresentazione del corpo attraverso un’‘immagine sdoppiata’ (split representation)», con la testa vista come «due profili che si congiungono alla bocca e al naso» (Lévi-Strauss, 2002, pp. 276-279), aprendo così la tematica della maschera.

Non tanto maschera, quanto idolo italico, è invece la fata dai capelli turchini [fig. 5] che con il suo viso immobile e semplificato assialmente, memore di tante opere dell’artista, cattura lo sguardo dell’osservatore. Figurativamente, sembra essere quella «Signora [...] sovrana fastosa ed arcaica, dal potere grande ed occulto» di cui parla Manganelli (Manganelli, 2002, p. 93). Non solo: nella definizione della fata «sembra esserci una diretta correlazione tra il potere dell’arcaico e l’immanenza della divinità: l’immagine colpisce a causa della sua forma arcaica» (Freedberg, 1993, p. 59). Non sfuggirà però, nella lettura dell’immagine, un particolare importante: i lunghi capelli, fluenti e rigidi al tempo stesso, espressione di una vitalità originaria che sembra piuttosto ricondurre agli studi antropologici di De Martino e agli scatti fotografici di autori come Arturo Zavattini e Franco Pinna, dedicati ai rapporti tra Sud e magia (Gallini, Faeta, 1999).

Vi sono poi altre soluzioni grafiche che rimandano a opere successive di Paladino suggerendo una continuità tematica, come ad esempio la serigrafia e carborundum con Pinocchio che si avvia a scuola con il suo abbecedario sottobraccio [fig. 6]. Scrive Collodi che «strada facendo, fantasticava nel suo cervellino mille ragionamenti» (Collodi, 2004, p. 41), e Paladino disegna Pinocchio circondato da lettere e numeri: un’anticipazione figurativa del modo in cui l’artista tradurrà la pazzia d’Orlando e la perdita di senno di Don Chisciotte. Questa tavola è però, da un punto di vista semiologico, ancora più ricca, essendo allo stesso tempo soggetto e oggetto della rappresentazione. È soggetto perché le macchie e gli schizzi d’inchiostro la qualificano come un vero e proprio foglio di scuola, ma è anche oggetto perché funziona da supporto alla raffigurazione.

Pinocchio e Don Chisciotte, ma anche Ulisse (altro personaggio ‘paladiniano’) e Orlando: «L’archetipo è quello del viaggiatore errante che si confronta con i propri limiti e con la propria finitezza […] nel tentativo di afferrare la propria vera identità» (Paparoni, 2008, p. 15). E la vera identità dell’artista risiede proprio in questo suo essere un eccezionale rabdomante: «il pittore, di fronte a un sistema codificato dalla storia, deve reinterpretare l’opera, trovare un significato diverso, suggerendo letture e interpretazioni ulteriori» (Bacci, 2015, p. 150).

 

Edizione di riferimento

C. Collodi, Pinocchio. Le avventure di Pinocchio, immagini di M. Paladino, prefazione di E. Di Martino, Venezia, Papiro Arte, 2004.

 

Bibliografia

G. Bacci, ‘Pinocchio: arte, illustrazione e critica lungo il XX e XXI secolo, Studi di Memofonte, 13, 2014, pp. 119-143, <http://www.memofonte.it/contenuti-rivista-n.13/g.-bacci-pinocchio-arte-illustrazione-e-critica-lungo-il-xx-e-xxi-secolo.html>.

G. Bacci, La parola disegnata. Il percorso di Mimmo Paladino tra arte e letteratura, Pistoia, Gli Ori, 2015 (la citazione a testo è tratta dalla sezione A colloquio con Mimmo Paladino, pp. 149-160: 150).

V. Baldacci, A. Rauch (a cura di), Pinocchio e la sua immagine, con un saggio di Antonio Faeti, Firenze, Giunti, 2006.

F. Belloni, «La mano decapitata». Transavanguardia tra disegno e citazione, Milano, Mondadori Electa, 2008.

G. Celant, Paladino, Milano, Skira, 2017.

B. Corà (a cura di), Paladino, Prato, Gli Ori, 2005.

R. Dedola, M. Casari (a cura di), Pinocchio in volo tra immagini e letterature, Milano, Bruno Mondadori, 2008.

E. Di Martino (a cura di), Paladino. Opera grafica 1974-2001, presentazione di K.A. Schröder, New York, Art of this Century, 2001.

E. Di Martino, Il Pinocchio di Paladino. Le immagini delle parole, in C. Collodi, Pinocchio. Le avventure di Pinocchio, immagini di M. Paladino, prefazione di E. Di Martino, Venezia, Papiro Arte, 2004, pp. 7-9.

E. Di Martino (a cura di), Mimmo Paladino: opera grafica, Venezia, Papiro Arte, 2008.

D. Freedberg, The Power of Images. Studies in the History and Theory of Response, Chicago-London, The University of Chicago Press, 1991, trad. it. Il potere delle immagini. Il mondo delle figure: reazioni e emozioni del pubblico, Torino, Einaudi, 1993.

C. Gallini, F. Faeta (a cura di), I viaggi nel Sud di Ernesto De Martino, fotografie di A. Zavattini, F. Pinna, A. Gilardi, Torino, Bollati Boringhieri, 1999.

C. Lévi-Strauss, Anthropologie structurale, Paris, Plon, 1958, trad. it. Antropologia strutturale. Dai sistemi del linguaggio alle società umane, Milano, il Saggiatore, 2002.

G. Manganelli, Pinocchio: un libro parallelo, Milano, Adelphi, 2002.

D. Paparoni, ‘Prendere una forma che è già nel mondo’, in Id. (a cura di), Mimmo Paladino Don Chisciotte a Palermo, catalogo della mostra (Palermo, Palazzo Sant’Elia), testi di R. Alajmo, C. Bologna, D. Paparoni, Roma, Editalia, 2008, pp. 15-21.