Con la curatela di Luciano De Giusti e di Roberto Chiesi, nel 2015 è stato pubblicato per la Cineteca di Bologna e Cinemazero Accattone. L’esordio di Pier Paolo Pasolini raccontato dai documenti, prima uscita della collana Pier Paolo Pasolini, un cinema di poesia, dedicata alla produzione cinematografica del poeta bolognese. A distanza di pochi anni, la serie continua a scandagliare l’universo registico pasoliniano, seguendone l’evoluzione lungo un ordinato asse cronologico, e si arricchisce di un ulteriore segmento, Mamma Roma. Un film scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini (2019). Il volume, curato da Franco Zabagli, porta adesso all’attenzione dei lettori la drammatica storia della madre – ritagliata da Pasolini sul corpo e sul temperamento di Anna Magnani – che tenta con disperata ostinazione di tracciare per il figlio Ettore un sentiero di riscatto, e mantiene l’impostazione inaugurata nel 2015. Se Accattone ha imposto una riflessione sul passaggio al cinema come forma espressiva relativamente nuova nella carriera di Pasolini, che dopo una frequentazione della scrittura per il grande schermo esercitata sulle sceneggiature di film altrui impugna la macchina da presa tra il 1960 e il 1961, la seconda pellicola del poeta-regista, proiettata per la prima volta in occasione della XXIII Mostra del Cinema di Venezia nel 1962, mette in campo tematiche, dinamiche di ricezione e scelte estetiche, sorrette da una consapevolezza ancora maggiore, che vengono affrontate lasciando di nuovo ‘parlare’ anche i documenti e la bibliografia primaria.
All’interno del volume le interviste, i ricordi, i diari di lavorazione del film si alternano, infatti, ad approfondimenti critici più recenti e offrono un efficace contrappunto tra la viva testimonianza delle figure a vario titolo coinvolte nella genesi, nella realizzazione, nella lettura estemporanea dell’opera e gli scritti saggistici stemperati dalla distanza temporale e da una più distesa ‘metabolizzazione’ critica delle prospettive d’analisi suggerite dalle sequenze pasoliniane. Afferenti alla prima tipologia di materiali sono i contributi inclusi nelle prime sezioni del libro, che consentono di seguire ‘in corso d’opera’ – anche tramite le parole dello stesso Pasolini apparse sulla stampa periodica durante le riprese e la diffusione iniziale del film, oppure attraverso il Carnet di Mamma Roma, il prezioso diario compilato dall’aiuto regista Carlo di Carlo – le fasi della costruzione del personaggio, la sua illusoria tensione verso uno spietato mondo piccolo borghese, le peculiarità dello stile di ripresa dello scrittore e della tecnica recitativa di Magnani, i passi in cui si esplica la valenza lirica della luce. Sono soltanto alcuni esempi, questi, dei percorsi ermeneutici che si dipartono direttamente dai documenti selezionati e che fanno da pendant alle prime recensioni del film, dove serpeggia ancora l’ombra del pregiudizio (insito, tra gli altri, anche nel parere di Alberto Moravia) che vede la performance della protagonista come un elemento estraneo rispetto al popolo sottoproletario e alla spontaneità degli attori non professionisti scelti da Pasolini.
Il libro raccoglie dunque la complessità di Mamma Roma e, insieme alla polifonia delle voci dell’autore, della prima attrice, dei collaboratori, dei primi spettatori d’eccezione, ne restituisce alcuni tratti di maggior interesse in compiuti focus critici. Gli aspetti finanziari, ad esempio, e il funzionamento dell’ingranaggio produttivo, guidato da un abile Alfredo Bini misuratosi con la ‘diva’ Anna Magnani, sono al centro delle osservazioni proposte da Tommaso Mozzati. Francesco Galluzzi, invece, già autore di una monografia dedicata al rapporto tra Pasolini e la pittura (Bulzoni, 1994), passa in rassegna i riferimenti figurativi e i disegni realizzati da Pasolini in forma di storyboard, e ne indaga corrispondenze e connotazioni espressive, sciogliendo peraltro, con puntuali argomentazioni, l’annosa questione dell’influenza di Mantegna o di Masaccio nella ripresa di scorcio del corpo esanime di Ettore sul letto di contenzione. Il contributo di Roberto Chiesi, infine, tiene conto del contesto politico e sociale in cui si situa la distribuzione di Mamma Roma e, seguendo i tagli effettuati nell’edizione definitiva rispetto alla versione proiettata a Venezia il 31 agosto 1962, guida il lettore tra gli ostacoli di carattere censorio, nonché tra le abiette ostilità di stampo neofascista di cui hanno dato prova la denuncia nei confronti del film e l’aggressione a Pasolini avvenuta al cinema Quattro Fontane il 22 settembre, in concomitanza con la prima visione della pellicola.
Tra le sezioni che schiudono le soglie del laboratorio di Pasolini, inoltre, si segnala Un film scritto, in cui Franco Zabagli – il quale nel saggio introduttivo immette Mamma Roma, in maniera filologicamente rigorosa, nel contesto più ampio del corpus letterario dell’autore – rende fruibile la cartella conservata presso l’Archivio Contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto Vieusseux di Firenze contenente le carte relative al film. Tra queste si trovano i primi appunti inediti scritti a penna da Pasolini, riprodotti e affiancati alla rispettiva trascrizione, e il ‘vecchio finale’ dattiloscritto della sceneggiatura, che si interrompe sulla morte di Ettore in cella e consente di desumere che la decisione di porre l’accento sullo strazio, sull’urlo e sullo sguardo attonito di Mamma Roma, riscontrabile nella versione a stampa della sceneggiatura e nei frame conclusivi, sia subentrata in un secondo momento. Le bozze manoscritte e i fogli della sceneggiatura battuti a macchina sono soltanto alcuni frammenti del corredo iconografico confluito nel volume, costituito anche da foto di scena, vignette, pagine di riviste dell’epoca, immagini di repertorio che scorrono parallele ai testi e che, adeguatamente intercalate, ne rappresentano un valido versante visivo, spesso agganciandosi in modo esplicito alle porzioni verbali e offrendone un’incisiva visualizzazione.
Il progetto editoriale sul cinema di Pasolini che ospita il volume su Mamma Roma, sebbene articolato ancora sulle prime prove, possiede già il merito di riportare alla luce, a distanza di quasi sessant’anni, alcune pietre miliari della attività complessiva dello scrittore. È possibile continuare così a discutere e a rendere attuali gli orizzonti critici che si nutrono di quelle audaci soluzioni contenutistiche e formali, di quei peculiari accostamenti ossimorici da cui si genera la poesia in movimento di Pasolini, ancora evidentemente soggetta a fecondi margini di ‘apertura’. Per la collana Pier Paolo Pasolini. Un cinema di poesia, dunque, non si può che auspicare un lungo percorso, in attesa del prossimo ingresso nell’officina cinematografica di un raro poeta e regista.