gruppo nanou. Profilo

di

     
Namoro © Laura Arlotti

Il gruppo nanou nasce a Ravenna nel 2004, dall'incontro artistico di Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci e Roberto Rettura. La comune frequentazione della scena performativa italiana favorisce l’incontro di Marco Valerio, che si diploma alla Paolo Grassi di Milano, con Rhuena, ginnasta e danzatrice già collaboratrice delle Compagnie Bassini-Bruni e Monica Francia, e infine con Roberto Rettura, fonico e musicista attivo nella scena indipendente bolognese. Nell'anno della fondazione del gruppo, i nanou risultano vincitori, a pari merito con il gruppo Le-Gami, del premio GD’a, Giovani Danz’autori dell’Emilia-Romagna. Lo spettacolo si chiama Namoro ed è una sorta di prologo della poetica della compagnia, nel quale frammenti vocali, immagini del corpo e un fuori scena sonoro evocano visioni che chi guarda è chiamato a ricostruire.

 sulla conoscenza irrazionale dell’oggetto [tracce verso il nulla] © Laura Arlotti

Seguiranno personaggi in bilico fra narrazione e astrazione, prima con tinte noir (Desert-Inn, 2006), successivamente forgiati come ‘imperi della mente’ onirici e dell’orrore (sulla conoscenza irrazionale dell’oggetto [tracce verso il nulla], 2007). Un compiuto discorso si dispiega con il progetto Motel (2008/2011), suddiviso in tre diversi episodi spettacolari (o Stanze) e fondamentale tappa di maturazione poetica e produttiva. Si entra nella Prima stanza inseguendo le ossessioni individuali di un uomo e una donna, l’andamento cronologico è destrutturato, oscure presenze srotolano papiri con messaggi destinati a rimarcare la nostra responsabilità di spettatori che guardano; così si passa nella Seconda stanza, dove il disegno del movimento diventa più coreografato e sembra guardare in controluce le tensioni duali di un rapporto amoroso, mentre ombre proiettate ci ricordando l’esistenza di un ‘fuori’ urbano; si chiude (o si ricomincia) con una Anticamera, la cui scena contiene un cubo che distilla gesti e oggetti prelevati dalle altre Stanze; il cubo ricostruisce un interno casalingo, è abitato da una donna e l'angusto spazio viene disegnato saggiando le possibilità che restano nel piccolo perimetro, mentre noi riflettiamo sulle cornici che orientano il nostro guardare e ragionare. Il passaggio del decennio vede gruppo nanou impegnato ad asciugare il movimento da certe ‘cadute narrative’, in una sfida che punta all’astrazione del gesto.

 Sport © Laura Arlotti

In Sport (2011) c’è una ginnasta colta negli attimi della preparazione, vediamo evoluzioni aeree in un una struttura di tubi di metallo utilizzata come parallele, mentre echi sonori di stadi festanti entrano nel buio della sala; il progetto Dancing Hall (2012-2013) studia le forme di alcune danze sociali, le applica ai corpi di maggiordomi in livrea verde che trasportano gabbie porta-vivande, intreccia evocazioni shakespeariane in un segno coreografico tuttavia più ‘libero’ che altrove, nel quale i personaggi sono pellicole trasparenti da indossare (basta una maglietta con un teschio e si diventa Amleto, nello spettacolo Cherchez la femme!, 2013).

Strettamente confidenziale (2013/2015) è invece un progetto installativo coreografico che, a ogni replica, assume i connotati di un’opera prima, pur nella continuità degli orizzonti tematici e drammaturgici. Ci si sposta nello spazio per connettere frammenti: donne che danzano sole sotto la luce di fioche lampadine, maggiordomi che ci osservano alle nostre spalle, rifrazioni di altre figure femminili adagiate su divani rossi, coppie di ragazze in sottoveste color crema che danzano in sincrono e in loop, quasi come in un rituale. In Strettamente confidenziale crediamo si manifesti compiutamente un’idea di ‘paesaggio performativo’ che supera la linearità del racconto e pone domande sull'essenza stessa della rappresentazione.

L'ultimo progetto, J.D., è nuovamente un percorso a tappe. La prima manifestazione, John Doe (2014), è una sequenza di immagini, suoni, melodie, partiture di movimento che invita a discutere l’idea di ‘perdita’: di un ordito, di una possibilità di visione razionale, dell’identità dell’intero paesaggio performativo, fra malinconia e desiderio di ricostruzione.

Parallelamente al percorso artistico, una densa attività di invenzione di contesti ha contraddistinto le azioni di gruppo nanou. Dalla «residenza creativa non espositiva» che è Aksè, progetto che dal 2005 ha offerto spazi di prova, discussione e pensiero ad alcune compagnie della ricerca, fino alla fondazione, nel 2011, della Cooperativa E con alcuni altri gruppi romagnoli (Fanny & Alexander, Menoventi), tentativo di fare fronte comune all’endemica fragilità produttiva del sistema teatrale e di danza italiano, impresa che ha prodotto importanti risultati come la curatela congiunta di una parte della stagione teatrale della città di Ravenna (Ravenna Viso-in-aria) e l'invenzione di Fèsta, festival dedicato ai nuovi linguaggi della scena.