1. Introduzione, obiettivi e metodi
From up here the Earth is beautiful,
without borders or boundaries.
Jurij Gagarin
Per via di un radicale allontanamento del punto di osservazione sulla Terra,[1] la celebre frase di Jurij Gagarin sull’impossibilità di vedere i confini territoriali dallo spazio ha fin da subito generato una collettiva, e non priva di invidia, fascinazione per quell'inedito belvedere e per l’illusione, da esso suscitata, di un mondo senza frontiere. Nonostante questa prima testimonianza, si è comunque diffusa nel tempo la diceria secondo la quale da una tale distanza sarebbe comunque ancora possibile osservare a occhio nudo la Grande Muraglia Cinese. Nel 2003, è intervenuto l’astronauta cinese Yang Liwei a sostenere[2], pur non senza persistenti difficoltà, l’irrealtà di tale radicata credenza, a sua volta confutata da spiegazioni sul funzionamento dell’occhio umano.[3] Nonostante ciò, la persistenza di questa leggenda pare suggerire un’ossessione del genere umano per i confini, se non addirittura l’incapacità stessa di immaginare il suolo terrestre completamente privo di demarcazioni territoriali. Oggi, sempre più artisti e studiosi, muovendo figurativamente dallo stesso punto di vista di Gagarin e Liwei, ci invitano a «re-imparare ad atterrare sulla Terra»[4] come reazione a un epocale disorientamento politico-sociale, di portata simile a quello post-copernicano e kepleriano. Si tratta dello sconvolgimento suscitato dalla consapevolezza di essere, ormai da tempo, dentro l’Antropocene.