Luciano de Giusti e Roberto Chiesi (a cura di), Accattone. L’esordio di Pier Paolo Pasolini raccontato dai documenti

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Tra il 1960 e il 1961 con il film Accattone Pier Paolo Pasolini iniziò ad affiancare alle note vesti di poeta e romanziere quelle di regista. Lo scrittore non era estraneo al mondo del cinema, avendo già collaborato a diverse sceneggiature per autori come Mario Soldati, Federico Fellini, Mauro Bolognini, Carlo Lizzani, ma in quel biennio impugnò la macchina da presa e nel passaggio da una struttura (la sceneggiatura) a un’altra (il film) decise di farsi parte attiva del processo creativo. Le ragioni di tale integrazione di mezzi espressivi, i reciproci riverberi tra la tecnica e il contenuto del film, la portata innovativa di un’estetica radicale emergono con lucida eloquenza nel volume curato da Luciano De Giusti e Roberto Chiesi Accattone. L’esordio di Pier Paolo Pasolini raccontato dai documenti (Bologna-Pordenone, Cineteca di Bologna-Cinemazero, 2015). Il testo riunisce documenti, interviste, appunti che offrono una testimonianza diretta e finora poco nota della genesi del film, arricchita non solo da trascrizioni e dattiloscritti inediti provenienti dagli archivi di Cinemazero, ma anche dai ricordi degli attori e di coloro che a partire da Accattone si rivelarono i più stretti collaboratori di Pasolini. Le parole di Adele Cambria, interprete del ruolo della remissiva Nannina, e di Franca Pasut, che diede corpo alla pura e ingenua Stella, si affiancano nel volume alle testimonianze di Bernardo Bertolucci, giovanissimo aiuto-regista, di Tonino Delli Colli, direttore della fotografia, di Nino Baragli, responsabile del montaggio di tutti i film di Pasolini, e illuminano con preziosi indizi le diverse fasi di lavoro, dallo shooting alla post-produzione.

Durante la lettura del testo è possibile avvalersi anche della guida dei curatori, che oltre a introdurre e a contestualizzare brevemente i documenti accolti nel volume, ricostruiscono alcuni aspetti delle complesse vicende che caratterizzarono la produzione e la distribuzione del film. Il saggio di Luciano De Giusti ripercorre il primo movimento di Accattone, fornendo un chiaro ragguaglio sui celebri provini richiesti dalla Federiz (la casa di produzione fondata da Federico Fellini insieme ad Angelo Rizzoli e Clemente Fracassi) e sul rifiuto a cui andarono incontro quelle iniziali, rivoluzionarie riprese prima che Alfredo Bini decidesse di produrre il film. Nell’excursus condotto da De Giusti il riferimento al controverso itinerario produttivo è preceduto da un confronto puntuale tra le scalette, i foglietti manoscritti e i diversi materiali preparatori dai quali emergono significative varianti nella trama di Accattone. Si viene così a conoscenza, ad esempio, di un episodio – la visita al camposanto di Ardea, dove era sepolto il padre di Stella, presente nella sceneggiatura finale e realmente girato, ma poi escluso al montaggio – che amplificava la vocazione funebre del protagonista. Allo stesso modo si scopre l’esistenza di un diverso finale: come si evince anche dal trattamento parzialmente inedito pubblicato nel volume, il tragico epilogo del cupo e schivo Franco Citti nei panni di Accattone doveva avvenire in seguito a un tuffo nel Tevere e non attraverso un incidente in moto, scelta che ha proiettato una maggiore ambiguità sulla morte del protagonista.

Un’attenta ricostruzione delle travagliate vicende censorie e un’accurata descrizione dell’impatto successivo alle prime proiezioni del film, invece, è ciò che ci propone l’intervento di Roberto Chiesi. Soffermandosi sulla scelta della Mostra del cinema di Venezia di includere Accattone in una sezione secondaria, quella informativa, e sul silenzio del Ministero e sulle reticenze che provocarono il ritardo nella concessione del visto, Chiesi induce il lettore a prendere coscienza del clima politico e culturale degli anni in cui Pasolini si trovava ad operare; lo studioso non manca di analizzare anche la consistente mobilitazione dei più impegnati tra gli intellettuali italiani del secondo Novecento, nonché di parte del mondo cattolico, e di offrire, in un secondo contributo, un commento ragionato dei più rilevanti interventi critici dell’epoca.

Il volume si arresta volutamente al di qua della soglia dell’interpretazione, ma gli elementi necessari a uno studio filologico e critico del film, della produzione anche narrativa dei primi anni Sessanta e della poetica cinematografica pasoliniana sono presenti ed emergono dalla voce stessa dell’autore. Tra i punti di forza del testo, infatti, si nota la scelta di includere, in una corposa sezione centrale, interviste e dichiarazioni che lasciano spazio agli intenti di Pasolini, mettendo in luce la sua inclinazione autocritica e pedagogica. La frontalità e la fissità delle inquadrature, l’assenza di piani-sequenza e di virtuosismi tecnici, il superamento del naturalismo in virtù di un rapporto sacrale e immediato con le cose, il ricorso alla verità espressa dagli attori non professionisti, l’attenzione ai modelli (Dreyer, Chaplin e Mizoguchi) sono tutti aspetti che hanno ispirato le monografie più avvedute sul cinema pasoliniano – sottesi, oltretutto, alle cruciali argomentazioni contenute in Empirismo eretico – e nel volume si pongono come tracce della fondazione di un’estetica nuova di cui lo scrittore mostrava di essere già pienamente consapevole.

A corredare i documenti e i saggi, infine, vi sono le foto di scena realizzate da Angelo Pennoni, disposte a metà pagina o a pagina intera, insieme a quelle scattate durante il periodo di ipotizzata produzione della Federiz, e attribuite a Tazio Secchiaroli. Squarci di luce sui sopralluoghi e sulla vita nel set (potenziati dalla riproduzione di alcuni schizzi preparatori), le fotografie accompagnano il lettore nel viaggio dentro l’opera proposto dal libro e testimoniano visivamente le modalità di lavoro del regista, della troupe e degli attori, rivelando la loro utilità indiziaria anche per la ricostruzione di scene ed episodi mancanti nella versione definitiva del film.

Questo testo rappresenta il primo volume di una collana intitolata Pier Paolo Pasolini, un cinema di poesia, volta a ripercorrere l’intera opera cinematografica pasoliniana. Non resta dunque che attendere la seconda tragica redenzione, probabilmente quella di Ettore racchiusa nell’urlo disperato di Anna Magnani.