Per secoli l’illustrazione è stata definita come ‘arte del margine’ per la posizione che occupa nella pagina, sorta di cornice del testo scritto, supplemento ornamentale che delimita graficamente le sezioni del libro. Per questo ruolo ancillare, squisitamente estetico, dell’immagine, lo studio dell’illustrazione è stato a lungo relegato nell’ambito della storia dell’arte e della storia del libro. È solo a partire dagli anni Novanta che si è assistito a una nuova specifica tendenza di ricerca, grazie principalmente a tre fattori.
In primo luogo, con la valorizzazione del libro come bene patrimoniale nazionale vengono riscoperti i cataloghi stilati da bibliomani e conservatori, che costituiscono il materiale di base per una nuova ricognizione bibliografica, volta a riscoprire i libri con immagini, in particolare ottocenteschi (fondamentali in tal senso sono stati i lavori di Gordon Ray, Jean Adhèmar, Paola Pallottino). Su quest’onda, in concomitanza con lo sviluppo dei visual studies, sono emersi i primi studi che analizzano l’illustrazione come prodotto culturale, cercandone costanti e varianti stilistiche, interrogando il suo ruolo nella fortuna del romanzo ottocentesco (si vedano in particolare i numerosi studi di Ségolène Le Men). In terzo luogo, la pubblicazione dell’ormai famoso volume curato da Alain Montadon, Iconotexts (Ophrys, 1990), nel quale l’illustrazione è esclusa dalla categoria di ‘iconotesto’, ha scatenato un dibattito critico attorno a questa definizione (sul quale si rimanda ai lavori di Peter Wagner, Benoî Tane, Jan Baetens) che ha portato anche la critica letteraria ad avvicinarsi ai libri con figure.
In questa prospettiva, i nove contributi raccolti nel volume XIII (25, maggio 2023) della rivista online Between costituiscono un ulteriore passo nell’esplorazione di questo vasto campo. Prendendo in esame un periodo chiave per l’evoluzione del libro illustrato, il ventaglio di case studies raccolti restituisce la varietà di approcci possibili all’analisi della letteratura illustrata e dimostra la complessità dell’argomento.
Innanzitutto, le illustrazioni non sono immagini isolate, ma sono parte dell’‘iconosfera’ (Gillo Dorfles) e partecipano alla costruzione di un immaginario. Mettere a confronto due testi illustrati, come fa Alejandro Patat nel suo articolo dedicato a Cento anni di Giuseppe Rovani (1868-1869) e Gli ultimi giorni di Pompei di Edward Bulwer-Lytton (1870), permette allora di evidenziare il rapporto inter-iconico che si forma tra i libri illustrati, di indagare la costituzione di topoi figurativi che circolano a livello nazionale e transnazionale.
Gli articoli di Jan Baetens e di Donata Meneghelli, dedicati rispettivamente alle illustrazioni fotografiche di Banalité di Léon-Paul Fargue e ai frontespizi realizzati dal fotografo Alvin Langdon Coburn per la New York Edition di Henry James, pongono la questione essenziale dei supporti e delle tecniche di realizzazione del libro illustrato, rivoluzionato all’inizio del Novecento dall’avvento della fotografia. La tecnica fotografica, in questi due casi, determina la costruzione tipografica del libro e, dietro un’apparente banalità, partecipa all’espressione di una determinata art of fiction.
L’illustrazione può infatti diventare una cassa di risonanza per le poetiche degli scrittori. In tal senso, gli articoli di Nicole Siri e Saverio Tomaiuolo prendono in analisi le illustrazioni originali rispettivamente per l’Assommoir di Emile Zola (1878) e per The Mystery od Edwin Drood di Charles Dickens (1870), indagando come l’immagine risponda a determinati elementi chiave dei testi (la rappresentazione del tempo all’epoca dell’avvento della società capitalista in Zola, l’affermazione del mistero come nodo centrale dell’ultimo romanzo di Dickens).
Se le illustrazioni realizzate sotto il controllo degli scrittori impongono una riflessione sulla co-autorialità dell’opera, le «illustrazioni postume» (S. Baroni, L’immagine alla lettera. La letteratura illustrata e il caso Balzac, Roma, Artemide, 2023, p. 41) invitano a fare particolare attenzione al progetto editoriale in cui sono realizzate, in quanto si tende a mettere in rilievo – o, al contrario, censurare – determinati aspetti dei testi. È il caso dell’edizione illustrata del 1853 di Corinne ou l’Italie, analizzata da Valentina Monateri, in cui l’illustrazione è usata per sottolineare il ruolo intermediale dell’arte romantica.
Ancora, le illustrazioni postume possono essere altresì spie della ricezione di un’opera nel corso del tempo, fuori dal contesto che l’ha vista nascere. Così i contributi di Valentina Abbatelli, Eleonora Gallitelli e Viviana Triscari sono dedicati alla ricezione in Italia di tre testi. Gallitelli analizza la prima edizione italiana illustrata del David Copperfield di Charles Dickens (1868-1869), evidenziando come l’illustrazione italiana tenda a mettere in rilievo determinati personaggi a scapito di altri, che vengono praticamente censurati nel tentativo di adattare il testo di Dickens alla corrente morale della società italiana del tempo. Abbatelli e Triscari, invece, adottano un approccio transmediale. Abbatelli mostra l’evoluzione diacronica della rappresentazione dei personaggi femminili di Little Women di Alcott a partire dalle illustrazioni originali di Mary Alcott fino alle edizioni italiane del primo Novecento, soffermandosi sull’importanza del primo film dedicato a Piccole donne (1934), che ha influenzato le illustrazioni successive. Triscari analizza alcuni racconti di Poe illustrati da Alberto Martini, mettendoli in relazione con alcune stampe a tema fantastico dell’Ottocento e con il fumetto di Alberto Breccia, Il cuore rivelatore.
Questo numero di Between dunque, per l’ampiezza della bibliografia – primaria e critica –, la ricchezza di approcci e il metodo comparativo delle analisi presentate, ha il pregio di dimostrare come l’illustrazione ponga una serie di riflessioni che la critica e la teoria letteraria sono chiamate a raccogliere: l’illustrazione, lungi dall’essere un mero supplemento estetico, può espandere il testo, giocando con i confini narrativi e i nuclei tematici della storia, farsi espressione di particolari condizioni materiali di produzione e di un determinato immaginario, oltre che veicolo di una determinata circolazione e ricezione del testo scritto e del suo autore.