2.7. Giulia Veronesi mediatrice e critica cinematografica tra Italia e Francia*

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Giulia Veronesi (1906-1970) è stata una delle figure chiave della vita culturale milanese degli anni Trenta e Quaranta, benché oggi sia quasi del tutto dimenticata, complice la distruzione del suo archivio privato al momento della sua morte, nel rispetto delle sue ultime volontà.

Conosciuta ai più come la sorella dell’artista Luigi Veronesi, il suo impegno in ambito cinematografico non è ancora stato sufficientemente messo in risalto, se non in relazione alla sua professione di studiosa d’arte e di architettura (Chessa 2013). Questo contributo si pone quindi l’obiettivo di provare a mappare i contributi critici di Giulia Veronesi in campo cinematografico, soprattutto in relazione al suo ruolo nella fondazione della Cineteca Italiana e alla sua lunga collaborazione con la Cinémathèque française di Parigi, città dove risiede a fasi alterne dal 1939 al 1958.

Grazie alla ricostruzione biografica di Miriam Panzieri (Panzieri 2008, pp. 161-184) sappiamo che Veronesi si forma presso un istituto femminile, l’Accademia libera di Cultura e Arte fondata a Milano nel 1922 dal filosofo antifascista Vincenzo Cento. Tra i suoi insegnanti c’è lo storico dell’arte e direttore della rivista «Il Poligono» Raffaello Giolli, di cui Veronesi inizia a frequentare la casa, stringendo un rapporto di amicizia e di scambio di idee anche con la moglie, l’artista Rosa Menni (D’Attorre 2018). La coppia introduce la giovane nel vivace ambiente degli intellettuali antifascisti milanesi, un milieu privilegiato nel quale circolano liberamente film e libri proibiti dal regime, tra i quali i Bauhausbücher e gli scritti sul cinema di László Moholy-Nagy, che è Giulia a mostrare al fratello Luigi (Caramel 2002, p. 36) e che poi quest’ultimo rielabora e diffonde in Italia, sia durante che dopo la guerra (Malvezzi 2019). Sempre tramite i Giolli, nel 1929 Veronesi conosce Edoardo Persico ed entra nella redazione di «Casabella». Alla morte di Persico – avvenuta nel 1936 in circostanze mai del tutto chiarite – Giulia diventa la custode unica delle sue carte, che pubblicherà solo nel 1964 per le Edizioni Comunità di Adriano Olivetti (Scritti d’architettura 1927-1935), prima che queste venissero trafugate sparendo misteriosamente all’inizio degli anni Settanta [fig. 1].

Nel 1939 lascia «Casabella» a causa di divergenze con l’allora direttore Giuseppe Pagano – che emergono nella sua opera principale Difficoltà politiche dell’architettura in Italia 1920-1940 – e si dedica con sempre maggiore intensità alla scrittura. Nel medesimo periodo Veronesi ripara in Francia, dove viene assunta da Henri Langlois dalla Cinémathèque française (Mannoni 2006, p.57), istituzione con la quale inizia un rapporto di scambio continuativo che durerà oltre un ventennio.

A questo punto è necessario fare un passo indietro. Negli anni della sua formazione, Giulia Veronesi è fra i frequentatori abituali delle proiezioni organizzate a partire dal 1926 da Enzo Ferrieri, direttore di «Il Convegno», rivista alla quale dal 1933 si affiancò il supplemento «Cine-Convegno». In queste serate ebbe la possibilità di vedere «opere inconsuete, rare, se non addirittura maudites» (Viazzi 1956, p. 70), ma anche documentari sperimentali come Acciaio di Walter Ruttman, Ritmi di una grande città di Mario Damicelli, Fonderie d’acciaio e Mediolanum di Ubaldo Magnaghi. La visione di questi film è determinante per la formazione del pensiero e del gusto critico di Veronesi, che si concentra in prevalenza sulle forme più raffinate di useful cinema. A questo particolare genere dedica il suo primo articolo a tema cinematografico – Cinema, dall’avanguardia al documentario, che viene pubblicato nel 1939 sulla rivista fondata da Gatto e Vasco Pratolini «Campo di Marte» – e alcune interessanti pagine su «Ferrania» nel dopoguerra (Veronesi 1947; Ead. 1949b) [fig. 2].

Ma le serate legate a «Cine-Convegno» sono soprattutto l’occasione per intrecciare rapporti e consolidare amicizie intellettuali tra critici e cineasti antifascisti, tra i quali i futuri fondatori della Cineteca Italiana: Luigi Comencini, Alberto Lattuada e Mario Ferrari. Ed è proprio a casa di quest’ultimo che continueranno a riunirsi per proiezioni clandestine anche dopo la sua morte, avvenuta nel 1938.

Giulia Veronesi partecipa a questi incontri con frequenza e spesso ricopre, dietro le quinte, un ruolo di mediazione cruciale che appare evidente in occasione della Mostra del Cinema e soprattutto della rassegna Cinema Retrospettivo, entrambe curate da Comencini e Lattuada nell’ambito della VII Triennale di Milano. Con molta probabilità l’impegno di Veronesi in questa occasione non si limitò solo alle dettagliate recensioni uscite su «Domus» (Veronesi 1940a) e sulla rivista di Ernesto Treccani, «Corrente di vita giovanile» (Veronesi 1940b), dal momento che i materiali fotografici per la mostra nascosti in una valigia furono consegnati nelle mani di Comencini e Lattuada a Basilea direttamente da Langlois, e che è sempre il direttore della Cinémathèque a far pervenire clandestinamente la famosa copia di La grande illusione di Jean Renoir proiettata a Milano (Anderi 1988, pp. 300-303).

Dalla esigua corrispondenza rimasta tra Giulia e Langlois oggi conservata presso l’Archivio della Cinémathèque française, si deduce infatti che Veronesi già in quegli anni faceva la spola tra l’Italia e la Franciao che inviava per posta informazioni e materiale sul cinema italiano a Langlois, con il quale aveva un rapporto di «grande confidenza che lascia intravedere un’amicizia molto profonda tra i due» (Savettieri 2011, p.157) o, secondo alcuni una relazione «d’amour platonique» (Mannoni 2006, p. 71).

Veronesi conosce Langlois già dagli anni Trenta, probabilmente tramite il fratello che dal 1932 soggiornava frequentemente a Parigi, città dove Giulia si trasferisce in pianta stabile dal 1947 e dalla quale – probabilmente grazie anche al rapporto privilegiato che ha con Langlois – apre la strada a costanti scambi reciproci tra la cineteca francese e quella italiana poi sanciti da un accordo ufficiale nel 1951.

Non sembra un caso che, dal 1947 in poi, Veronesi ricopra posizioni pubbliche di sempre maggior rilievo: il suo nome non solo compare tra i ventitré soci fondatori della Cineteca Italiana, ma è tra i cinque proposti per il Consiglio di Amministrazione, insieme a Umberto Barbaro, Vincenzo Calvino, Giulio Macchi e Francesco Pasinetti (Casetti 2005, p. 71) [fig. 3].

Alla carenza di documenti ufficiali che comprovino il ruolo di primo piano da lei giocato nei rapporti tra le due istituzioni,possono oggi parzialmente sopperirei contributi critici. Dal 1947 in poi le sue recensioni e i suoi articoli a tema cinematografico si concentrano infatti in prevalenza sulle attività promosse dalle due istituzioni, spesso congiuntamente.

Sulla rivista d’arte «Emporium» Veronesi rende conto dei grandi eventi cinematografici organizzati a Milano, come il festival per i cinquant’anni dalla nascita del cinema (Veronesi 1946) o la mostra a Palazzo Reale dei disegni di Ėjzenštejn (Veronesi 1961). Per «Ferrania» cura invece articoli più specifici sulla storia del cinema, sempre corredati da ricchi apparati fotografici provenienti dall’archivio della Cineteca Italiana (Ead. 1951, 1954 a, 1956c) e soprattutto scrive aggiornamenti su quanto avviene oltralpe. Particolare rilievo hanno ovviamente le mostre curate da Langlois (Ead. 1949a, 1955,1957) ma segue anche con vivo interesse il destino della collezione raccolta da Maria Adriana Prolo, parzialmente esposta prima a Parigi (Ead. 1954b) e poi a Milano, fino alla sua sistematizzazione definitiva nel 1956 in Museo Nazionale del Cinema (Ead. 1956a) [fig. 4].

In questi articoli del dopoguerra non emerge mai alcuna forma di giudizio, come se il gusto di Veronesi per la sperimentazione d’avanguardia fosse messo da parte in favore di un obiettivo più alto. Ma in uno dei trafiletti intitolati Notizie da Parigi, che tornano con periodicità in «Ferrania», per un attimo Giulia sembra uscire, solo per un istante, dal suo ruolo pubblico e, dopo aver raccontato il percorso che ha portato dai cineclub alle cineteche all’istituzionalizzazione del cinema, si lascia andare a un auspicio:

Il cinema è divenuto un modo di espressione e di documentazione corrente, oggi, al pari della scrittura; la sua immensa diffusione ne ha ormai creato l’abitudine, lo ha reso persino necessario; non è più cosa straordinaria. I cineclubs potrebbero dunque tornare un poco alle origini, farsi vivai sperimentali, luoghi di incontro di rivelazione dei veri, rarissimi poeti (Ead. 1956b, p. 8).

Bibliografia

G. Anderi, ‘Dalla cineteca «Mario Ferrari»alla Mostra del Cinema della VII Triennale’, Comunicazioni Sociali, 3-4, 1988, pp. 296-304.

L. Caramel, ‘Dalla pittura al cinema: i film di Luigi Veronesi’, in L. Caramel, A. Madesani (a cura di), Luigi Veronesi e Cioni Carpi alla Cineteca Italiana, Milano, Il Castoro, 2002, pp. 11-47.

F. Casetti (a cura di), La cineteca italiana, una storia milanese, Milano, Il Castoro, 2005.

M. Chessa, ‘L’opera critica di Giulia Veronesi nella sua dimensione europea’, Predella, 33, 2013, pp. 269-277.

R. D’Attorre, ‘Maria Brandon Albini and Rosa Giolli Menni: three intellectual women in 1920s-1930s Milan’, in H. Serazin, C. Franchini, E. Garda (a cura di), Women’screativity since the Modern Movement (1918-2018), Ljubljana, Založba ZRC, 2018, pp. 77-86. 

J. Malvezzi, ‘Verso il cinema di domani. La critica cinematografica nelle riviste d’arte del secondo dopoguerra (1945-1955)’, in M. Guerra, S. Martin (a cura di), Atti critici in luoghi pubblici. Scrivere di cinema, tv e media dal dopoguerra al web, Parma, Diabasis, 2019, pp. 291-301.

L. Mannoni, Histoire de la Cinémathèque Française, Paris, Gallimard, 2006.

M. Panzieri, ‘Giulia Veronesi: una vita nella cultura e per la cultura’, appendice bibliografico di Giulia Veronesi, Difficoltà politiche dell’architettura in Italia: 1920-1940 [1953], Mariotti, Milano, 2008, pp. 161-184.

C. Savettieri, ‘Henri Langlois, 3 minute lettere a Giulia Veronesi’, in P. Bolpagni, A. Di Brino, C. Savettieri (a cura di), Ritmi Visivi. Luigi Veronesi nell’astrattismo europeo, Lucca, Edizioni Fondazione Ragghianti, 2011, pp. 156-157.

C. Tognolotti, ‘La sorella di Jean. Per riscoprire Marie Epstein’, in L. Cardone, S. Filippelli (a cura di), Filmare il femminismo. Studi sulle donne nel cinema e nei media, Pisa, ETS, 2015, pp. 47-63.

C. Tognolotti, ‘La rappresentazione dello sguardo in La Maternelle di Marie Epstein e Jean Benoit-Lévy’, in L. Cardone, S. Lischi (a cura di), Sguardi differenti. Studi in onore di Lorenzo Cuccu, Pisa, ETS, 2014, pp. 285-293.

G. Veronesi, ‘Cinema, dall’avanguardia al documentario’, Campo di Marte, 11-12, 1939, p. 7.

G. Veronesi, ‘Le grandi correnti della storia del cinema alla VII Triennale’, Domus, 147, 1940a, pp. 34-35.

G. Veronesi, ‘Cinema alla Triennale’, Corrente di vita giovanile, 9, 1940b, p. 3.

G. Veronesi, ‘Cinema in festa’, Emporium, 618, 1946, pp. 294-300.

G. Veronesi, ‘Cinema documentario di JorisIvens’, Ferrania, 7, 1947, pp. 7-8.

G. Veronesi, ‘La nascita del cinema’, Ferrania, 2, 1949a, pp. 18-20.

G. Veronesi, ‘Novità al Festivals’, Ferrania, 9, 1949b, pp. 20-21.

G. Veronesi, ‘Omaggio a Griffith’, Ferrania, 12, 1951, pp. 25-27.

G. Veronesi, ‘Quando la fotografia diventa cinema: Eadweard Muybridge’, Ferrania, 1, 1954a, pp. 16-19.

G. Veronesi, ‘Vecchio cinema italiano a Parigi’, Ferrania, 7, 1954b, p. 18.

G. Veronesi, ‘I sessant’anni del cinema in una mostra a Parigi’, Ferrania, 10, 1955, pp. 22-24.

G. Veronesi, ‘Cinema vecchio e vivo’, Ferrania, 7, 1956a, pp. 14-17.

G. Veronesi, ‘Notizie da Parigi – I Cineclub’, Ferrania, 10, 1956b, p. 8.

G. Veronesi, ‘Josef von Sternberg’, Ferrania, 12, 1956c, pp. 36-43.

G. Veronesi, ‘Il primo Salon del cinema a Parigi’, Ferrania, 8, 1957, p. 26.

G. Veronesi, ‘Milano: Disegni di Eisenstein’, Emporium, 801, 1961, pp. 113-114.

G. Viazzi, ‘I primi anni della critica cinematografica in Italia’, Ferrania, 12, 1956, pp. 56-77, poi in B. Pividori (a cura di), ‘Critica italiana primo tempo’, Bianco e Nero, 3-4, 1973, pp. 6-38.

 

* Questa ricerca si inserisce all’interno del progetto PRIN (bando 2017) Per una storia privata della critica cinematografica italiana. Ruoli pubblici e relazioni private: l’istituzionalizzazione della critica cinematografica in Italia tra anni Trenta e Settanta, che vede come Principal Investigator Michele Guerra (Università degli Studi di Parma) e come responsabili delle altre unità coinvolte nel progetto Paolo Noto (Università di Bologna) e Andrea Mariani (Università degli Studi di Udine).