Italo Calvino, Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino, Milano, Mondadori, 2009

di

     
Categorie



Questa pagina fa parte di:

Italo Calvino, Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino, illustrato da Grazia Nidasio, Milano, Mondadori, 2009

Ma non si deve dimenticare che i giochi, da quelli infantili a quelli degli adulti, hanno sempre un fondamento serio, sono soprattutto tecniche d'addestramento di facoltà e attitudini che saranno necessarie nella vita. […] Il poema esce da se stesso, si definisce attraverso i suoi destinatari, e a sua volta è il poema che serve da definizione o emblema per la società dei suoi lettori presenti e futuri, per l'insieme delle persone che parteciperanno al suo gioco, che si riconosceranno in esso.
(I. Calvino, Presentazione, in Orlando Furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino, 1970)

L’immagine del gioco è una delle chiavi portanti dell’interpretazione che Calvino offre del poema ariostesco, tesa a rintracciare e sviscerare i modelli di visione del mondo presenti nell’opera. Il gioco, come continua scomposizione e ricostruzione del mondo in immagini, è probabilmente anche la chiave per capire l’operazione di Grazia Nidasio (Milano 1931), illustratrice di lungo corso, autrice di alcuni tra i più significativi personaggi della letteratura per l’infanzia del secondo Novecento. Il filtro della rilettura di Calvino si riflette in composizioni di grande efficacia, apparentemente semplici: in realtà, i colori forti e contrastanti e le stesure libere, tipici di Nidasio, sottendono una sottile operazione di individuazione delle iconografie e dei simboli di volta in volta più espressivi dei vari momenti del racconto, e dello spirito della narrazione ariostesca.

Come in ogni gioco che si rispetti, la semplicità è apparente, la suggestione della piacevolezza nasconde la serietà di un messaggio: in questo caso, la consapevolezza del confronto con un capolavoro, capace di dare espressione all’umanità nel suo complesso, interiore e sociale.

Il senso del confronto, della sovrapposizione di autori (Ariosto-Calvino-Nidasio), è sintetizzato al meglio nella prima illustrazione: una doppia immagine di Calvino e Ariosto – quest’ultimo mutuato dall’affascinante Ritratto Barbarigo di Tiziano a lungo creduto un’effige del poeta. Ariosto, attorniato dalle carte del poema, si staglia su una Ferrara popolata di cavalieri che ne sono l’ossatura: prassi della scrittura e immaginazione si sommano, in una combinazione che si ritrova nell’immagine di Calvino, il cui volto, desunto da una fotografia in bianco e nero, emerge dalle nebbie ferraresi, più evanescente nel suo grigiore della sontuosa cromia di Ariosto, ma più grande nelle proporzioni.

Tra le ritualità di una tecnica e le fughe della fantasia si svolge il racconto illustrato, in un susseguirsi di immagini che, con abile simulazione di diretta e semplice espressività, sottendono spesso prelievi e citazioni: Rodomonte, «guerriero gigantesco che prende la rincorsa, attraversa il fosso al piede delle mura sollevando un turbine d’acqua e di fango, sembra si vada a spaccare la testa contro la muraglia» e la sua armatura di scaglie di drago, è tradotto dall’illustratrice nei profili taglienti della sagoma di Forme uniche della continuità nello spazio di Boccioni, i cui piani scartocciati per attrito con l’atmosfera ben descrivono l’impeto violento del terribile gigante.

Se la scultura di Boccioni è ridisegnata in un groviglio di segni, e replicata per rendere la velocità del movimento, ad altre fonti l’illustratrice riserva un diverso trattamento, sempre finalizzato a esprimere al meglio lo spirito del testo: ad esempio, la meraviglia del castello di Atlante «fatto per incanto, tutto d’acciaio, e sì lucente e bello» è espressa dall’‘impossibile’ architettura di frammenti di edifici di Gehry.

Altrove, per siglare icasticamente la descrizione della Luna che Calvino parafrasa da Ariosto, luogo dove si conserva tutto ciò che l’uomo perde (ciò che in somma qua giù perdesti mai, / là su salendo ritrovar potrai, XXXIV, 75, 7-8), traccia viva di ciò che non è più, paesaggio simile alla Terra e al contempo altro e speculare a essa, Nidasio ingrandisce la fotografia in bianco e nero dell’impronta lasciata da Aldrin sul suolo lunare nel 1969 e la ritaglia sulla superficie del pianeta verso cui vola, in un vortice di colori, Astolfo.

Anche laddove non si riscontrano citazioni evidenti, la fantasia dell’illustratrice riesce a cogliere in sintesi fulminee lo spirito della storia: la meravigliosa nave musulmana che affronta sul mare il vascello dei paladini, resa con uno straordinario impiego dei caratteri arabi a disegnare lo scafo, riafferma la forza dell’immagine, che nelle due piatte dimensioni del foglio, con il solo impiego di colori e linee, penetra in profondità nella capacità poetica di ammantare di fascinosa fantasia l’alterità dell’esotico.

Sorprendente per sintesi espressiva è anche l’illustrazione che accompagna il racconto della follia di Orlando: l’erompere tragico della furia alla scoperta della vicenda di Angelica e Medoro è narrato da Ariosto in una climax che culmina nella spogliazione di Orlando, che getta «i pezzi d’armatura ai quattro punti cardinali», e nella devastazione della foresta in cui il ‘tradimento’ di Angelica è stato scoperto. Nidasio pone al centro della scena la figura del paladino, nudo e bianco spettro – come del resto Orlando stesso si raffigura, spirito errante dell’uomo ‘ucciso’ da Angelica – delineato dai suoi tipici tratti briosi e rapidi, gambe e braccia larghe quasi puntate verso gli angoli del foglio, come i punti cardinali verso cui metaforicamente Calvino accenna; sopra di lui, sollevato nello sforzo sovrumano della furia, un grande albero, denso dei colori che mancano alla sagoma del conte, un’enorme nube di tinte verdi, violette e bluastre, in parte immagine di un albero effettivamente divelto alle radici, in parte allusione alle allucinate trasfigurazioni del mondo che occupano la fantasia – termine di nuovo al centro della triangolazione Ariosto-Calvino-Nidasio – ormai annebbiata dell’eroe.

È quest’ultimo un esempio tra i più alti dell’operazione che Nidasio conduce nei confronti del poema ariostesco e dell’interpretazione attualizzante e al contempo aderente allo spirito del testo che ne dà Calvino: come in ogni vero gioco, sotto la naturalezza infantile e un velo di ingenuità si scorge un serio meccanismo di relazione, pensiero e rappresentazione, capace appunto di svolgersi e intrecciarsi ‘come se niente fosse’.

Bibliografia

W. Fochesato, Fresca, elegante, briosa: la lezione di Grazia Nidasio, in Annual Illustratori italiani, Milano, Lint Editoriale, 2006, pp. 10-19.

Da Pinocchio a Harry Potter. 150 anni di illustrazione italiana dall'archivio Salani 1862-2012, catalogo della mostra (Milano, Castello Sforzesco, 18 ottobre 2012 – 6 gennaio 2013), a cura di G. Bacci, Milano, Salani, 2012.