D – Cominciamo dal 1964, quando sulle pagine del «Corriere dei Piccoli» appare un personaggio poi diventato celebre: il Dottor Oss. I testi e l’ideazione sono di Mino Milani, che decide di reinterpretare il testo di Jules Verne.

R – Sì, il racconto fu pubblicato per la prima volta su un giornale francese nel 1874, poi successivamente con altre novelle nell’edizione Hetzel. Milani trovò il libro su una bancarella ed ebbe l’idea di rifarlo in forma di immagini corredate dal testo.

Mentre nel primo episodio il protagonista aveva le caratteristiche delineate da Verne, quelle cioè di uno scienziato un po’ pazzo e un po’ malvagio, andando avanti il Dottor Oss è venuto assumendo caratteristiche proprie. Ne è uscito un personaggio ironico ed elegante, inventore di macchinari fantastici ai quali Milani, ovvero Piero Selva, dava nomi improbabili, come ‘Ossicoptero’ a un mezzo di trasporto ad elica rotante, o ‘Acquamobile Sommersivo’ a una specie di sottomarino, ecc. Rientrava in un filone di letteratura che riproponeva le invenzioni ottocentesche. Sono nati così sette episodi.

Mi divertiva fare queste ricostruzioni, usando riferimenti che andavano dagli antichi macchinari a pezzi di design attuale, come nel caso dello strampalato riutilizzo di una lampada di Castiglioni. Era una specie di sfida, di divertissement, una fantascienza inventata, così come i nomi para-scientifici in realtà inesistenti. Il racconto più geniale della serie, secondo me, è quello dell’Eremita Silvestro: il Dottor Oss entra in un’abbazia in rovina dove incontra un bizzarro monaco che non riesce a riparare uno strano apparecchio (che si rivela poi essere un’astronave), col quale vorrebbe tornare nel suo mondo. Allora Oss costruisce uno dei primi computer e risolve il problema.

* Continua a Leggere, vai alla versione integrale →

Categorie



Questa pagina fa parte di:

Italo Calvino, Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino, illustrato da Grazia Nidasio, Milano, Mondadori, 2009

L’immagine del gioco è una delle chiavi portanti dell’interpretazione che Calvino offre del poema ariostesco, tesa a rintracciare e sviscerare i modelli di visione del mondo presenti nell’opera. Il gioco, come continua scomposizione e ricostruzione del mondo in immagini, è probabilmente anche la chiave per capire l’operazione di Grazia Nidasio (Milano 1931), illustratrice di lungo corso, autrice di alcuni tra i più significativi personaggi della letteratura per l’infanzia del secondo Novecento. Il filtro della rilettura di Calvino si riflette in composizioni di grande efficacia, apparentemente semplici: in realtà, i colori forti e contrastanti e le stesure libere, tipici di Nidasio, sottendono una sottile operazione di individuazione delle iconografie e dei simboli di volta in volta più espressivi dei vari momenti del racconto, e dello spirito della narrazione ariostesca.

Come in ogni gioco che si rispetti, la semplicità è apparente, la suggestione della piacevolezza nasconde la serietà di un messaggio: in questo caso, la consapevolezza del confronto con un capolavoro, capace di dare espressione all’umanità nel suo complesso, interiore e sociale.

Il senso del confronto, della sovrapposizione di autori (Ariosto-Calvino-Nidasio), è sintetizzato al meglio nella prima illustrazione: una doppia immagine di Calvino e Ariosto – quest’ultimo mutuato dall’affascinante Ritratto Barbarigo di Tiziano a lungo creduto un’effige del poeta. Ariosto, attorniato dalle carte del poema, si staglia su una Ferrara popolata di cavalieri che ne sono l’ossatura: prassi della scrittura e immaginazione si sommano, in una combinazione che si ritrova nell’immagine di Calvino, il cui volto, desunto da una fotografia in bianco e nero, emerge dalle nebbie ferraresi, più evanescente nel suo grigiore della sontuosa cromia di Ariosto, ma più grande nelle proporzioni.

* Continua a Leggere, vai alla versione integrale →