Lucia Battaglia Ricci, Dante per immagini. Dalle miniature trecentesche ai giorni nostri, Torino, Einaudi, 2019

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  copertina Dante per immagini

La pratica di trasporre in immagini la Commedia prende avvio molto presto e corre parallela a quella del secolare commento, frutto della medesima esigenza – percepita sin da subito – di corredare il testo dantesco di note integrative e appunti interpretativi utili a un lettore sprovvisto di strumenti atti a comprendere a pieno la complessità del poema ed evidentemente disorientato dalla portata straordinariamente innovativa dell’opera di Dante. Se, ai suoi esordi, l’illustrazione della Commedia svolge una precisa funzione di orientamento alla lettura e i primi prodotti manoscritti sono in grado di restituirci il peculiare approccio critico dei più antichi lettori dell’opera (essenzialmente impegnati a inquadrare il poema dantesco entro il sistema dei generi letterari), la storia della trasposizione visiva della Commedia si evolve nei secoli in plurime direzioni, riflettendo di volta in volta gusti, ideali, nuove urgenze di artisti e lettori.

La ricostruzione di una parabola evolutiva tanto affascinante e complessa è oggi offerta dal Dante per immagini di Lucia Battaglia Ricci, che indaga – non senza una rigorosa classificazione terminologica, atta a distinguere le diverse tipologie della traduzione in immagine dell’opera letteraria, e alcune importanti riflessioni di metodo – la lunga storia della ricezione del poema in ambito figurativo. Il lettore può così seguire, guidato dal nutrito apparato di tavole che arricchisce il volume, l’evolversi nel tempo dell’interesse di artisti e committenti per il poema di Dante e ripercorrere le tappe di un lungo percorso di trasposizione in figura del viaggio oltremondano narrato nella Commedia, dagli anni Trenta circa del Trecento, a sole poche lune dalla scomparsa del poeta, sino ai nostri giorni, con prevedibili proiezioni oltre i confini del volume stesso, lungo le linee di una storia di lettura e visualizzazione del poema molto probabilmente destinata a non interrompersi mai.

Di particolare interesse e novità – nell’impossibilità di proporre qui una casistica completa dei più vari approcci al poema esperiti dagli artisti di volta in volta implicati – risultano i capitoli conclusivi del volume, dedicati all’ultima e più recente attività di traduzione visiva del testo dantesco (Da Reynolds a Rodin e Dal primo Novecento a oggi). Come pone ben in evidenza l’autrice, a partire dal tardo Settecento e lungo tutto il secolo romantico, mutano anzitutto le finalità sottese alla scelta di trasporre in figura la Commedia: emerge con particolare forza che, rispetto a quanto praticato nei secoli precedenti, gli artisti non illustrano più per fornire un’interpretazione complessiva dell’opera e spesso non risultano interessati a preservare l’unità strutturale del poema che stanno trasponendo in immagine, ma si rivelano principalmente attratti da singoli episodi, con particolare predilezione per quelli di maggiore carica drammatica ed emozionale. Nel fermento culturale dell’Inghilterra dell’ultimo trentennio del Settecento, con le splendide tavole di Reynolds, Füssli, Blake, si inaugura così la tendenza (poi fortunatissima) a estrarre un solo episodio dal tessuto dantesco e a focalizzare tutta l’attenzione sulle pulsioni tragiche insite e scaturenti dal frammento narrativo stesso, allontanandosi dunque non poco dalle implicazioni morali proprie della costruzione dantesca, in qualche misura dimentichi del giudizio incontrovertibile che Dante aveva riservato a quelle anime, collocandole con cristallina precisione nel sistema penale del suo aldilà. I personaggi più rappresentati e rivisitati in questo frangente risultano, con poca sorpresa, quelli particolarmente tragici di Ugolino e i figli imprigionati nella Torre della Fame (If., XXXII-XXXIII), al centro di un vero e proprio dibattito sulle arti, e dei celebri amanti Paolo e Francesca (If., V), protagonisti di una messe rigogliosissima di visualizzazioni, in gran parte incentrate sul momento del fiorire della passione amorosa e del nodo che questa stringe con la letteratura stessa.

Dopo oltre un secolo di attenzione intimamente rivolta alla visualizzazione delle passioni umane ed eterne, ispirata dai principali drammi danteschi, gli artisti del XX secolo e quelli a noi contemporanei – sia nei casi di corredi figurativi concepiti in maniera unitaria, sia per quelli di figurazione di episodi scelti, liberamente attinti dal variegato campionario dantesco – danno invece avvio a un processo di sempre crescente appropriazione del testo, di attualizzazione delle tematiche e delle vicende ivi narrate, mettendo dunque in figura le proprie personali ideologie e potenziando gli aspetti che maggiormente solleticano le più intime corde della loro sensibilità di artisti e lettori.

La gran parte degli artisti del secondo dopoguerra darà difatti vita a opere altamente simboliche e del tutto soggettive, attualizzanti e individuali, e per questo di non sempre immediata decodificabilità, in molti casi chiaramente ancorate all’esigenza di originalità più che a quella di fedeltà al testo cui si ispirano: per limitarci a pochi esempi tra i moltissimi accuratamente descritti da Lucia Battaglia Ricci, andranno menzionate le opere sorprendenti di Salvador Dalì, che si appropria totalmente del testo dantesco e lo rivisita a suo piacimento, discostandosi volutamente – e non senza un intento provocatorio – dalla tradizione iconografica plurisecolare; a loro volta, Renato Guttuso (Dante di Guttuso) e Robert Rauschenberg (Transfer drawings) – seppur con modalità esecutive del tutto dissimili – operano una profondissima attualizzazione del testo di Dante, cogliendo negli spunti del poema esigenze, difficoltà e bersagli politici del proprio tempo; Lorenzo Mattotti (La Divina Commedia. L’Inferno) vi riversa i propri incubi e potenzia l’innata attrazione per l’immaginario mostruoso e degradato proprio in particolare dell’Inferno; tra gli ultimi e recentissimi, Mimmo Paladino (Divina Commedia e Variazioni su tema dantesco) si concentra sull’intima esigenza di fornire una nuova lettura del poema, di creare soluzioni che sorprendano il suo osservatore, che in qualche misura reinventino e innovino significativamente la nutrita tradizione precedente, e ancora possano offrire nuove prospettive interpretative ai fruitori odierni.

  Lorenzo Mattotti, Dante nella selva, © Mattotti

Parallela dunque a una forte coscienza dell’esistenza di una tradizione plurisecolare imponente, e in alcuni casi, persino ingombrante, e sempre più lontani da esigenze di classificazione e di orientamento complessivo della lettura dell’opera di Dante, propria delle prime generazioni di lettori, si impone con forza sempre maggiore il bisogno di stupire e innovare, di offrire all’osservatore non la traduzione visiva di un testo ben identificato ma, ora più che mai, nient’altro che il proprio, personalissimo Dante figurato.

L’affascinante percorso evolutivo ricostruito da Lucia Battaglia Ricci, raccontando dunque al lettore moderno del mutare nei secoli delle ispirazioni, delle più svariate tecniche illustrative impiegate e dei diversi approcci critici esperiti dagli artisti, pone di fatto l’accento sul persistere della pratica – mai realmente interrotta – di trasporre in immagini il viaggio di Dante e il variegato universo di storie e intime pulsioni che abitano la Commedia. Una sfida, questa, visibilmente complessa ma di forte carica attrattiva, con cui si sono misurati gli artisti di tutti i tempi e alla quale, tra recupero della tradizione e personale innovazione, non si sottrarranno i lettori odierni e quanti verranno.

 

Parole chiave: Dante, Lucia Battaglia Ricci, libri illustrati, William Blake, Lorenzo Mattotti, Mimmo Paladino, Robert Rauschenberg, Renato Guttuso