6.1. Valdrada: rovesciare lo sguardo

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Prima della serie ‘le città e gli occhi’, Valdrada tematizza uno degli aspetti più pervasivi dell’opera di Calvino, il procedere per binarismi oppositivi per meglio riflettere sulle modalità e sulla fallacia delle nostre percezioni del reale. È solo una delle molte città speculari presenti nelle pagine delle Città invisibili (e i lavori successivi: basti pensare alla Foresta Radice-Labirinto, elaborata cinque anni più tardi, che evoca al contempo l’incatturabile Bauci e Sofronia, smontabile per metà). Ma se Eusapia è strutturata in forma apertamente binaria – con la necropoli che fa da ideale contraltare alla città dei vivi –, l’architettura e l’ethos di Valdrada non rispondono ai principi della simmetria, piuttosto a quelli della specularità: in questo più simile a Betsabea, città al contempo angelica e fecale. Come nei riflessi speculari delle stampe di Escher, tra le principali fonti visive dello scrittore, Valdrada è costituita dalla somma tra la città sopra il lago e quella «sulle rive d’un lago con case tutte verande una sopra all’altra e vie alte che affacciano sull’acqua i parapetti a balaustra» (CI, p. 399).

In molti, oltre a tentare di identificare i riferimenti teorici che hanno orientato l’immaginario di questa città doppia, si sono chiesti a quale specifica città Calvino si fosse ispirato, senza però ottenere risposte pienamente soddisfacenti. Certo è che, come per molti aspetti della sua opera, anche le scelte onomastiche sono state accuratamente vagliate tra una serie di alternative presenti negli abbozzi preparatori (Terrusi 2012). In questo caso il nome richiama una delle tante località di villeggiatura dei laghi lombardi (Valdrada è, inoltre, una principessa longobarda citata da Paolo Diacono), ma la duplicità stessa dell’architettura strizza l’occhio a Venezia – evocata a più riprese da Marco Polo – e alla natura della città più amata da Calvino, New York, continuamente riflessa nelle superfici specchianti dei grattacieli. Per paradosso, pur appartenendo alla serie più apertamente legata alla visualità, Valdrada appare tra le città meno chiaramente rappresentate all’interno di questo «inimitabile libro di figure senza illustrazioni» (Ravazzoli 1991, p. 147). Del resto, la struttura stessa dell’evocazione pare essere basata sul dispositivo retorico della correctio: se all’inizio viene accentuata l’idea della ripetizione dei gesti riflessi, la seconda buona metà dello scritto tende a sottolineare la radicale differenza che separa in modo irrimediabile le due metà, che pur «vivendo l’una per l’altra non si amano» (CI, p. 400).

Non stupisce che l’architettura riflessa di Valdrada abbia generato letture critiche contrastanti. In alcuni casi si è letto il testo come materializzazione delle riflessioni avviate nella debordiana Società dello spettacolo, per cui le immagini mediano, modificandola irrimediabilmente, la nostra percezione della realtà, creandone una parallela separata dalla vita vera; in altri come anticipazione del dispositivo del panopticon evocato nei capitoli di Se una notte d’inverno un viaggiatore dedicati a Sylas Flannery: essere costantemente visti comporta l’accordare le proprie azioni al ritmo delle «immagini limpide e fredde nello specchio» (CI, p. 399), interiorizzando dinamiche costrittive che limitano la nostra possibilità di azione. Impossibile fare riferimento a una lettura univoca, poiché Calvino era solito – come molti scrittori – far liberamente proprie diverse fonti critiche per poi rielaborarle in modo del tutto personale. Quali che siano le fonti, ne emerge una visione della città – e della nozione stessa di collettività, poiché l’immaginario di Calvino è sempre e comunque ‘politico’ (Barenghi 2008, Pedullà 2015), anche nei momenti in cui pare mettere in discussione la dialettica – piuttosto pessimista, volta a veicolare l’idea di «utopia pulviscolare» racchiusa nei saggi su Charles Fourier (Calvino 1995, pp. 274-314) che emergerà nel finale sentenzioso delle Città.

Anziché all’interno dell’opera e in dichiarazioni d’autore volte a costruire la propria mitografia, le coordinate per comprendere Valdrada e altre città invisibili vanno cercate nelle innumerevoli ‘visualizzazioni’ del testo realizzate da artisti di generazioni diverse. Pooya Sanghani Patel, progettista, ha cercato di rendere visibili alcune delle Città nel blog Intepreting Invisible Cities with Illustrations. La sua Valdrada [fig. 1] incorpora i ways of seeing già assorbiti da Calvino nelle sue molteplici fatte letture durante la sua permanenza francese (da Debord a Foucault, poi messi in discussione nei racconti incompiuti dedicati ai cinque sensi). L’orientamento delle due immagini riflesse è orizzontale, e le due metà della città – che qui sembrano ispirate alla Torre di Babele di Brueghel – tematizzano la visione oscura già presente nel testo di partenza. In mezzo, il vuoto incarna il silenzio che precede la reciproca diffidenza. Questa lettura è suffragata dalla didascalia, che interpreta il racconto adottando una lente strettamente progettuale: «Valdrada is like the silent neighborhood watch that makes you watch your own actions, by exactly repeating them. While watching it happen as a spectator (as against being the subject previously) – does it stir a different emotion? […] Can we become our own vigilante and be aware and accountable of all our actions?» (Sanghani 2021).

Di natura del tutto diversa le altre visualizzazioni prese in considerazione, meno letterali (forse perché elaborate da artisti professionisti) e forse per questo più efficaci. Pedro Cano (1944), pittore iberico a lungo vissuto ad Anguillara Sabazia (poco fuori Roma), ha rappresentato la città in seguito all’esplicita richiesta di Chichita Calvino, che – dopo aver comprato alcune sue tele durante un viaggio a New York – gli aveva fatto dono del volume. In seguito alla lettura, nella mente di Pedro Cano iniziò a «delinearsi l’idea di […] una sorta di quaderno nel quale per una volta l’immagine non deriva dal dialogo con un luogo, quanto piuttosto dalle descrizioni suggeritemi dal testo di Calvino» (Cano 2005, s.n.p.). Cano non traduce pienamente ogni aspetto delle città ‘in bianco e nero’ evocate da Calvino, piuttosto ne «assume casomai un dettaglio e su quello lavora. Si potrebbe con una qualche crudezza dire che arrivi a disinteressarsi dello spirito connotativo delle città descritte; ma certo è intensamente partecipe di una, almeno, fra le prerogative che ognuna di esse manifesta, anche se spesso non si tratta neppure di quella cui Calvino sembra tributare maggior trasporto» (Natoli 2005, s.n.p.).

Come in altri casi [fig. 2], l’artista costruisce l’immagine giocando sulla dimensione della simmetria e del doppio, cui si aggiunge la sfida specifica nata dalla necessità di evocare un lago, dimensione a lui familiare (Anguillara sorge sul lago di Bracciano, dove chi scrive ha conosciuto Cano, che in quella sede ha più volte esposto il suo ‘taccuino visivo’). È un’evocazione selettiva e intimista: come Calvino si è specchiato nella dimensione dell’arte e del teatro per trarre nutrimento letterario e «riflettere sulla forma della sua mente» (Morra e Scarlini 2023, p. 10), così Cano ha fatto propria la ‘millefoglie testuale’ di Calvino per delineare un suo personale genius loci, al contempo locale e globale. In un’analoga dimensione possiamo inserire le reinterpretazioni dell’artista inglese Colleen Corradi Brannigan (1971), che alle Città invisibili ha dedicato una serie di lavori elaborata tra il 2011 e il 2013. Anche in questo caso, l’incontro con il testo di Calvino avviene per caso, e rimane silente per numerosi anni: poi, nell’elaborare un’incisione dedicata a un altro tema urbano, nasce inaspettatamente la prima traduzione visiva di Eudossia, cui seguono via via tutte le altre. Valdrada è resa evocando, anziché la geometria del cerchio, i fuochi dell’ellisse: l’aggregato urbano nasce attorno a uno specchio d’acqua dai bordi irregolari, da cui le due metà si dipanano seguendo una visione più assonometrica che tradizionalmente prospettica. La città è come sgranata, il che permette allo sguardo di coglierne punti di vista e scorci diversi nello stesso momento. L’immaginario visivo cui Brannigan fa riferimento appare a prima vista più legato all’Europa del Nord (ne sono testimonianza le alte torri dai comignoli che sporgono come lance e le stesse cromìe: bianco piombo, grigio, azzurro polvere, tabacco) che non al Mediterraneo, aprendo lo spazio a una visione che porta a deitalianizzare le Città invisibili, traducendo l’essenza intimamente transnazionale del lavoro dello scrittore ligure [fig. 3].

Più apertamente legato all’attualità è il lavoro di Emily Allchurch, altra artista inglese che nel tempo ha costruito un suo personale atlante delle emozioni. Nata nel 1974, Allchurch basa la sua pratica artistica su uno sterminato archivio di immagini fotografiche dedicate a città reali e immaginarie che vengono via via sottoposte a reframing e ricostruite artificialmente al computer. La sua non è tanto una riflessione sulle città e i paesaggi, quanto piuttosto su come nel tempo sono cambiante le nostre modalità di percezione e di rappresentazione di un patrimonio visivo che oscilla dagli antichi maestri (tra i preferiti Carpaccio e Bellini, spesso evocati nei titoli) alla serie di infinite riconfigurazioni dei mondi della pubblicità, dell’arte e dei social media. La serie Mirrored Cities II (2019), sviluppata durante la pandemia, riflette apertamente sul testo di Calvino, e lo attualizza operando dei significativi spostamenti. Se Valdrada è incarnazione della città asimmetrica, perché non contaminare l’Oriente e l’Occidente per metterne in risalto invece continuità e simmetrie anziché fratture e differenze?

Le immagini fotografiche – elaborate a partire da viaggi in Italia e Cina che hanno preceduto di pochi mesi l’inizio della pandemia – sono costruite ispirandosi alla modalità rappresentativa delle prospettive del Quattrocento veneto (apertamente richiamato in alcune serie sorelle), messe in comunicazione con le molteplici angolazioni tipiche degli scrolls dell’arte cinese del tredicesimo secolo [figg. 4-5]. Fenghuang, cittadina nella Provincia dell’Hunan, viene materialmente accostata a Venezia, da cui viene tratto il riflesso nella parte inferiore dell’immagine; viceversa, nella seconda serie all’architettura riflessa della Laguna è associata a Suzhou nella provincia di Jiangsu, con i ciliegi che incorniciano la veduta del canale. In entrambi i casi, Allchurch ci porta a riflettere sulle comuni dinamiche di flussi turistici che, nel mondo globalizzato, invadono luoghi apparentemente distanti nello spazio e nel tempo per modificarne radicalmente la struttura produttiva (eco della megalopoli evocata nella presentazione elaborata da Calvino nel 1983, che emerge più chiaramente nella seconda parte del libro ma plasma l’immaginario delle città più rarefatte).

In una direzione diversa, con un occhio maggiormente diretto alla fiaba, al mondo dell’infanzia e al teatro, era andato il genovese Lele Luzzati, quasi coetaneo dello scrittore, che ha eletto le Città invisibili a testo-guida del cartone animato Genova sinfonia della città (2005), scritto e diretto da Luigi Berio, con animazioni di Luzzati e musica di Stefano Cabrera. Genova si specchia di continuo nelle evocazioni di Marco Polo, risultando una sommatoria di tutte le città evocate nei suoi racconti al Kahn. Ne emerge il ritratto di una città intimamente singolare ma pure continuamente proiettata in una dimensione internazionale, volta ad accogliere influssi provenienti da diverse culture. In questo caso «tanto le linee melodiche quanto l’inanellarsi vertiginoso delle prospettive più che cullare lo sguardo lo spiazzano, mostrando al contempo la fallibilità della percezione e l’inesauribile portato di racconti e luci della città» (Morra, Scarlini 2023, p. 60).

Non sono che alcune tra le molte visualizzazioni generate da Valdrada e dalle altre Città invisibili, ennesima conferma dell’impatto che l’opera di Calvino, ‘scrittore imagocentrico’ (Ricci 2001, p. 195) continua a esercitare sulla contemporaneità, al di là dei tradizionali confini della letteratura. Architettura, arte, musica, animazione hanno di continuo riflettuto sulla sua opera, dando vita a una galassia mediale autonoma, che solo in anni recentissimi sta ricevendo la giusta attenzione critica. Nel caso di Valdrada le visualizzazioni appaiono tanto più riuscite quanto più sono in grado di creare uno scarto percettivo rispetto al testo di partenza, in linea con quanto sognava il Calvino combinatorio, intento a stimolare di continuo le riflessioni dei lettori-osservatori.

 

Bibliografia

I. Calvino, Una pietra sopra, in Id. Saggi 1945-1985, 2 voll., a cura di Mario Barenghi, Milano, Mondadori, I, 1995, pp. 6-405.

P. Cano, Le città invisibili, catalogo della mostra, Firenze, Falteri, 2005.

M. Barenghi, Italo Calvino. Le linee, i margini, Bologna, Il Mulino, 2007.

M. Barenghi, Italo Calvino, Bologna, Il Mulino, 2008.

A. Kreisberg, Le città invisibili nell’immaginario di Italo Calvino e nelle immagini di Pedro Cano, Italies, 16 (2012), 439-445.

B. Grundtvig, Leaning From the Steep Slope.... The Fall of the Cartographic Eye in Calvino’s Late Works, in Image, Eye and Art in Calvino: Writing Visibility, a cura di Birgitte Grundtvig, Martin McLaughlin e Lene Waage Petersen, Londra, MHRA e Maney Publishing, 2007, pp. 171-184.

E. Morra, L. Scarlini (a cura di), Calvino Cantafavole, Milano, Electa, 2023.

F. Ravazzoli, Il testo perpetuo. Studi sui movimenti retorici del linguaggio, Milano, Bompiani, 1991.

F. Ricci, Painting with Words, Writing with Pictures, Word and Image Relations in the Work of Italo Calvino, University of Toronto Press, 2001.

L. Terrusi, “I nomi non importano.. L’onomastica delle Città invisibili di Italo Calvino.” Studi di onomastica e critica letteraria offerti a Davide de Camilli, a cura di Maria Giovanna Arcamone, Donatella Bremer, Bruno Porcelli, Fabrizio Serra, 2010, pp. 263-272.

 

Sitografia

https://www.emilyallchurch.com/wp-content/uploads/2020/10/MirroredCities-DescriptionOfWorks.pdf

https://medium.com/@pooja.tarun.patel/interpreting-invisible-cities-with-illustrations-85a777551d8c

https://www.leparoleelecose.it/?p=20316