Marcello Ciccuto, «Rifare Poussin d’après nature». Montale e l’arte nel nostro tempo

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Il volume di Marcello Ciccuto (Torino, Aragno, 2018) è una monografia sul fitto intreccio dell’opera poetica e prosastica di Montale con il mondo delle arti. La contaminazione di codici, così tipica della difficoltà (a volte dell’ambiguità) della scrittura montaliana, è al centro della dissertazione dell’autore che insegue la miriade di letture ed esperienze culturali del poeta alla base dell’elaborazione di un personalissimo modello critico applicabile, senza soluzione di continuità, a tutte le espressioni artistiche. Questo vasto approccio ermeneutico, che vede il poeta accostare in maniera significante l’impressionismo storico al verismo musicale, l’opera di Gatto a quella del primo de Chirico, la poesia di Pea alle sculture classiche, viene indagato mettendo in luce consapevolmente ciascun riferimento. L’intera analisi di Ciccuto dimostra come «i cenni di cultura figurativa in Montale siano invariabilmente pluri-direzionali e assommino più esperienze visive e mentali» (p. 281) ricostruendo così una vera e propria teoria estetica montaliana.

La sequenza dei dieci capitoli dell’indice suggerisce un percorso attraverso la coscienza artistica di Montale: nei primi capitoli (Una specchiata indifferenza; Impressionismo, arabeschi, astrazioni; Polifonie cromatiche) l’autore descrive l’allontanamento del poeta dalla «gioia luminosa» impressionista per dimostrare l’adesione ad una «metafisica arida e decolorata» realizzata in «linee profonde, scultoree, monocromatiche» (p. 37, poi in Effetto scultura e Realismo Metafisico). L’aridità, riconosciuta in Sbarbaro, Svevo, Emanueli, Gide, De Falla, è strettamente connessa alla riduzione di tono, espressione di una poetica schiva dalla «seduzione mimetica» e lontana dalle fredde soluzioni delle fotografie realistiche (tema del capitolo Contro il fotografico) per andare, ricalcando i titoli di altri capitoli, Verso una nuova visione classica seguendo il Magistero di Paul Cézanne

Proprio il motto attribuito a Cézanne, scelto significativamente come titolo, Rifare Poussin d’après nature è l’«unico obiettivo degno dell’arte attuale» (p. 214). Come il barocco Poussin recupera il sacro nella solidità classica dei corpi statuari e delle forme, così l’arte di Cézanne, restituendo alla natura la sua concretezza, in un’epoca di astrazione disumanizzante, può ricondurci, seppur accidentalmente, all’esperienza del divino.

La monografia, dalla profonda natura specialistica, si accompagna a un ricco apparato bibliografico e iconografico, posto in chiusura del testo, che dialoga con esso rafforzandolo (strana però è l’assenza di Poussin) a dimostrazione della non casualità dei legami.

Lo studioso traccia le connessioni culturali e le preferenze del poeta agganciandosi a una serie di spie-testuali che ritornano nelle diverse prose, la cui interpretazione permette di seguire la logica del testo: l’ammirazione del monocromatismo, che il poeta ritrova nella Battaglia di Legnano di Verdi e in Morandi, si oppone tanto all’ingenuo colorismo impressionista quanto alla «pittura senza gioia» espressionista e cubista; al bozzettismo, al vignettismo, ai frammenti fotografici Montale oppone la sintesi coerente dell’affresco corale (di Cagli, della musica di Berlioz); alla pittura ornamentale la pittura di sostanza. In questo dizionario «tappezzeria» e «arazzeria» sono immagini riduttive che rimandano a una logica decorativa, anti-mimetica a cui è opposta la ricerca metafisica del sublime reale, tutto terrestre.

Per Ciccuto la condivisione del poeta di una «nuova posizione estetica fondata sull’adesione integrale ‘allo spirito del tempo’» (p. 227) è ravvisabile nel classicismo moderno della «materia verbale plastica» posta a difesa contro la degenerazione delle avanguardie (p. 178). «Nasce classico […] chi nasce a tempo» dice Montale. Il punto di partenza di un’opera d’arte deve essere l’accettazione del reale: «viatico imprescindibile a una intuizione del valore sovrasensibile, oltremondano del Bene» (p. 231). Per vincere il disordine che il nostro tempo impone all’arte l’esempio da seguire è quello dello scultore che affonda nella materia e trasforma la propria esperienza esistenziale in oggetti e questi in simboli. Nel tentativo di compiere una rivoluzione antieroica, contro un’avanguardia caotica e prelogica come quella di Michaux, l’arte deve ritornare al reale, ritornare, usando le parole del poeta, a «respirare nel nostro mondo di uomini, il solo ove la voce della poesia riesca a vibrare, a trasmettersi». Secondo Ciccuto un’adesione allo spirito del tempo è possibile per il poeta percorrendo la strada di una concreta metafisica personale, in equilibrio fra sublime e dimesso, oggettivo e soggettivo. Sotto questo segno viene posta anche la pittura ‘domenicale’ di Montale, sintesi fra De Pisis e Morandi, che mette in scena «il più insignificante dei quotidiani» attingendo alla «forza della costruzione immaginativa del reale, capace […] di riaddurre agli uomini la presenza terrestre degli assoluti» (p. 297), coerentemente con la lezione di Cézanne.