2.6. Il backstage di Gomorra: cinque storie brevi tra realtà e reality

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«Se sono bravi vivono» dice Matteo Garrone sul set di Gomorra durante una pausa delle riprese. Sta cercando di frenare l’ ‘entusiasmo’ di Giovanni Venosa, interprete del capo del clan di Pineta Mare, talmente immedesimato nella parte e coinvolto nel progetto del film da suggerire con grande insistenza al regista di concludere la storia con la morte, per mano sua, di Marco e Ciro (Marco Macor e Ciro Petrone), protagonisti della quinta sezione dell’opera [fig. 1].

È uno dei passaggi chiave dell’ultima parte del documentario realizzato da Melania Cacucci e intitolato Gomorra. Cinque storie brevi che, come il film di Matteo Garrone, si struttura in segmenti non tuttavia intrecciati ma corrispondenti a capitoli separati incentrati sui personaggi principali del film.

Il materiale, girato con tecnologia digitale agile e ‘leggera’, viene montato da Elisa Santelli con sequenze del film, registrazioni dei ciak (tramite video assist) e brani audio di presa diretta al fine di costituire quello che originariamente doveva essere il backstage del film da inserire nei contenuti extra del DVD. Le figure umane e le dinamiche che tra esse si stabiliscono, prontamente colte dalla videocamera della regista, fanno sì tuttavia che il progetto iniziale, da semplice ‘dietro le quinte’ di Gomorra, si trasformi in un documento più articolato che approfondisce i temi presenti nel film e il contesto in cui si è svolta la lavorazione.

L’opera di Cacucci finisce così per configurarsi come un vero e proprio film nel film nel quale il cortocircuito tra finzione e realtà, presente in maniera latente nelle scene di Gomorra, deflagra in tutta la sua forza. Non stupisce dunque che lo stesso Matteo Garrone ne abbia riconosciuto il valore di opera in grado di fare emergere, come probabilmente «in nessun film, neanche in Gomorra, la vera natura, infantile e anche brutale» dei camorristi (Driver 2013).

Per cominciare a evidenziare come il documentario di Cacucci, da contenuto ‘di servizio’, assurga a vero e proprio meta-commento del film di Garrone bisogna tornare alla frase da cui si è partiti e collocarla nel preciso contesto in cui viene pronunciata.

La situazione è la seguente: Garrone tenta di fare fronte alle insistenze con cui il citato Venosa palesa l’urgenza di figurare da killer di Marco e Ciro, i due giovani balordi insofferenti nel film all’autorità del clan, e nel contempo ingaggia un gioco delle parti con questi ultimi che anticipano ironicamente, fuori dal set, la parte delle vittime [fig. 2]. In tale recita al di là della finzione si insinua progressivamente una tensione che esplode nel momento in cui proprio Venosa manifesta pirandellianamente segni di ammutinamento rispetto alle decisioni della regia [fig. 3]. È il momento in cui scopre che Garrone ha deciso di non coinvolgerlo nella scena dell’uccisione dei ragazzi perché di fatto ha il timore di sminuirne la figura.

Tutto ciò non avrebbe nessuna particolare rilevanza se non si considerasse che Venosa non è uno dei tanti attori non professionisti con cui il regista ha costituito, per dare seguito alla sua ricerca antropologica, l’ ‘amalgama’ post-neorealista della sua opera. Il suo statuto è infatti quello di un personaggio noto alla cronaca giudiziaria visto che è un vero boss legato al clan dei casalesi il quale (ed è il motivo d’attrazione per Garrone) sembra un vero e proprio attore mancato che conosce a memoria tutte le battute del Monnezza e un’infinità di canzoni neomelodiche.

Il gioco delle parti tra finzione e realtà si completa laddove gli stessi Marco e Ciro dimostrano di non conoscere il destino che il copione scritto da Garrone e da un nutrito manipolo di sceneggiatori ha loro assegnato. Fino alla fine cioè non sanno di dover essere uccisi visto che il regista, in sintonia con tutta la tradizione del cinema moderno, da Renoir a Rossellini a Godard, lavora con una sceneggiatura aperta, pronta ad accogliere i cambiamenti che i ‘materiali’ (umani e ambientali) gli suggeriscono, e dunque gira in sequenza, consegnando di volta in volta i canovacci di sceneggiatura ai suoi attori al fine di preservarne tutta la spontaneità possibile.

Questo è il quadro in cui i ‘reagenti’ approntati da Garrone sul laboratorio-set di Gomorra esplodono dando vita al peculiare happening antropologico di cui è testimonianza l’opera di Cacucci. Realtà e reality vi si incontrano e scontrano dando vita ad una dialettica di straordinaria intensità. Da una parte c’è infatti la retorica realista che emerge in buona parte proprio dai paratesti che hanno accompagnato l’uscita del film – dalla cartella stampa agli stessi contenuti extra del DVD (Holdaway 2014). Si tratta, nella fattispecie, della realtà bruta e brutale rappresentata dal vero boss ‘prestato al cinema’ che il documentario restituisce nella sua versione più autentica, al di là del ruolo interpretato per Garrone in Gomorra. Dall’altra, innestato su questo dato, rappresentato in particolare dalla natura pericolosamente infantile del boss, emerge la componente «realitystica» (Ferraris 2013) immortalata nel film di Cacucci. Proprio come un tipico personaggio da reality show, Venosa fa infatti i capricci di fronte alle decisioni degli autori. La sua irruzione sul set a suon di minacce di bloccare la lavorazione del film se non gli verrà attribuito il ruolo da ‘orco’ che gli spetta («i ragazzi sono pane mio, me li sono cresciuti e li devo mangiare io») è una sorta di mise en abyme perché è a sua volta una ‘sceneggiata’ che Venosa è costretto a recitare per difendere e riaffermare il suo ruolo pubblico di boss («venendo qua faccio una brutta figura. Sono un ragazzo serio. I ragazzi dovevo ucciderli io»). Egli è totalmente consapevole di questo gioco di specchi tant’è che arriva a dichiarare minacciosamente: «io sono guappo fuori e dentro il film».

Garrone, dal canto suo, sa che per evitare alla delicata macchina di Gomorra di incepparsi deve attenersi a questo gioco da reality show e così, per metterne a proprio agio tutti i partecipanti, rivolto al boss e nel contempo a Marco e Ciro, pronuncia la frase da cui si è partiti: «Se sono bravi vivono». È la logica ‘agonistica’ di tanta factual television contemporanea che propone di seguire le vicende di individui i quali vengono solitamente riuniti in gruppo perché interagiscano tra loro, divengano protagonisti di sfide e competizioni, raggiungano con sforzo un risultato. L’elemento in comune è la volontà di mostrare il comportamento di un insieme di persone, esasperandone le reazioni, spesso in condizioni di tensione, di fatica o di competizione (Villa 2004).

Il documentario di Cacucci coglie perfettamente questa logica, tanto più spietata se la si riferisce al ‘sistema’ in cui si inserisce e che per questo si rende quanto mai inquietante proprio per lo statuto ambiguo dei partecipanti alla ‘competizione’: carnefici che ‘giocano’ (nel duplice senso del to play inglese) a fare se stessi e vittime che, conseguentemente, devono ‘stare a quel gioco’. Così la videocamera di Cacucci è pronta a raccogliere ogni reazione di Marco e Ciro prima di ‘morire’ sul set per mano del boss. I due ragazzi hanno davvero paura che Venosa e i suoi sodali durante la scena dell’omicidio facciano loro male sparando troppo da vicino con le pistole a salve (che per essere realistiche devono produrre una fiammata) [fig. 4]. Altrettanto interessante è il momento in cui, un attimo prima di andare in scena, continuando a giocare consapevolmente con l’ambiguità della situazione, acquattato dietro ad un muretto, Ciro, nervoso e accaldato nell’attesa di girare la scena della sua morte, confida sardonico alla videocamera l’ansia provata in qualità di persona e di personaggio [fig. 5].

Girata finalmente la scena dell’omicidio, il boss sorride soddisfatto come un bambino [fig. 6]. Ora ha ottenuto quel che voleva, ossia, una volta di più, il riconoscimento da parte del ‘sistema’ (il sistema come camorra ma anche il sistema come set) del proprio ‘ruolo’.

È il compimento del meccanismo di autorappresentazione e il risultato del gioco della fiction al centro di Gomorra. Cinque storie brevi: backstage, documentario, film, happening audiovisivo in cui la videocamera letteralmente si insinua tra le maglie della finzione costruita da Garrone per raccontare l’urgenza di quella «vetrinizzazione» (Codeluppi 2007) espressa dai suoi personaggi/persone posta al centro del suo film successivo (Reality, 2012), mettendone a nudo gli ingranaggi attraverso i quali questi ultimi si servono del cinema come di uno strumento per riaffermare un’identità eversiva rispetto alla società conformata alle regole istituzionali (Zappalà 2013).

Tanto Giovanni Venosa quanto Marco Macor e Ciro Petrone hanno una vocazione per l’esibizione spettacolare pari a quella del Luciano Ciotola protagonista di Reality. Forse allora Gomorra è il loro reality nel quale possono costruire un’identità allo specchio ritoccando certi aspetti della vita reale che, come testimonia il ‘film laterale’ di Cacucci, essi trovano imperfetti e che quindi investono di una potenza mitica.

In tal modo il loro bisogno di visibilità soffocato può finalmente liberarsi grazie al gioco della finzione…

 

 

Bibliografia

V. Codeluppi, La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società, Torino, Bollati Boringhieri, 2007.

E. Driver, ‘“Così andò con il vero boss". Matteo Garrone racconta i retroscena del film Gomorra’, in <http://www.zonedombratv.it/news/1222-cosi-ando-con-il-vero-bossq-matteo-garrone-racconta-i-retroscena-del-film-gomorra>, 17 novembre 2013 [accessed 14 november 2016].

M. Ferraris, Manifesto del nuovo realismo, Bari-Roma, Laterza, 2013.

D. Holdaway, ‘Osservazioni sulla retorica di Gomorra’, in W. Hope, L. D’Arcangeli, F. Stefanoni (a cura di), Un nuovo cinema politico italiano, Leicester, Troubador Publishing, II, 2014.

M. Villa, ‘I programmi della reality television’, in G. Bettetini, P. Braga, A. Fumagalli (a cura di), Le logiche della televisione, Milano, Franco Angeli, 2004.

C. Zappala, ‘«Guappo» au-dehors et dans le film’, in <http://ogc-veille.info/guappo-au-dehors-et-dans-le-film-gomorra-entre-realite-et-fiction/>, 8 settembre 2013 [accessed 14 november 2016].