Ci sono libri che hanno il pregio di essere oggetto di interesse di ambiti di studio diversi; sono libri che per essere compresi fino in fondo richiedono sensibilità e competenze complesse, rivelando quanto la separazione moderna tra le discipline sia limitante.
È questo il caso delle Idées italiennes sur quelques tableaux célèbres, pubblicate a Firenze nel 1840 sotto il nome di Abraham Constantin, un pittore su porcellana che all’epoca godeva di un certa reputazione. Si tratta di un libro enigmatico per vari motivi. In primo luogo perché è un testo a due mani: Constantin e Stendhal. In secondo luogo perché esso ha un aspetto ibrido, a metà tra la monografia su Raffaello, la guida alle maggiori opere pittoriche e scultoree in Roma e il manuale di educazione del gusto. D’altro canto si tratta di un libro ‘prezioso’ per lo storico dell’arte e per lo storico della critica, poiché costituisce un importante capitolo della fortuna critica di Raffaello nell’Ottocento.
Le Idées italiennes hanno posto per più di un secolo e mezzo numerosi interrogativi: sebbene il testo risulti pubblicato sotto il nome di Constantin, è stato in passato ipotizzato che l’autore fosse Stendhal e che comunque lo scrittore vi avesse posto la sua mano, ma senza che venissero distinte le parti attribuibili all’uno o all’altro. Ora questa condizione di incertezza filologica è stata dissipata del tutto grazie all’edizione curata da Sandra Teroni e da Hélène de Jacquelot (Paris, Beaux-Arts de Paris, 2013).
Frutto di un paziente e capillare lavoro – durato una ventina d’anni – sulle numerose versioni e varianti manoscritte (conservate presso il Gabinetto Vieusseux di Firenze, la Biblioteca di Ginevra e la Biblioteca municipale di Grenoble), questa edizione non solo permette di individuare gli interventi di Stendhal sul testo di base redatto da Constantin, ma illumina il rapporto tra il pittore e lo scrittore, la compenetrazione di due approcci diversi eppure complementari, la straordinaria sensibilità visiva e storica di Stendhal.
Stendhal incontrò Constantin nel marzo del 1826 presso il pittore François Gerard a Parigi, durante la prima mostra parigina delle sue copie di capolavori del passato su porcellana. Nel 1820-1825 l’artista, residente a Firenze, realizzò diciassette smalti su placche di porcellana di dipinti conservati alla Galleria Palatina; nel 1829 ripartì per Roma, dove restò fino al 1836, con l’incarico di realizzare le copie degli affreschi di Raffaello in Vaticano per la Manifattura di Sèvres. A Roma l’amicizia con Stendhal ebbe modo di consolidarsi, e nacque in Constantin l’idea di comporre un testo in cui trattare del suo lavoro di copista e pittore su porcellana e delle sue copie più celebri. Stendhal lo orientò nella scrittura, attraverso consigli, correzioni e interventi veri e propri. Lo scrittore non si limitò ad integrare alcune notices, ma aggiunse parti ex-novo come l’articolo sulle Tombe di Corneto o il capitolo sulle statue che contiene una discussione sulla nozione di bello ideale; fece spostare schede e capitoli, delineando così la struttura del testo. Fu ad esempio Stendhal, dopo le pagine biografiche su Raffaello, quando la topografia delle opere esaminate si estende a Roma, a introdurre la figura del viaggiatore, che – come sottolinea Sandra Teroni nel suo saggio introduttivo, in cui illustra dettagliatamente la genesi del testo – costituisce una sorta di transizione verso il genere della guida turistica cui sono ispirate le pagine successive. Del resto il titolo dell’opera, Idées italiennes, rivela chiaramente la componente estetica e pedagogica stendhaliana, quel relativismo storico e culturale che conduce lo scrittore in altri suoi scritti sull’arte a rivendicare la necessità di abbandonare le abitudini percettive e le modalità di approccio radicate a Parigi, per aprirsi alle opere d’arte italiane, che richiedono un altro tipo di visione per essere comprese e apprezzate.
Sebbene la figura di Stendhal come storico dell’arte sia stata ben delineata nell’importante convegno organizzato all’Università di Grenoble nel 2010 da Daniela Gallo, certamente la pubblicazione delle Idées italiennes costituisce un ulteriore tassello per approfondire il modo in cui lo scrittore si confronta col mondo dell’arte. In effetti gli interventi richiamano chiaramente a livello metodologico opere come l’Histoire de la peinture en Italie o le Promenades dans Rome. In essi infatti frequente è quel continuo mettere in relazione e confrontare il passato col presente in un corto circuito che fa emergere tutta la distanza storica tra i grandi maestri del passato e l’arte moderna, e quindi l’imperativo categorico di considerare le opere nella giusta prospettiva storica senza farsi influenzare dalle modalità di approccio contemporanee: «L’éducation moderne nous empêche de nous étonner de bien de choses. Ne pourrions-nous pas nous guérir de ce ridicule dans ce qui a rapport aux arts? Qui est-ce qui réfléchit l’habitude? disait Mirabeau quand il demandait des reformes?». A proposito della Madonna del Pesce di Raffaello, lo scrittore sottolinea che ciò che rende bello il volto della Vergine è il fatto che una gota sia più rossa dell’altra, ma questo – precisa – potrebbe essere considerato dal gusto moderno un errore: «Encore une fois ôtez une de ces choses qui feraient frémir un moderne, cherchez à rectifier ce que l’on croirait une erreur, cette tête perd à l’instant une grande partie de sa beauté». Altro aspetto tipicamente stendhaliano, collegato al primo, è la necessità di osservare direttamente le opere del passato, e non le copie o le incisioni che le riproducono, e di abituarsi ad esse attraverso la visione continua e ripetuta, perché l’educazione dello sguardo del pubblico moderno non si improvvisa, ma deve passare attraverso questa tappa fondamentale. Stendhal mostra dunque una piena consapevolezza della peculiarità del linguaggio visivo, che va appreso come si apprende una lingua. Non a caso Hélène de Jacquelot, nel suo efficace saggio introduttivo che si focalizza sul sodalizio tra lo scrittore e l’artista e sul loro amore per Raffaello, presenta le Idées italiennes come un vero e proprio manuale che, nelle intenzioni dei due autori, doveva avere la funzione di forgiare il gusto del pubblico attraverso un’educazione dell’occhio. Un manuale per apprendere a vedere le opere in cui, precisa la studiosa, «l’esperienza tecnica del copista e la vivacità di spirito» di Stendhal nella veste di storico dell’arte si uniscono felicemente.
L’edizione delle Idées Italiennes curata da Hélène de Jacquelot e Sandra Teroni costituisce dunque un contributo di grande rilevanza che aggiunge una tessera fondamentale per la comprensione della concezione stendhaliana dell’arte e dell’educazione del pubblico. Ma il suo interesse risiede anche nella giusta riabilitazione critica della misconosciuta personalità di Abraham Constantin.