Intersezioni, osmosi, stratificazioni: il convegno Portrait du marionnettiste en Auteur* e le plurime dimensioni delle drammaturgie per marionette

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Il contributo dà conto delle questioni tematiche e metodologiche emerse nel corso del Convegno Portrait du marionnettiste en Auteur tenutosi nell’ambito del progetto Puppetplays all’Università di Montpellier nel maggio 2023. Prendendo spunto da alcuni tra i numerosi interventi presentati, si cerca di mettere a fuoco momenti condivisi con il teatro tout court e motivi che connotano i generi delle ‘Figure’ in modo peculiare e specifico. In particolare ci si concentra sulle accezioni di ‘testo’ e di ‘autore’ e sul motivo dell’intertestualità che deriva dalla caratteristica fluida e molteplice del testo spettacolare. Motivi centrali della scrittura per marionette appaiono: il contesto di implicazioni che derivano dal rapporto dell’animatore con la materia; la funzione del ‘non-detto’ in tali drammaturgie; il rapporto tra testo visibile (udibile) e sue stratificazioni percepibili al di sotto e tra le parole.

This paper gives an account of the thematic and methodological issues that emerged during the conference Portrait du marionnettiste en Auteur held as part of the Puppetplays project at the University of Montpellier in May 2023. Drawing on some of the many contributions presented, an attempt is made to focus on aspects shared with theatre tout court and patterns that connote the genres of 'Figures' in a peculiar and specific way. In particular, we focus on the meanings of 'text' and 'author' and on the motif of intertextuality that derives from the fluid and multiple features of the performance text. Key motifs of writing for puppetry appear to be the context of implications arising from the animator's relationship to the material; the function of the 'unspoken' in such dramaturgies; the relationship between visible (audible) text and its perceptible layers beneath and between words.

* Le citazioni tra virgolette, senza rinvio di nota, si intendono riferite agli interventi del convegno, disponibili online: 

https://puppetplays.www.univ-montp3.fr/fr/actualit%C3%A9s/colloque-puppetplays-portrait-du-marionnettiste-en-auteur.

 

  1. Il progetto Puppetplays e le sabbie mobili del testo teatrale

Di che cosa parliamo quando parliamo di testo, a teatro? Chi è l’Autore di un testo che vive pienamente solo nella dimensione della scena e di fronte agli spettatori? E che cosa studiamo quando pretendiamo di studiare un testo inafferrabile per costituzione, che si rimette in discussione ad ogni rappresentazione perché sempre in gioco dinamico e dialettico nelle relazioni con gli altri elementi scenici? E ancora, quali e quante accezioni di ‘Drammaturgia’, e quindi di Dramaturg, possibili oggi?

Sono questioni basilari che conosce bene chi si occupa di performatività, teatro e spettacolo.[1] Questioni sostanziali che, come spesso accade, i teatri di figure sbalzano con maggior ‘profondità’ e rilievo. L’occasione per metterle a fuoco nella loro complessità è data dal progetto Puppetplays, che grazie ad un finanziamento ERC (e ad una appassionata ed efficiente équipe), si è proposto di repertoriare testi per marionette (nell’accezione francese dell’espressione Marionnette, ossia comprensiva di tutti i generi assimilabili ai teatri di figure), offrendoli alla consultazione on line entro una solida cornice storico-critica. Ovvero la costituzione di un archivio digitale di testi, strutturato come una banca dati ad accesso libero, ospitata da una piattaforma[2] articolata. Come si legge nella presentazione del progetto, si tratta di «studiare e rendere accessibile ad un vasto pubblico un’ampia selezione di testi per marionette prodotti nell’Europa occidentale», in un’estensione cronologica dal XVII al XXI secolo; 2000 i titoli, dei quali diverse centinaia in versione digitale, oltre ad una serie di pubblicazioni, dossiers e percorsi tematici, strumenti didattici, dizionario degli autori, glossario. Ad oggi sono stati inseriti 600 testi teatrali, che è possibile ‘attraversare’ seguendo percorsi di ricerca diversificati, sfruttando le preziose relazioni segnalate dal gruppo di ricerca in fase di inserimento.

 Affiche del progetto Puppetplays

Puppetplays dispiega una ricerca che non consiste ‘solo’ nell’individuazione di repertori: non si tratta di un mero regesto di testi (per quanto ogni progetto di catalogazione o inventario sia prezioso e imprescindibile), bensì di un laboratorio di ricerca, studio e confronto, che alimenta la riflessione critica su storiografia e metodologia specifiche di questi territori.

Il progetto mette a disposizione degli studiosi i testi dopo un attento lavoro di contestualizzazione, analisi, comparazione, vaglio critico; promuovendo seminari e convegni e innescando un circolo virtuoso tra studiosi e artisti, documentazione d’archivio, memoria orale e fonti viventi della contemporaneità. Un cantiere che, disegnando i contesti nei quali origina la scrittura drammaturgica, si interroga sulle dinamiche implicate, sui processi creativi, sulle continuità e/o discontinuità rispetto alla drammaturgia del teatro d’attori in carne e ossa.

Tramite newsletter vengono inviati aggiornamenti: ogni invio un affondo, a comporre una guida dei percorsi di ricerca possibili via via emergenti. La compagine di base è formata dal capofila del progetto, Didier Plassard, coadiuvato da Carole Guidicelli, dall’amministratrice (ma non solo) Claire-Marine Parodi, dalle ricercatrici Francesca Di Fazio, Sophie Courtade, Anna Leone e Jean Boutan. Ma si mira a coinvolgere quanti più studiosi e studiose possibile, attraverso seminari interni e momenti di confronto pubblici.

Insomma attraverso la lente della scrittura per marionette si è creato un laboratorio di ricerca su di un universo – non lo diremo mai abbastanza – troppo poco studiato, marginalizzato. Che dai margini ha saputo non solo iniettare linfa vitale al teatro tout court, ma anche offrirne sguardi e prospettive lungimiranti e non scontate.

È quel che è accaduto nei tre densissimi giorni del convegno Portrait du Marionnettiste en auteur (Università di Montpellier, maggio 2023), che ha offerto uno spettro di studi e interventi sufficientemente ampio per dimostrare da un lato la varietà delle forme (sceniche e drammaturgiche) implicate da questi generi, dall’altro l’importanza e la necessità di mettere a fuoco in modo non generico nodi problematici, metodologie di ricerca, approcci nella riflessione.

Sfogliando il programma[3] si può intuire la ricchezza e varietà di interventi, di studiosi e di artisti, sulla storia passata e sul presente, sui processi creativi e sulle drammaturgie, coprendo le aree geografiche di Belgio, Francia, Italia, Germania, DDR, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Svizzera e attraversando gli ultimi due secoli. Un programma strutturato sull’alternanza delle voci degli artisti e degli studiosi, di casi di studio specifici e riflessioni di più ampio respiro, arricchito da una tavola rotonda sui teatri d’ombre, senza trascurare la visione di performance e proiezioni.

Tra le parole chiave del progetto spicca sicuramente ‘tracce’, quelle che segnano la ricerca e l’individuazione della partitura scritta o annotata. Sotto al reperimento della scrittura per la pagina e per la scena pulsano gli interrogativi sui motivi che portano a scrivere, a fissare su supporto una partitura verbale, quella teatrale, per definizione incompleta e complementare. In tal senso, sostanziali le riflessioni e precisazioni della conferenza di inquadramento generale di Didier Plassard (che ha poi trovato conferme nei singoli interventi delle tre giornate). A partire dal ‘promemoria’ circa il fatto che il testo non è che una «piccola parte dello spettacolo», solo una «manifestazione seconda, accidentale, sospetta, se si vuole un prodotto derivato…»[4] e che passare dal testo non sempre sia la miglior soluzione per comprendere la drammaturgia (si citano story board e ripresa video contemporanei come probabilmente più efficaci).

Se questo vale per tutto il teatro, per le figure, dove la dimensione orale e quella visiva hanno in generale un peso maggiore, tale elemento diventa peculiarità di dinamiche complesse dato che la scrittura, oltre che con autore/regista/attore, deve fare i conti con la materia e quella condizione singolare di presenza che è l’attore ‘artificiale’. Basti pensare alla preziosa testimonianza di Bruno Leone a proposito di Pulcinella e dei suoi ‘travestimenti’ (nel nostro contesto anche nell’accezione sanguinetiana).[5] La realizzazione dello spettacolo, racconta il maestro delle guarattelle, è sempre la risultante di infinite possibili vite del testo, delle sue multiple dimensioni che ‘precipitano’ in primo luogo nel testo scritto e nel testo orale: quest’ultimo dalla vita enormemente più complessa, approdo di un percorso che dall’idea, articolata con l’apporto di studi e letture, conduce al canovaccio e poi al testo recitato/agito dai burattini, i quali a questo punto ne detengono la ‘direzione’. Ritorneremo su tale ruolo della materia animata, specificità del nostro territorio d’osservazione.

Tale dimensione dell’oralità è talmente forte e intrisa di portato creativo da condurre Leone alla considerazione che le cause di una inadeguata manipolazione non vadano cercate in una cattiva tecnica, bensì nell’impasse che causa l’incertezza nella recitazione del testo. Questo, insieme alla sua traduzione scenica, deve essere talmente memorizzato e padroneggiato da «poter permettere al burattinaio di compiere errori…». Iniziamo dunque a far piazza pulita di uno dei luoghi comuni di questi generi: la cosiddetta generica ‘improvvisazione’.

La trasmissione orale dei repertori di Pulcinella, Polichinelle, Punch e dei loro compagni ha insita una dimensione molteplice propria all’oralità, dalla quale deriva anche il carattere di intertestualità.

Nel corso degli interventi, numerose le prove del fatto che in sede storico-critica l'analisi del testo spettacolare esige una metodologia composita, traendo da territori di diverse discipline, e che va salvaguardata la specificità complessa del linguaggio scenico, intertestuale e multimediale. La cosiddetta filologia (e il suo implicito anelare ad un Urtext, un testo ‘originario’) oggi invocata a piè sospinto come a volere legittimare il nostro volatile oggetto di studio, non deve portare al rischio di perderne la specificità. Ci si deve comunque arrendere di fronte al fatto che il testo teatrale propriamente scenico ̶ cioè quel che fa lo spettacolo e la sua storia ̶ ci sfuggirà sempre. Dato che «la drammaturgia non è letteratura», come rammenta, quasi a mo’ di exergo, Alfonso Cipolla in apertura del suo intervento. Tutti i contributi insistono sulla specificità del testo teatrale rispetto al testo letterario.

Sembrano ovvie constatazioni (evidenziate già dalla teatralogia di inizio Novecento), eppure non completamente assimilate e digerite dalla nostra cultura (ancora) logocentrica.[6] Quel che qui interessa è la loro declinazione nell’ambito delle figure e come questo terreno sia particolarmente fertile a darne prova.

Didier Plassard evoca il primo convegno promosso dal progetto, tenutosi nell’ottobre 2021, L’écriture littéraire pour marionnette[7] sottolineando la proficua discontinuità tra i due momenti, in un certo modo recto e verso di questo universo drammaturgico. Portrait du marionnettiste en auteur non ne rappresenta la continuazione, bensì piuttosto un cambio di prospettiva. Nel primo caso testi che non necessariamente approderanno alla scena scritti da autori riconosciuti in altri generi. Nel secondo convegno il focus è sul marionettista, dato che il testo non necessariamente viene pubblicato. Un testo che si consegna al tempo solo in tracce, delle quali dobbiamo rispettare lo statuto incerto.

 Affiche del Convegno L’écriture littérarie pour marionnettes

Tracce più o meno consistenti, che conducono all’interrogativo: che cosa porta alla decisione di conservare il testo? a quale supporto si sceglie di affidarlo? Molteplici le risposte, tutte possibili e plausibili. È necessario tenerle presente e farle dialogare così come interrogare la relazione intertestuale che si instaura, implicando una stratificazione temporale e la sintesi di ‘tradizione’ e reinvenzione; un ‘crocevia’ rammentato nel titolo dell’intervento di Plassard, L’écriture au croisement des durées, ou la marionnette et l’intertestualité. Se ogni rappresentazione teatrale è un’opera, allo stesso tempo essa è il prodotto di relazioni costruite che si esplicitano, almeno in parte, in modo effimero e mai fissate definitivamente.

 

2. Un’autorialità fluida e stratificata

Quali le peculiarità della scrittura per marionette? Oralità e peso della partitura visiva vi sono senza dubbio preponderanti rispetto al teatro tout court. A tal proposito possiamo rilevare la vicinanza del teatro di figure con il cosiddetto ‘teatro di ricerca’, a partire da quel processo per ‘composizione’ più che per concatenazione, sancito dal saggio capitale di Kandinskij (Sulla composizione scenica astratta, 1912), in tal senso sorta di nume tutelare di tutto il Novecento. Un teatro meno ‘rassicurante’ proprio perché spesso non poggia sul logos della tradizione testocentrica.

Citando Deleuze, Plassard ricorda che ci si muove sulla linea di frontiera tra ciò che conosciamo e ciò che rimarrà ignoto.[8] L’osservatore deve sintetizzare nel proprio sguardo la misura dell’orizzonte e la fragilità del suolo su cui si trova. Tale fragilità corrisponde alla «friabilità della nozione di ‘testo’».

Che cosa è dunque un testo teatrale? ‘Scritto’ materialmente, su diversi supporti e con differenti modalità, è «un testo compatto eppure lacunoso»; aggiungiamo, fatto di scrittura immateriale, quella della scena, risultato di tante componenti, che assimila secondo un fattore impalpabile che ne è amalgama e sintesi.

Plassard ricorre a una bella immagine che evoca lo stato fisico della materia: il testo è «parola solidificata», come affermava Georges Banu intervenendo su Peter Stein;[9] ma, precisa, tale solidità vale solo per un certo tipo di teatro – per la grande regia (e la cosiddetta ‘grande drammaturgia europea’, che, aggiungiamo, non occupa che una piccolissima parte dei millenni di teatro che più o meno conosciamo…). E comunque, dice Plassard, osservata più da vicino l’attività teatrale europea dal punto di vista dei testi somiglia più alle sabbie mobili del Mont Saint Michel che alla pietra dell’Acropoli.

Tale instabilità aumenta, appunto, allontanandosi dal cosiddetto ‘teatro istituzionale’, verso i generi ‘popolari’ o presunti tali, investendo qui in modo più decisivo lo statuto del testo: sempre provvisorio, costitutivamente e potenzialmente se non di fatto, contemplando già nel suo darsi la possibilità di modifiche e interventi successivi. Il ‘testo’, apparentemente l’unica scrittura della scena che permane, si rivela insomma uno dei fattori più mobili e instabili, oltre che suscettibili di fraintendimenti.

Le diverse tracce creano dislocazione temporale e le categorie chiamate in campo da questa ‘mobilità’ del testo e del suo statuto hanno inevitabilmente a che fare con il tempo. Oltre ad essere sostanziale motivo di svolgimento drammaturgico, dimensione sulla quale il marionettista spesso può giocare in senso metateatrale, il tempo è uno dei fattori di costitutiva instabilità e incertezza, dato lo scarto tra testo edito e testo rappresentato (e tutte le variabili).

Rispetto a tali stratificazioni Didier Plassard porta il suggestivo esempio del muro di un edificio nel quale siano visibili le stratificazioni architettoniche, ‘tracce’ di precedenti manufatti che offrono simultaneamente le dimensioni di passato e presente.

Ma pensiamo anche al «gran mistero del tempo» di cui parla Toni Rumbau (Le double et la marionnette: un moteur dramaturgique). Il carattere ieratico della marionetta la apparenta all’eterno, ad un tempo immobile, in relazione al tempo fugace dell’evento spettacolare. Il teatro di marionette risolve il paradosso della compresenza tra immobilità e movimento: permette di fermare l’istante sul volto dell’interprete.

Rumbau torna a sottolineare la vicinanza con la complessità del teatro d'attore e si meraviglia che qualcuno metta in dubbio il futuro della marionetta: semmai il futuro del teatro appartiene proprio a questo straordinario ‘motore’ di drammaturgia, per il suo potere comunicativo in quanto archetipo, portatore dell’alterità del doppio e dell’ombra.

Un altro esempio della pluralità ‘temporale’, connessa a mobilità di testi e repertorio, anche nel solco della tradizione, è offerta da Paul Fournel, che restituisce la sua approfondita conoscenza di Guignol. Ancora riflette sul tempo ‘orizzontale’ Frank Soehnle, a proposito di Hotel de Rive, Giacometti horizontale Zeit. E sin dalla presentazione del convegno ricorre l’amletico «The time is out of joint», poi la variante «to be and not to be» come dimensione sintetica di com-presenza (Toni Rumbau).

È questo tempo scardinato, multiplo e co-presente a nutrire la complessità delle forme drammaturgiche delle figure.

 

3. Il marionettista ‘come Autore’: di quale testo?

Ma arretriamo un po’ all’apertura del convegno. Ritratto del marionettista come autore (Portrait du marionnettiste en auteur): il titolo ha richiamato Joyce, Ritratto dell’artista da giovane (1917) così come il Ritratto dell’artista da cucciolo di Dylan Thomas del 1940 (suggestivi orizzonti sui temi dell’identità dell’artista). Evochiamo un’altra cornice, Il ritratto dell’artista da saltimbanco di Starobinski (1984), consono al contesto di una certa spettacolarità e dei suoi miti, generati nella letteratura e nell’arte dal circo, ma anche da tutti i generi di strada che condividono con burattinai e mostratori vari marginalità, eccentricità, incandescenza.

Nella presentazione delle prorettrici Sarah Hatchuel e Nathalie Vienne-Guerrin, angliste, sono state poste questioni basilari volte a ribadire l’importanza della drammaturgia per marionette, la loro appartenenza alla storia del teatro (e della letteratura), ma anche le parentele tra la grande drammaturgia shakespeariana e le baracche o i teatrini delle figure.

Accanto alle rappresentanti dell’Università di Montpellier, al tavolo ‘inaugurale’ Dimitri Jageneau, segretario generale UNIMA internazionale e Nicolas Saelens, Presidente di Themaa (Association Théatres de Marionnettes et Arts Associées), l’attiva associazione francese che rappresenta UNIMA in Francia, sul cui intervento ritorneremo. Presenze significative, a dichiarare attenzione e condivisione con il mondo extrauniversitario, con artisti e professionisti delle arti sceniche.

Nel paesaggio ritratto dal convegno la specificità del testo teatrale per marionette ne mette in rilievo lo statuto mobile e vario, che muta sia a seconda della fase del processo creativo che secondo le diverse modalità di artisti e contesti. I contributi hanno testimoniato tali equilibri dinamici e mutevoli tra soggetto drammaturgico (l’idea), elaborazione della ‘partitura’, processo creativo e allestimento scenico. Nel corso di una recentissima presentazione del progetto al Festival di Charleville-Mézières altri artisti hanno ribadito questo punto,[10] affermando in generale l’estrema difficoltà a pensare a modelli generalmente validi.

Se nel suo classico libro su Pinocchio Manganelli suggeriva la dimensione ‘cubica’ di certi libri[11] potremmo dire che nel nostro caso il testo è ‘sferico’, in quanto potenzialmente infinito, in continua espansione e contrazione.[12]

Ma concretamente, quale la fenomenologia di un testo teatrale? Tra le numerose tipologie sfilate nel corso degli interventi, solo per citarne alcune, il copione (che già indica una varietà di fasi e modifiche), il francese manuscrit du souffleur, la copia manoscritta con finalità di traccia per la ripresa nel contesto ottocentesco, che riporta il nome del copista e non dell’autore, il testo edito, prima o dopo la rappresentazione. Oppure il testo del Guignol di Morguet, trascritto sulla scorta della memoria, e dunque sempre mutevole (Paul Fournel). Illuminano circa lo statuto del testo anche ‘paratesti’ come il manuale de uso che introduce il copione, citato da Cécile Bassuel a proposito di Jaume Policarpo.

Già questi pochi esempi mostrano gli ‘statuti’ del testo che si dipanano tra concezione, copia e rappresentazione; le definizioni si rincorrono, creano la pluridimensionalità che è necessaria a cogliere questo effimero oggetto di studio.

Si capisce che le varianti sono infinite. Il punto su cui ha lavorato gran parte del convegno è che non si tratta in realtà di ‘varianti’, ma di una serie di ‘originali’. Emblematico in tal senso già il titolo dell’intervento a due voci di Giuseppe Polimeni e Valentina Petrini Chaque copie est un texte. Quelques réflexions sur l’usage des sources et sur le rapport entre le script et la représentation dans le théâtre de marionnette. Tra le altre cose, ci si riferisce a testi in dialetto e a testi legati solo momentaneamente alla scrittura. Un testo «transitorio» e transitante, dato che attraversa diversi contesti e culture nella sua realizzazione. Ogni copia è un testo: ogni rimessa in vita crea un nuovo testo, sempre legato, quando non a varianti in senso stretto, alle «pieghe della voce»; dimensione dell’oralità rimarcata anche da Plassard che cita Zumthor, per il quale la dimensione della presenza scenica sarebbe il modello assoluto della poesia orale.[13]

Il convegno ha preso la forma di un prisma, offrendo un ventaglio estremamente variegato di approcci di studio. Ha mostrato non solo la quantità di diverse tipologie ma la loro diversa collocazione nel processo di creazione – esatta ma sempre fluida; la loro posizione in quel percorso complesso, non lineare, fatto di sentieri intrecciati, di rotte inverse, che va dall’idea del testo alla sua ‘messa in forma’ – non necessariamente prima sulla pagina, anzi spesso prima in scena e solo poi, se si dà il caso, sulla pagina.

Cerchiamo di seguire qualche linea conduttrice, in una panoramica non sistematica di questa ‘tassonomia’ delineatasi nel corso degli interventi, che implicitamente restituisce la mappa storica e metodologica implicata dal progetto Puppetplays. Tra i motivi che ci sembra interessante evidenziare, il coesistere di consuetudine offerta dal testo fissato e imprevedibilità che connota i generi delle figure. Per esempio Guignol (i cui testi in origine non sono firmati), sempre pronto ad adattarsi al contesto e al pubblico. Ricorda ancora Paul Fournel che il testo è «secondario», sempre pronto ad essere ridetto, rimesso in vita, ricreato. Mandare a memoria il testo serve per avere dei punti di riferimento ma non è mai uno strumento per conservare ciò che deve essere mutevole per definizione.

Nel suo intervento sui teatri dei Pupi, Alessandro Napoli (drammaturgo e ‘storico’ dall’interno della famiglia dei Fratelli Napoli) rincalza: ogni rappresentazione è un testo. Ciò che comunemente è percepito come replica, copia, è in realtà un originale; si mette così in discussione il concetto di autorialità, ma anche quello di ‘testo originale’. Lo conferma anche la consuetudine nel teatro italiano d’inizio Ottocento, rispetto alla quale Alfonso Cipolla concentra la sua analisi sul contesto milanese e osserva come si tratti di un rinnovamento continuo pur nella ‘ripresa’ degli stessi testi. L’originalità non è nel soggetto, fa notare Cipolla, ma nel suo adattamento (Drammaturgia per composizione: l'esempio del Macbeth di Ariodante Monticelli).

 Copione di Macbeth di Ariodante Monticelli, Museo La Casa delle Marionette - Collezione Monticelli, Ravenna

Un ulteriore ‘stato’ di esistenza del testo è quello prodotto da traduttori e adattatori. Francesca Cecconi, sull’esempio di alcune traduzioni italiane e varianti primonovecentesche de I due sergenti di Theodor Daubigny (1823) rilancia opportunamente la questione. Nel processo di traduzione, modifiche e adattamenti, per un altro paese, un’altra lingua, altri marionettisti, un altro teatro (anche d’attori), si chiede giustamente: chi è l’autore? Ancora una volta la complessità del contesto di realizzazione ne fa slittare la definizione stessa.

 Copione de I due sergenti, Famiglia Lupi

Il fattore dell’adattamento al pubblico e alle occasioni che produce testi diversi è considerato anche da Cécile Decaix[14] nel contributo sulle marionette vittoriane (Tracing the steps of Victorian Marionette Scripts: Locating and Reconstructing Lost PupetTexts). E ancora Alessandro Napoli, oltre a ricordare la natura di testo composito, che fonde tradizione orale, apporti da letteratura popolare, racconto storico, offre la serie di ‘testi’ e la loro differente connotazione (Les soirées de l'Opera dei pupi de Catane. Canovacci, "parlate lunghe", testi estesi); si ha l’idea di un testo ‘diffuso’ anche in quella sorta di ‘paratesti’ implicati dalla serialità, come l’‘invito’ che costituisce un sunto della serata successiva tra 2° e 3° atto. Testi che si dispiegano oralmente e solo poi rifluiscono in testi estesi destinati alla trasmissione.

Dunque un testo ‘multiplo’, come risultante di variabili determinate da «oggetto spettatori spazio tempo testo», che creano combinazioni infinite e infiniti mondi possibili, come racconta Bruno Leone. Potremmo dire anche che la Storia, il contesto, sono in un certo senso ‘co-autori’ o almeno ‘co-adattatori’. È a partire dal ‘tessuto’ che formano le relazioni tra i differenti ‘testi’ che si può cercare di ricostruire il ‘fenomeno’ testo: textum intessuto di plurime dimensioni.

 Bruno Leone, Il convitato di pezza, 1994 (in collaborazione con Giovanni La Guardia, Istituto Universitario Orientale). Per gentile concessione dell’artista Bruno Leone, Il convitato di pezza, 1994 (in collaborazione con Giovanni La Guardia, Istituto Universitario Orientale). Per gentile concessione dell’artista Bruno Leone, Pulcinella contro Gigiotto, 2001. Per gentile concessione dell’artista Bruno Leone, Pulcinella contro Gigiotto, 2001. Per gentile concessione dell’artista

Una tale fluidità del testo incide necessariamente sullo statuto dell’autore.

Rammentiamo che la marionetta mette in discussione assiomi consueti e antropocentrici consolidati. Da subito, dunque, una questione decisiva: la messa in crisi dell’idea di ‘Autorialità’.

La domanda ‘chi è l’Autore?’ ne sottende un’altra, che cosa intendiamo per autore (vale la pena di nuovo tenere presente che la questione vale per tutti i generi teatrali, in particolare rispetto all’‘Autore’ per eccellenza del teatro novecentesco, il regista).

Allo stesso modo che per il testo, quale il suo statuto? Non quello ‘letterario’. Questioni sostanziali[15] proprie a tutto il teatro ma la marionetta amplifica, articola, sfaccetta; richiede anche di porsi interrogativi in modo più stringente.

 

4. ‘Grandi autori’ per piccole scene

Shakespeare è stato evocato come una sorta di nume tutelare sin dall’incipit del convegno.

Al di là del dato ovvio di un nome che è emblema e patrimonio universale di tutto il teatro, è innegabile che il bardo costituisca un riferimento costante per gli artisti delle figure, in tante diverse declinazioni, ribadendo ancora una volta la continuità e contiguità con il teatro tout court.

Le riscritture shakespeariane non si contano, incluse quelle per marionette, burattini e figure tutte. Susan Young dedica una monografia al tema (Shakespeare manipulated)[16], che, pur essendo ricchissima di spunti, è ben lungi dall’esaurire l’argomento. Mascha Erbelding, direttrice della collezione di figure del Münchner Stadtmuseum, dedica il suo intervento al convegno ad alcune riscritture o regie di AmletoHamlet et nousHamlet as inspiration for puppet theatres, evidenziando i motivi del testo ‘consonanti’ alle peculiarità delle figure (teatro nel teatro, fantasmi, doppi, rappresentazione della follia), oltre al frequente ricorso alla tecnica del collage. Cita riscritture per marionette dalla fine del Settecento, fino alla tradizione italiana della famiglia Lupi, ma anche al meno noto Bepe Pastrello; segue una disamina di interessanti produzioni contemporanee o tardonovecentesche, come Hamlet Macht Schatten Spiel (Peter Müller e Stefan Wey), Hamlet et nous (Compagnie Tic Tac), Exit. Eine Hamletfantasie (Figurentheater Wilde & Vogel) per la regia di Frank Soehnle, Hamlet di Janni Younge.

 Peter Müller e Stefan Wey Hamlet://.Macht.Schatten.Spiel, 2013, foto Jörg Metzner

Ma è Pulchi Shake and Speare di Bruno Leone, spettacolo presentato in seno al convegno, che ci sembra rispondere nel modo più immediato ed efficace, a tanti quesiti sfilati nel corso delle conversazioni, dimostrazione in atto dei procedimenti di mescidazione, sintesi, reinvenzione cari a marionettisti e burattinai.

I ‘grandi’ riferimenti non mutano dunque dal genere ‘umano’ a quello ‘insensato’ (come lo definiva Acciaioli secoli fa). Ma nel genere delle figure ci sembra che i cosiddetti classici assurgano più facilmente a statuto di ‘miti’ (predisposti a tradimenti, travestimenti e rovesciamenti) da sempre parte importante del repertorio di marionette burattini ombre e affini. Verrebbe da proporre che ‘Autore’ siano allora anche i ‘miti’ stessi (dalla forza autorigenerante, come insegnava Kereny).

Infatti, ricorda Paul Fournel, Guignol scappa a Morguet e il successo supera il suo creatore (da irriverente, diventa un eroe patriottico). La fortuna di Pulcinella e dei suoi tanti ‘fratelli’ europei supera i loro creatori (a volte nemmeno individuabili). Vale per le maschere degli attori, ma in modo più evidente per quelle degli attori di legno. Pulcinella, Kasperl, prima di loro Faust e dopo di loro i miti moderni Pinocchio o Frankenstein.

Miti, perciò sempre contemporanei, serbatoio e matrice delle scritture per le tavole di teatrini e baracche. Il convegno mostra come passato e presente nel nostro contesto non solo convivano e si nutrano reciprocamente, ma anche che risulterebbe forzato tenerli separati. Va notato che, molto più frequentemente di quanto accada per i generi che hanno goduto di un riconoscimento da parte degli storici, molti artisti delle figure sono anche studiosi e nella storia trovano alimento per le loro drammaturgie contemporanee.

Che cosa studiamo nel caso della scrittura contemporanea? Non più l’eco dei marionettisti affidata alle ‘tracce’ depositate nel testo, filtrata dallo sguardo dello studioso; bensì (oltre all’evento spettacolare, unico vero ‘testo’) la voce dei protagonisti, che costruisce in process la storia della drammaturgia per marionette. Tra i pregi del progetto, il dare in larga misura la parola agli artisti. Da diversi interventi di studiosi si evidenzia come ‘serbatoio’ della ricerca siano le loro voci, ma anche i loro materiali, futuri ‘archivi’. L’approccio di Puppetplays sollecita gli artisti a riflettere sul proprio lavoro ma anche ad organizzarlo, ripensarlo, affidarlo a strumenti che ne rendano possibile la lettura, uno stimolo agli artisti ad elaborare sistemi di ‘scrittura’. Le questioni sulla drammaturgia intersecano infatti quelle della notazione. Ne dà conto la ricerca di Francesca di Fazio sulla drammaturgia contemporanea italiana di figure (Des formes «post-traditionnelles»: une hypothèse sur la production dramatique contemporaine des marionnettistes italiens. La ricognizione, sintesi di una più ampia ricerca condotta nel contesto del progetto,[17] restituisce in particolare i processi di scrittura dai quali possono essere dedotti linguaggi, codici, strumenti di questa geografia complessa della drammaturgia ‘figurale’. Prezioso in tal senso l’apporto di Marta Cuscunà intervenuta al convegno (Ritratto della marionettista da Autrice).

 

5. Scrivere per le figure, scrivere per gli umani: uguale e diverso

La geografia che il convegno contribuisce a disegnare alterna la messa in evidenza delle zone osmotiche e quelle di discontinuità.

Partiamo dalle continuità. Oltre al repertorio dei ‘grandi autori’, uno dei territori più fertili in merito è quello del dialogo con l’universo delle maschere e della Commedia dell’Arte. Nell’universo pulcinellesco ampiamente restituito da queste giornate, la ricerca di Anna Leone fa emergere le parentele tra teatro d’attori e teatri di burattini nella tradizione napoletana e in particolare della famiglia Ferraiolo. Quand les écritures pour marionnettes côtoient les écritures pour les acteurs. Le répertoire de la famille Ferraiolo (19e et 20e siècles). Ne emergono debiti e prestiti (per esempio le ‘stesse’ commedie sotto titoli diversi o all’inverso titoli apparentemente simili che presentano varianti di rilievo); sfilano i nomi di Eduardo, Scarpetta, Petito…

E qui come altrove si conferma come gli archivi, i luoghi di ricerca non siano solo le istituzioni ma frequentemente anche archivi e collezioni private degli artisti, che hanno dunque un ruolo decisivo per la memoria, conservazione e valorizzazione di questo patrimonio. Il contributo procede con lo stesso passo della prospettiva offerta da Alessandro Napoli per i Pupi, alla cui tradizione si riferisce anche Anna Jo Cavallo nel suo affondo sulla famiglia Sarina, dove focalizza le relazioni tra repertorio dei Paladini di Francia tipico dei Pupi dell’Italia meridionale e i repertori dei burattinai dell’Italia settentrionale. The Sarina Family and Giusto Lodico’s Storia dei paladini: The Paladins of France among Hand Puppeteers in Northern Italy (1880-1958).

In diversi casi studiose e studiosi hanno potuto interagire con il data base Puppetplays, dimostrando la vitalità del progetto.

Il grande serbatoio dell’universo della Commedia dell’Arte consente di introdurre il motivo delle strategie compositive e dei procedimenti adottati dall’‘Autore’. Precisando ancora una volta che parliamo di alcuni tra i tanti esempi possibili, orizzonte comune (esplicito o implicito) di questo ambito di creazione è un principio compositivo non necessariamente lineare e concatenato logicamente. È ritornato più volte il termine ‘jazz’; ancora la mente corre al teatro di sperimentazione.[18]

Un processo di composizione jazz accostabile alle categorie evocate da Sophie Courtade (Vigueur et soubresauts de la fable dans le théâtre d'ombres de la compagnie Amoros et Augustin[19]; nella lettura dell’opera di una delle compagnie di riferimento per il teatro d’ombre in Francia la giovane studiosa utilizza categorie come collage, puzzle, tessitura, montaggio, grottesco, procedimenti che riguardano l’accostamento delle fonti, dei generi di riferimento, dei materiali visivi.

Un musicista jazz è presente concretamente in Hotel de Rive. Giacomettis Horizontale Zeit, creazione del 2011 di Frank Soehnle, che ha offerto una preziosa testimonianza circa il proprio processo creativo: un collage di testi, immagini, musica raccolti in una ricerca preliminare, condiviso con gli artisti implicati nello spettacolo che possono proporre modifiche o un diverso montaggio dei materiali.

«Tessitura» è anche l’immagine ricorrente nella relazione di Catarina Firmo, insieme all’idea di patchwork a proposito del lavoro di A Tarumba (compagnia portoghese di lungo corso, che ha collaborato al progetto Puppetplays con seminari e laboratori). Con Playlists et plateaux de narration chez A Tarumba Firmo offre un’appassionata analisi di Dom Perlimpin, da Garcia Lorca, dove il lavoro di patchwork («cadavres exquis» scenici), mostra tra l’altro l’inscindibilità di tecnica, forma e drammaturgia.

Procedimenti che spiccano nel contesto delle avanguardie, ma che sono propri a tutta una direttrice ‘minoritaria’ (secondo chi scrive spesso assimilabile al ‘Grottesco’), condivisa con il nostro universo delle figure.

Cécile Bassuel Lobera apre una suggestiva finestra sul lavoro di Bambalina Teatre Practicable di Valencia (L’écriture dramatique de Jaume Policarpo (Bambalina Teatre Practicable): «imaginer un échafaudage pour soutenir l’œuvre de nos rêves»). Colpisce in particolare l’analisi di El Jardin de las delicias, spettacolo il cui ‘testo’ di riferimento è il celebre trittico di Bosch.[20]

I testi di Jaume Policarpo, regista e drammaturgo, vengono pubblicati con il titolo Sin textos: titolo paradossale ed emblematico per una scrittura che mostra evidente parentela con i canovacci («écriture didascalique»); ma, anche, che mostra consapevolezza di autore. Una scrittura «transfrontaliera» connotata dall’elemento primario della materia e dalla sua dimensione artigianale, nel metissage di linguaggi e accostamento di generi che fa germinare la drammaturgia dallo specifico compositivo dell’elemento visuale. Si tratta di testi dalla finalità dapprima «di natura pratica», parte del processo di creazione che si traduce poi nell’impostazione visiva tipografica; la traduzione scenica dei motivi dei quadri di Bosch ritorna come «scénographie posée sur la page». {grazioli_marionnettiste_s_fig11| El jardín de las delicias (scena 3, Inferno) testo di Jaume Policarpo, Bambalina Teatre Practicable, (Valencia). Dal volume Sin texto. Cuatro piezas dramáticas, Bambalina Titellas SL, Valencia, 2021}

 El jardín de las delicias (scena 3, Inferno) testo di Jaume Policarpo, Bambalina Teatre Practicable, (Valencia). Dal volume Sin texto. Cuatro piezas dramáticas, Bambalina Titellas SL, Valencia, 2021

Su questa linea, molti i richiami al collage surrealista, che vanno di pari passo alle indagini psicoanalitiche del lavoro sui sogni condotto da Philippe Genty e illustrato da Carole Guidicelli.

Ma pensiamo anche al processo ‘caotico’ che ‘regola’ le creazioni di Tim Spooner (intervenuto in particolare su Microscope).

 Tim Spooner, scrittura per la scena dal taccuino dell'artista. Per gentile concessione dell’artista Tim Spooner, scrittura per la scena dal taccuino dell'artista. Per gentile concessione dell’artista  Tim Spooner, scrittura per la scena dal taccuino dell'artista. Per gentile concessione dell’artista

È evidente che la drammaturgia non contempla solo parole bensì l’alfabeto visivo (e sonoro) costituito da tutti gli elementi scenici. Un alfabeto in grado di esprimere anche il silenzio.

 

6. La materia e il corpo, fogli della scrittura

Spettro e gradazioni della drammaturgia per marionette sono davvero estesi. Da tempo possiamo constatare la stringente convergenza tra procedimenti e drammaturgie del teatro cosiddetto ‘d’attori’ e quello delle figure o di animazione; senza dimenticare che una larga parte di quest’ultimo ha sempre sperimentato modalità compositive alternative a quelle dominanti, a volte anticipando processi o fungendo anche da modello.[21]

Ne è un interessante esempio il lavoro di ricerca di Shaday Larios (ricercatrice e artista del collettivo Agencia El Solar, gruppo teatrale che agisce come ‘agenzia’ investigativa sulla dimensione politica dell’oggetto inserendosi nel contesto sociale e urbano che di volta in volta si presenta (Object detectives. Dramaturgies of documentary objects). Sul versante del teatro ‘senza etichette’ basti pensare alle analogie con il progetto di Davide Carnevali Ritratto dell’artista da morto (curiosa ricorrenza del ritratto…), un progetto che supera la dimensione della scena per estendersi al contesto storico, sociale e urbano, come molto teatro contemporaneo.

Ma dove cercare allora le specificità della drammaturgia per/delle figure? Elemento decisivo di discontinuità è l’apparentemente ovvia presenza della ‘materia’. Non si scrive per un essere umano ma per un ‘oggetto’ cosiddetto inanimato. L’accento sulla materia ricorre nella maggior parte degli interventi di artisti o di casi di studio contemporanei. Per esempio nella testimonianza di Frank Soehnle, per il quale all’origine della drammaturgia vi è ogni possibile materiale. Così come la marionetta guida il marionettista, anche il materiale decide della drammaturgia.

Saelens ricorda come la scrittura della marionetta si ponga in rapporto non tanto al testo ma al gesto, determinando condizioni specifiche sia per il costruttore che per l’animatore. È una questione decisiva: ciò che non ha il teatro d’attori è la scrittura del gesto della marionetta, e questo ha implicazioni drammaturgiche, interpretative e performative, non esclusi motivi molto pratici come tempi e modalità di presenza diverse da quelle dell’attore.

Anche per Renaud Herbin (Comment dire. Ouvrir le corps de ce qui s’écrit) «prima di tutto vengono i corpi, il luogo» ed è la ‘materia’ ad agire in prima istanza sul marionettista/Autore («je suis travaillé par la matière»). Per l’artista (fondatore de l’Etendue, già direttore de TJP Strasbourg e promotore del progetto Corps Objet image)[22], la materia è un territorio da esplorare a livello drammaturgico seguendone ritmo e trasformazione: «il gesto della scrittura segue la linea dei materiali» (cera, sabbia, lana, luce…). All’origine la domanda Comment dire? Si crea dalla e nella materia e dunque essa è capace di dire; ma il reagente che lo rende possibile è il silenzio. Se è percepibile la linea che da Maeterlinck porta a Beckett, va sottolineato che si tratta di un alfabeto diverso da quello della scrittura destinata all’attore che non si ‘espande’ nel corpo della marionetta.

Renaud Herbin si appella a Beckett: è proprio lo scacco dato alla parola a costituire la possibilità della marionetta. Il vuoto, l’assenza, ‘buchi’ nel tessuto che è il testo. Scrivere per la marionetta chiede di tenersi «sul ciglio del buco spalancato dal vuoto». Ne sono segni la pausa, il vuoto, il silenzio: evidentemente propri al testo spettacolare e non reificabili sulla pagina.

Sul filo delle direttrici a nostro avviso ‘portanti’ che si sono delineate, l’intervento di Mervin Millar ha un titolo ‘rivelatore’: How Puppets unlock subtext and layers of readings. La scrittura drammaturgica è fatta di testo e sottotesto (entrambi compositi e complessi), un testo udibile e un altro invisibile e inudibile ma percepibile. L’oggetto ha un ruolo decisivo[23] nel farlo emergere alla percezione (e immaginazione) e quindi nella modalità di scrittura; per la quale per Millar è fondamentale la collaborazione tra regista e ‘puppetry designer’; è un ulteriore tratto che emerge ripetutamente: la pratica di partecipazione collettiva alla creazione è diffusa nel teatro contemporaneo delle figure, senz’altro maggiormente di quanto accada nel teatro tout court.

Millar cita Tom Morton Smith, drammaturgo per il quale la drammaturgia per marionette significa scrivere l’assenza lasciando lo spazio necessario al marionettista («Writing an absence: leaving space for puppeteers»). Il silenzio non solo come cesura necessaria al ritmo di ogni testo, verbale o scenico, ma come ‘linguaggio’: «To write for puppets means to write for silence».[24]

La sottrazione di parola è motivo chiave del processo di scrittura di Philippe Genty, analizzato con lucidità critica da Carole Guidicelli. Il testo è un rebus, la cui soluzione sta nei materiali di scrittura soggiacenti al processo di creazione. Lo scritto serve come ingrediente al pari degli altri elementi scenici e si costruisce nel confronto serrato con tutti i materiali di composizione; le parole esistono anche quando non vengono pronunciate nello spettacolo, in stratificazioni; nell’esito finale, è come se ne rimanesse lo scheletro, il fantasma. La decifrazione dei sogni nutre la drammaturgia dei suoi spettacoli.[25]

Silenzio ‘parlante’ tramite l’ombra quello di Amoros et Augustin indagato da Sophie Courtade, componente l’équipe di Puppetplays che lavora ad una tesi di dottorato sul genere.

 

7. Disarticolare, Dis-unire

Da tutto quanto sopra in sintesi esposto, deriva un aspetto di discontinuità, di necessaria e vitale ‘incoerenza’ (William Kentridge parla di «fragilità della coerenza»)[26], specifico di una parte significativa del teatro di figure.

Il rapporto tra ‘articolazione’ e ‘disarticolazione’, principio fondante la marionetta, è stato declinato variamente ̶ anche appellandosi alla possibilità di «coordonner les choses, leur donner un ordre». Ri-articolare, ri-organizzare. Ma le strategie delle figure ci mettono in guardia dal rischio di cadere nella tentazione di cercare il testo ‘ben articolato’ (letterario) o assimilabile alla pièce bien faite e invita piuttosto a uscire dal teatro ‘dei meccanismi’. Ci ricordano quanto potente è la loro carica di decostruzione, la capacità di dare un ordine differente. Differenza costitutiva del corpo ‘altro’ della marionetta, che consente di articolare e disarticolare (comporre scomporre ricomporre) e può agire da modello compositivo.[27]

Pensiamo ancora alle suggestioni offerte da Paul Fournel (Comment le texte va à Guignol), che riferendosi alla sua esperienza di Autore lascia intuire come quest’ordine ‘differente’ della singolare scrittura legata agli universi delle marionette sembri iscriversi tra Guignol e la Patafisica[28].

Così se Shakespeare è stato evocato e invocato in testa al convegno, un altro autore, classico della modernità, del quale si è sentita aleggiare la presenza invisibile è Alfred Jarry. Il quale, come scriveva a più riprese Brunella Eruli, non aveva inventato Ubu, bensì l’aveva ‘trovato’.[29] È sintomatico che Jarry si ponga come punto di riferimento per l’universo – pluriverso – delle marionette. Apparentemente incongrua, viene immediata l’associazione dei due nomi, autorizzata dall’exergo di Ubu («donc !e Pére Ubu hoscha la poire, dont il fut depuis nommé par les Anglois Shakes Peare…»), ma anche dal ‘modello’ di Macbeth (insieme e prepotentemente a Riccardo III) per la cruenta storia degli Ubu.

Fino ad un corto circuito, quando al termine della prima ricca giornata di relazioni, Bruno Leone, alias Pulcinella, presenta il già citato Pulchi Shakes and Peare raccontandoci, tra l’altro, l’idea di ridurre «tutta l’opera di Shakespeare in 4 minuti».[30]

Testi compositi, meta-testi, testi mai univoci e stratificati, che fanno pensare ad una struttura rizomatica, dove alfabeto primario è la materia, sintassi il silenzio. Sono alcuni dei tratti che compongono le grammatiche del testo ‘marionnettique’, scrittura del gesto che anima l’oggetto ma che allo stesso tempo ne è animata.

 

 


1 Una nota che a molti parrà superflua: gli studi teatrali studiano un’opera che non c’è (più). È bene ricordarlo a chi leggendo un testo teatrale edito pensa di leggere il ‘testo dello spettacolo’. La storia della drammaturgia (almeno nel senso novecentesco del termine) non può che essere storia di tracce e non di ‘opere’.

2 The Puppetplays Platform, <https://puppetplays.www.univ-montp3.fr/en/platform> [accessed September 2023].

3 2 Colloque international Puppetplays, ‘Portrait du marionettiste en auter’, Programme, 23-25 mai 2023, <https://puppetplays.www.univ-montp3.fr/sites/default/files/portrait_du_marionnettiste_en_auteur_colloque_puppetplays_programme_0523_web_2.pdf> [accessed September 2023].

4 D. Plassard, L’écriture au croisement des durées, ou la marionnette et l’intertestualité.

5 ‘Travestimento’ per Sanguineti non può prescindere dalla dimensione scenica.

6 Cfr. L’acuta sintesi di Umberto Artioli: U. Artioli, Teatro e letteratura in Enciclopedia Feltrinelli Fischer. Letteratura 2, a cura di G. Scaramuzza, Milano, Feltrinelli, 1976, pp. 569-599.

7 Cfr. Registrazioni in <https://www.univ-montp3.fr/fr/node/176952> [accessed September 2023].

8 Cfr. G. Deleuze, Différence et répétition, Paris, PUF, 1968, p. 4.

9 G. Banu, ‘Peter Stein et la terre ferme des textes’, Théâtre / Public, 209, juillet-septembre 2013, pp. 65-71.

10 22è Festival Mondial des Théâtres de Marionnettes, 22 settembre 2023, 75 Forest Avenue.

11 Cfr. G. Manganelli, Pinocchio un libro parallelo, Torino, Einaudi, 1977, p. V.

12 Per una accezione ampia della dimensione ‘sferica’ cfr. C. Grazioli, ‘Imprimere al mondo la forma dell’occhio. Metamorfosi della sfera nel pensiero di un teatro atmosferico’, Rifrazioni-Sinestesie, XII, 39, 2023, pp. 1-33.

13 P. Zumthor, Introduction à la poésie orale, Paris, Éditions du Seuil, 1983, p. 55.

14 Da ottobre 2023 parte dell’équipe Puppetplays.

15 Un’altra prospettiva interessante legata all’originalità è quella del diritto d’Autore e della ‘proprietà’ dell’opera; ricordiamo che negli Statuti UNIMA redatti nel 1929, già ci si proponeva di difendere il diritto d’autore dei marionettisti, cfr. «Loutkar», ottobre 1929.

16 S. Young, Shakespeare manipulated. The use of the dramatic works of Shakespeare in teatro di figura in Italy, London-Cranbury, NJ, Associated University Presses, 1996.

17 Tra le tesi di dottorato interne al progetto.

18 Pensiamo in particolare all’«attore jazz» di Leo De Berardinis.

19 Un resoconto della tavola rotonda dedicata alle ombre verrà pubblicato in un prossimo numero di «Arabeschi» nella rubrica Lighting Light(s) < http://www.arabeschi.it/tag/lighting-lights/> [accessed September 2023].

20 Bosch è considerato artista tra i massimi esempi di ‘composizione grottesca’ nel capitale studio di W. Kayser, Das Groteske. Seine Gestaltung in Malerei und Dichtung, Oldenburg, Stalling, 1957.

21 Comporre per Figure era il titolo di un mio intervento dedicato a questi temi per il convegno EASTAP 2020, non tenutosi causa pandemia.

22 Cfr. la pagina ‘Recherche’ al sito <http://www.renaudherbin.com/> [accessed September 2023].

23 Significant Object, <www.significantobject.com> [accessed September 2023].

24 Paul Fournel dice che ciò che più gli piace dei testi di Guignol è quello che non si legge.

25 Colpisce (ma non stupisce) la ricorrenza del lavoro sul sogno da parte di molti artisti delle figure (per esempio per Meinhardt & Krauss, intervenuti al convegno).

26 C. Grazioli, ‘Performing Black Box. William Kentridge o la luce dell’ombra’, Mantichora, n. 1, dicembre 2011, pp. 379-404.

27 Cfr. C. Grazioli, ‘Una declinazione della marionetta grottesca; maschera e automa in “Matusalemme o l’eterno borghese” di Iwan Goll’, in ID., Lo specchio grottesco. Marionette e automi nel teatro tedesco del primo Novecento, Padova, Esedra, 1999, pp. 159-204.

28 Scrittore e studioso di Guignol, Paul Fournel è membro dell’Oulipo e titolare della cattedra di Vélocipédie théorique & pratique presso il Collège de Pataphysique.

29 Cfr. B. Eruli, Jarry. I mostri dell’immagine, Pisa, Pacini, 1982.

30 Gli fa eco Eloi Recoing, che ricorda il progetto di un Faust in 5 minuti (Alain Recoing e Antoine Vitez).