4.2. La ricezione del divismo al femminile a New York, 1945-54

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Nel corso degli ultimi anni, la circolazione del cinema italiano neorealista negli Stati Uniti è stata al centro dell’interesse di diversi studiosi. La fama del neorealismo fu consacrata in parte grazie al successo critico e di botteghino, e con le nomination all’Oscar per Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica. In particolare, il successo clamoroso di Roma città aperta di Rossellini, che rimase in programma al World Theater a New York per cento settimane di fila, stimolò l’appetito del pubblico di New York e altrove per i film stranieri, e diede il via nel dopoguerra al movimento degli arthouse negli Stati Uniti.

New York era nel dopoguerra una città molto importante per lo spettacolo cinematografico: i film stranieri costituivano fino all’80% delle pellicole proiettate nelle sale arthouse, e nel 1958 la metropoli occupava il 60% del mercato nazionale per la cinematografia straniera. Il mutamento di prospettiva teorica nei film studies degli ultimi anni verso la storiografia ha comportato una crescita di attenzione verso il pubblico e la ricezione, e insieme l’interesse nei confronti dello studio della distribuzione e dell’esercizio basato sulla ricerca archivistica. La storiografia del cinema, analizzando questo periodo, ha avanzato due ipotesi principali: la prima, che esisteva in quel periodo una distinzione netta tra sale arthouse (frequentate dalla ‘intelligentsia’ urbana) e i cosiddetti ‘ethnic theaters’, che si trovavano nei quartieri per gli immigrati, e che programmavano film in lingua straniera, spesso senza sottotitoli inglesi. Questa vulgata storica, secondo la quale il cinema d’autore europeo, con in cima il neorealismo italiano, avrebbe offerto al pubblico più esigente un prodotto esclusivo, ci è stata resa familiare da studiosi come Gomery (1992), Wilinsky (2001) e Balio (2010). Le fonti a cui questi hanno attinto sono le riviste specializzate di cinema tipo Variety, e le recensioni pubblicate da giornali come The New York Times.

La seconda ipotesi, che si collega strettamente alla prima, è che i film stranieri, e il neorealismo in particolare, godevano di una promozione che metteva in rilievo il contenuto fortemente adulto in termini sessuali: la relativa libertà dell’industria cinematografica italiana, e lo stile naturalistico dei film, sovente incentrati su temi sessuali, secondo studiosi quali Betz (2003), Schoonover (2009) e Brennan (2012), esercitavano un forte richiamo: si veda la promozione di Roma città aperta da parte dei suoi distributori americani Burstyn e Mayer con lo slogan «Sexier Than Hollywood Ever Dared To Be!».

Questi esempi sembrerebbero confermare il ‘marketing quasi-pornografico’ del cinema italiano per il pubblico americano; il corpo della star femminile fungerebbe da tramite tra ‘sex and naturalism’, i due elementi che la rivista Life dichiarò essenziali per quel cinema italiano arrivato sugli schermi degli Stati Uniti. Questo nesso tra corpo femminile e naturalismo è in sintonia con quanto affermato da Stephen Gundle nel suo libro Bellissima (2007) relativo al rapporto tra corpo divistico femminile e paesaggio nella ricostruzione postbellica della nazione italiana.

Tuttavia, esiste un altro contesto di ricezione, finora trascurato: il circuito delle sale cinematografiche italiane. A New York nel dopoguerra fioriva questa tipologia di sale per soddisfare i gusti del pubblico italo-americano. Questi ‘ethnic theaters’ (come Il Giglio a Little Italy, istituito da Clemente Giglio con lo slogan «il cinema fondato da un italiano per gli italiani», il Verdi tra la 8th Avenue e la 41st Street, e il Tremont nel Bronx) non sono stati studiati, ma un’analisi delle strategie di promozione messe in atto dalla stampa italofona e dalle stesse sale potrebbe rendere ulteriormente complesso il momento storico in cui si intersecano il divismo, il sesso, il realismo e l’identità nazionale italiana.

Roma città aperta godette di un successo strepitoso a New York, sia negli arthouse che negli ‘ethnic theaters’. Contrariamente alle tattiche utilizzate per la promozione del film per lo spettatore americano, le quali mettevano l’enfasi sulla sensualità femminile, riscontriamo una tattica diversa nella stampa italofona: nell’aprile del 1946, il giornale populista di centro-destra, Il Progresso Italo-americano, pubblicò una pubblicità a piena pagina in italiano per il film. La prima parte della pubblicità ricorre a esortazioni al patriottismo, familiari alla stampa italo-americana dell’epoca: «Italiani! Che sentite scorrere nelle vostre vene il sangue di Dante, Garibaldi… è un appello che facciamo a voi!».

Al contrario, il giornale di sinistra L’Unità del Popolo protestò contro la pubblicità quasi pornografica che diffamava un capolavoro: «pubblicità vile, ignominiosa, offende l’eroismo del popolo italiano» (17 agosto 1946). Nello stesso anno, il giornale avvisa i lettori che «è necessario che il pubblico italiano non si lasci sedurre dalle facili illustrazioni del cinema americano, dalle gambe (ahimè bellissime) di Rita Hayworth» (30 marzo 1946). In generale, le pubblicità indirizzate al pubblico italo-americano minimizzano l’importanza del divismo, preferendo mettere in rilievo la qualità dei film, l’uso di paesaggi autentici ed il realismo, benché una diva quale Alida Valli, già famosa negli Stati Uniti, venga a volte definita come l’ambasciatrice patriottica del cinema italiano.

Non sorprenderà inoltre scoprire che Anna Magnani venga fatta oggetto di attenzione per via delle sue doti recitative anziché di quelle fisiche: una pubblicità a piena pagina per una proiezione della pellicola Avanti a lui tremava tutta Roma (Carmine Gallone, 1946) a beneficio della campagna per i soccorsi all’Italia, pubblicata sul Progresso [Fig. 1], nota che Magnani aveva vinto il premio di Miglior Attrice, in una votazione promossa dal National Board of Motion Picture Review. In modo analogo, nella promozione di Angelina (L’onorevole Angelina di Luigi Zampa, 1947), il giornale la descrive come «la più acclamata stella del cinema» (aprile 1947), malgrado l’ansia provocata nel giornale per l’orientamento comunista del film.

Tuttavia il caso di studio più interessante è senz’altro quello di Riso amaro, dato il rilievo acquisito dalla réclame della pellicola nella stampa americana: la promozione dai toni deliranti del film si incentrò sul corpo di Silvana Mangano [Fig. 2].

In tal senso uscirono articoli sui giornali che dichiaravano che Mangano era stata votata «Tastiest Rice Dish of the Week» dagli operai della fabbrica di pasta Ronzoni a New York. Il linguaggio delle pubblicità era quasi sempre altamente sessualizzato: si poterono leggere slogan come «XXXIER THAN MAE WEST AND JANE RUSSELL» e inoltre venne lanciata una campagna commerciale in collaborazione con un’azienda produttrice di reggiseni. Questa tendenza è in perfetta sintonia con gli articoli pubblicati su Life nel 1951 e 1952, che costruiscono un legame diretto tra la popolarità del film italiano e il sex appeal delle star femminili.

La stampa italo-americana, peraltro, tentò un approccio diverso: nel settembre del 1950 la promozione di Riso amaro si concentrò su Silvana ma perseguendo una linea diversa. Un’inserzione pubblicitaria del Progresso dichiarò che «La Lux Films di Roma è orgogliosa di far conoscere agli italiani d’America una bellissima e bravissima nuova attrice che già ha conquistato il cuore di tutta Europa». Mangano viene descritta come «una bellezza tipicamente italiana», e, in una maniera più schietta, come «una bellezza prorompente e sensuale». Qui è importante riflettere sul fatto che questo tipo di linguaggio viene usato per la promozione di una proiezione del film al Cinema Giglio; nel 1948 il Progresso fornisce una descrizione del Giglio come «il raccolto ritrovo del centro», e nel 1949 commenta la sua ristrutturazione in chiave moderna, che ha creato «un’atmosfera artistica ed elegante». Il cinema cominciò a pubblicare una rivista, Spettacolo, la quale valorizzava lo stile signorile e distinto del pubblico che lo frequentava e si indirizzava ai suoi clienti come a un gruppo istruito e con gusti abbastanza raffinati. Non sorprende, allora, che il Giglio attivi una campagna pubblicitaria per un film come Riso amaro che si focalizza sulla star femminile promuovendone un’immagine di buon gusto, mentre Il Progresso include un articolo sulle riprese del film, mettendo in rilievo l’uso che al suo interno è stato fatto di mondine vere per garantirne un maggiore realismo. È dunque possibile constatare le strategie con cui simili pubblicazioni e le sale cinematografiche facevano appello al pubblico italo-americano come a un gruppo colto e capace di apprezzare film ‘difficili’ come quelli neorealisti, e in questo modo porsi la domanda: fino a che punto il pubblico arthouse e quello ethnic si sovrappongono?

Se, nelle réclame dell’epoca indirizzate agli spettatori italiani, l’importanza del corpo della star femminile venne minimizzata, essi furono tuttavia stimolati da appelli retorici rivolti al loro patriottismo e al loro senso di nascente cinefilia. Inoltre, è rilevante la presenza di uno sfondo pubblicitario più ampio, sul quale sarebbe opportuno indagare. Ad esempio, le pubblicità dei film si trovano sulla stessa pagina delle pubblicità di altri prodotti: si veda la star della radio italo-americana, Diana Baldi, visibile nella pubblicità della sua linea di cosmetici [Fig. 3]. In questo contesto, è essenziale riconoscere l’esistenza di un’ecologia complessa di divismo al femminile, la quale è costruita su idee di classe, di gusto, e di identità nazionale.

 

Bibliografia

‘Sexy Signore’, Life, 3 settembre 1951, pp. 62-64.

‘Italian Film Invasion’, Life, 20 ottobre 1952, pp. 107-113.

T. Balio, The Foreign Film Renaissance on American Screens, 1946-1973, Madison, University of Wisconsin Press, 2010.

M. Betz, ‘Art, Exploitation, Underground’, in M. Jancovich et al. (ed. by), Defining Cult Movies: The Cultural Politics of Oppositional Taste, Manchester, University of Manchester Press, 2003, pp. 202-222.

N. Brennan, ‘Marketing Meaning: Branding Neorealism’, in S. Giovacchini, R. Sklar (ed. by), Global Neorealism, Jackson, University Press of Mississippi, 2012, pp. 87-102.

D. Gomery, Shared Pleasures: A History of Movie Presentation in the United States, Madison, University of Wisconsin Press, 1992.

S. Gundle, Bellissima: Feminine Beauty and the Idea of Italy, New Haven, Yale University Press, 2007; trad. it. Figure del desiderio. Storia della bellezza femminile italiana, Roma-Bari, Laterza, 2009.

K. Schoonover, ‘Neorealism at a Distance’, in T. Trifonova (ed. by), European Film Theory, London-New York, Routledge, 2009, pp. 301-318.

B. Wilinsky, Sure Seaters: The Emergence of Art House Cinema, Minneapolis, University of Minnesota Press, 2001.