Giorgio Falco, fotografie di Sabrina Ragucci, Flashover. Incendio a Venezia

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A distanza di pochi anni dalla pubblicazione di Condominio Oltremare (L’orma, 2014), Giorgio Falco e Sabrina Ragucci tornano sulla via dell’incontro fra letteratura e fotografia, contribuendo a dare ulteriore impulso alle dinamiche verbo-visive messe in atto dalle produzioni fototestuali contemporanee. Flashover. Incendio a Venezia (Einaudi, 2020) è infatti l’ultima tappa – al momento – di un sodalizio che vede impegnati nella realizzazione di opere ibride e proteiformi uno scrittore la cui prosa mostra di possedere una spiccata propensione al visuale e una artista visiva che ha da poco scelto di dedicarsi, con il romanzo Il medesimo mondo (Bollati Boringhieri, 2020), alla scrittura letteraria. E di questa inscindibilità tra spazio narrativo e racconto fotografico, tra sguardi di natura diversa ma disposti a contaminarsi, Flashover sembra recare il segno già a partire dalla struttura del volume. Se si osserva la successione delle pagine, si nota che i frammenti iconografici, costituiti complessivamente da settantatre fotografie di Ragucci e da uno scatto eseguito da Falco (cfr. p. 52), sono intercalati nel testo privi di didascalie. L’esperienza di lettura che se ne ricava, pertanto, si nutre di un simultaneo integrarsi dei tasselli fotografici con l’impianto narrativo.

Riguardo innanzitutto alla componente verbale, il racconto appare racchiuso da una cornice che, nell’attacco e nei brani conclusivi, ricalca l’andamento descrittivo di una tradizionale terza persona romanzesca. Sul piano della forma, tuttavia, il testo di Falco sfugge alle definizioni. Non è «né romanzo, né saggio, né novella, né poesia» (p. 10) e – accordandosi, da questo punto di vista, a una più generale tendenza del romanzo contemporaneo ad accogliere documenti ‘grezzi’, linguaggi e generi del discorso non finzionali – concentra il funzionamento dell’ingranaggio narrativo sul recupero dei fatti. L’episodio di cronaca al quale l’opera si ispira è l’incendio del Teatro La Fenice appiccato nel gennaio del 1996 dal titolare di una ditta specializzata in impianti elettrici, Enrico Carella, con la complicità del cugino, nel tentativo di sottrarsi alla penale che la società avrebbe dovuto pagare per il ritardo accumulato rispetto alla fine prevista dei lavori. Riportando anche stralci delle deposizioni dei testimoni e degli imputati chiamati a processo quattro anni dopo l’accaduto, la voce narrante sviluppa in slow motion il racconto del gesto doloso e del modo in cui è stato premeditato, delle operazioni necessarie all’estinzione delle fiamme, della vita che in quegli istanti si consuma nella parte della città lagunare in cui si trova il teatro. Accanto a questo nucleo tematico, che procede come in studiata sintonia con l’imparzialità di un referto, si situano frequenti ‘smarginature’ della prosa, con l’effetto di una moltiplicazione dei livelli semantici. I passaggi divaganti rispetto al flusso diegetico sono di vario tipo. Numerosi sono i brani in cui, come a bilanciare il ritmo della narrazione, la voce narrante dialoga con se stessa – come quando, con un significativo slittamento dalla terza alla seconda persona, nelle pagine iniziali interviene e avverte: «(Da qui in avanti rinunci al romanzo […]. Rifiuti di assegnare profondità a ciò che profondo non è. Niente psicologismi, meglio abbandonare i personaggi alla solitudine dei propri gesti; […])» (pp. 9-10) – oppure anticipa gli eventi, secondo una più consueta funzione prolettica, oppure ancora esprime una dimensione universale liberata da condizionamenti di ordine sia spaziale che temporale: «(Compiamo sempre gli stessi gesti modulati attorno a piccolissime variazioni», si legge in una temporanea pausa dall’incendio, «ciononostante, crediamo ogni volta di fare qualcosa di nuovo; crediamo alle nostre menzogne, […] impreparati all’esito dei nostri gesti abitudinari; […])» (p. 69). Al di là degli esempi menzionati, evidenti sono anche le implicazioni metatestuali generate dalla progressione delle fasi dell’incendio: «(Ignizione, propagazione, incendio pienamente sviluppato, decadimento finale. Inizio, svolgimento, svelamento, conclusione. L’incipit è l’innesco, l’accelerante: […]. Quest’opera, invece, scaturisce dalla sequenza, dal montaggio. […])» (p. 38). All’interno di tale processo, il ‘flashover’ non solo rinvia alla fase di massima diffusione delle fiamme, al cosiddetto ‘incendio generalizzato’, ma diventa anche il punto di convergenza, testimoniato e accentuato dal titolo del volume, di una articolata risemantizzazione del termine in chiave metaletteraria.

Se si guarda al principio di composizione del testo, cogliendo il suggerimento di un narratore che, in più momenti, gira lo specchio verso l’opera e ne rivela i margini di autoreferenzialità, ci si rende conto di come i percorsi di lettura offerti dalle parti verbali rischiano di rimanere incompleti senza un raffronto con le fotografie di Ragucci. Ad eccezione dell’ultima immagine, che riproduce la sagoma abbagliante di una sfera solare, l’apparato illustrativo di Flashover si declina intorno a una variante visiva centrale: un personaggio mascherato, colto in diverse pose, dietro cui si cela l’autore. Come si legge nella Nota di chiusura, gli scatti sono stati realizzati in Lombardia, Emilia-Romagna e Calabria, e non presentano, se non nel richiamo alla città di Venezia come culla della commedia dell’arte, legami diretti con il luogo di ambientazione della vicenda. Eppure, un fitto dialogo intercorre tra le fotografie e la narrazione, giocato nel dominio di una straniante allusività che si manifesta, ad esempio, nei ritratti dell’uomo mascherato in calzoni corti e una palla in mano – oppure seduto accanto a personaggi, anche loro mascherati, che si presuppongono più anziani di qualche generazione – in corrispondenza di tutti quei passi in cui emerge un mancato affrancamento dalle figure parentali. Il ‘cugino padrone’, trasfigurazione letteraria di Enrico Carella, è infatti incapace di gestire l’autorità che gli deriva dal padre (responsabile della ditta appaltatrice per la quale Carella lavora in subappalto presso La Fenice) e, invischiato nelle logiche del profitto senza munirsi degli strumenti produttivi adatti a padroneggiarle, conduce una vita al di sopra delle sue possibilità e «si indebita, si indebita anche per una Bmw» (p. 75). È anche attraverso questo dato contingente che Falco e Ragucci elaborano una stretta interdipendenza tra la componente letteraria e la colonna iconografica, giacché la maschera, fotografata nel suo inerte sorriso e oggetto di una ossessiva visualizzazione, diventa «un autoritratto dello sguardo del denaro, […] l’autoritratto del denaro occultato dal […] volto assente» (pp. 164-165) e, in ultima analisi, dell’indifferenza del capitale di fronte alle responsabilità dell’individuo.

Non sono pochi in questo volume composito le suggestioni critiche meritevoli di potenziali approfondimenti. Un unico esempio valga per tutti: nella metafora del ‘flashover’ in quanto «incendio generalizzato e definitivo […] di una civiltà già defunta, che muore ogni volta fingendo di rinascere solo per continuare a morire meglio» (p. 44) affiorano echi pasoliniani che serpeggiano in più luoghi del testo, aprendo una possibile pista interpretativa. Così come, sulla base di uno sguardo focalizzato sulle immagini, un interessante oggetto di riflessione potrebbe essere rappresentato dalla centralità del corpo dell’autore, il quale entra a far parte della sua opera e amplifica le rifrazioni performative di un’istanza autoriale che invita a riflettere sul rapporto di specularità con il personaggio principale, nonché sullo statuto stesso del personaggio. È dunque dall’intersezione tra la ‘sequenza’ letteraria e i segmenti fotografici che scaturiscono alcune delle produzioni di senso più significative, da un’indagine che non si lascia ricondurre, e ridurre, alla singolarità dei linguaggi espressivi coinvolti ma esorta a ripensare gli assetti narratologici, le soluzioni retoriche, sintattiche e formali in ragione di un allargamento dell’orizzonte ermeneutico che possa inglobare punti d’osservazione e chiavi di lettura foto-testuali.