Opera e cinema. Note su Gianni Schicchi di Damiano Michieletto *

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Il recente film-opera Gianni Schicchi di Damiano Michieletto ha spiazzato tutte le aspettative. Pur aderendo alla tradizione del recitar cantando, il regista veneziano ha infatti introdotto delle sostanziali novità drammaturgiche e stilistiche, intervenendo con decisione sul libretto e adoperando appieno gli elementi della grammatica filmica (piani sequenza, veloci carrelli, zoom). L’analisi propone un’interpretazione del lavoro registico che poggia sulla tesi, ipotizzata dallo stesso Michieletto, che l’opera di Puccini sia stata influenzata dalla settima arte, e che pertanto si presti particolarmente bene a diventare un film. Partendo da tale presupposto la riflessione indaga il nuovo trattamento cinematografico della materia pucciniana, spinto sul piano del ritmo, del divertimento, dell’attualizzazione contemporanea, mettendolo in relazione ai precedenti più significativi della commedia nel cinema operistico: Figaro e la sua gran giornata di Mario Camerini, Il barbiere di Siviglia di Mario Costa, Figaro il barbiere di Siviglia di Camillo Mastrocinque, Avanti a lui tremava tutta Roma di Carmine Gallone.

The recent film-opera Gianni Schicchi by Damiano Michieletto has displaced all expectations. While adhering to the tradition of recitar cantando, the Venetian director has in fact introduced significant dramaturgical and stylistic innovations, intervening decisively on the libretto and making full use of the elements of film grammar (long takes, fast tracking shots, zooms). The analysis proposes an interpretation of the director’s work based on the thesis, hypothesized by Michieletto himself, that Puccini’s opera has been influenced by the seventh art, and therefore lends itself particularly well to becoming a film. Starting from this assumption, the reflection investigates the new cinematographic treatment of Puccini’s material, pushed on the level of rhythm, amusement and contemporary actualization, putting it in relation to the most significant precedents of comedy in opera films: Figaro e la sua gran giornata by Mario Camerini, Il barbiere di Siviglia by Mario Costa, Figaro il barbiere di Siviglia by Camillo Mastrocinque, Avanti a lui tremava tutta Roma by Carmine Gallone.

 

Secondo Damiano Michieletto, regista del film Gianni Schicchi presentato al Torino Film Festival nel novembre 2021 e poco dopo messo in onda dalle reti Rai, l’opera di Giacomo Puccini si presta in modo particolare a diventare un film. Questo perché il compositore toscano, tra i grandi autori italiani di melodrammi, è il primo a operare pienamente quando la settima arte si sta già diffondendo nel mondo, rivoluzionando in modo definitivo l’idea stessa di spettacolo e la sua fruizione da parte del pubblico. Lo ha dichiarato lo stesso regista ai microfoni di Hollywood Party – storica trasmissione dedicata al cinema di Rai Radio 3 –, raccontando le sfide che consapevolmente ha voluto affrontare dirigendo questo film. Sfide che sono tutt’altro che banali: Michieletto ha scelto di restare fedele alla grande e nobile tradizione italiana del ‘recitar cantando’, e quindi di realizzare quello che tecnicamente si definisce un film-opera, impreziosito da un prologo nel quale domina la scena Giancarlo Giannini; al tempo stesso, però, ha voluto mettere le mani con decisione sul libretto, trasportando in epoca contemporanea la vicenda. In questo modo si è perso il diretto riferimento dantesco che è presente nel testo, e che vede lo stesso Dante incontrare Gianni Schicchi nella decima Bolgia (il canto è il XXX dell’Inferno, e si conclude com’è noto con una dura reprimenda di Virgilio nei confronti del poeta toscano), punito insieme agli altri falsari, tra i quali Mirra. Insomma, non si può dire che il regista veneziano abbia scelto la strada più facile per questo film-opera: e proprio l’aver affrontato scientemente ostacoli di ogni tipo lo ha portato a realizzare uno spettacolo nuovo, vivo, brillante.

locandina Gianni Sticchi, regia Damiano Michieletto, produzione Albedo Production, Genoma Films, Do Consulting&Production in collaborazione con Rai Cinema, 2021

Come si diceva, il Gianni Schicchi di Michieletto (che si è formato come drammaturgo alla Scuola Paolo Grassi di Milano, uno dei luoghi dove si insegnano regia e recitazione con l’esplicito intento di forzare i codici e sperimentare nuove strade per lo spettacolo) presenta un prologo interpretato con notevole energia dall’attore Giancarlo Giannini, uno degli ultimi ‘grandi leoni’ della recitazione classica del cinema italiano. In seguito i cantanti prenderanno il sopravvento, ma non cambierà il modo registico di filmare e quindi di raccontare l’intreccio: piani sequenza, veloci carrelli, zoom. In sintesi, tutto il contrario di come il cinema abitualmente tratta l’opera lirica quando ‘trascrive’ le pièces trasformandole in spettacolo audiovisivo. A questo si aggiunga che Gianni Schicchi è notoriamente un’opera intrisa di umorismo, di divertimento, di situazioni fortemente ironiche e anche decisamente comiche (più scatenate, per intenderci, dei principali lavori di Gioachino Rossini, che di solito è considerato l’autore che maggiormente fa incontrare commedia e melodramma). Lo stesso Michieletto, nell’intervista radiofonica prima citata, ha sottolineato come questo modo di impostare la propria regia sia un passaggio indispensabile se si vuole rendere nuovamente diffusa e viva l’opera lirica, sottraendola al pubblico paludato delle prime e dei lustrini e restituendola a quello popolare per il quale è stata concepita. Compito, questo, che si può realizzare proprio grazie al cinema, che, come si è detto, era già molto presente quando Puccini era attivo e che (questa è l’opinione di Michieletto) non poteva non aver influenzato il suo modo di comporre e di prevedere le messe in scena.

In sostanza, la maggiore innovazione del regista sta nell’immaginare la costruzione del film partendo dal presupposto che quando Puccini componeva non poteva non aver tenuto conto della diffusione del cinema. E questo in contrasto con i film operistici, che sempre sono stati succubi dell’origine teatrale delle opere portate sullo schermo, tant’è vero che la maggior parte di questi prodotti (in Italia se ne sono girati molti, dagli anni Trenta fino alla metà degli anni Cinquanta) cercano quasi di scimmiottare la rappresentazione teatrale, ricavandone a volte qualche buon risultato ma nella maggior parte dei casi uno spettacolo lento e noioso, che volutamente rifiuta ogni sorta di ritmo e ogni espediente di montaggio che potrebbe velocizzare la narrazione. Michieletto fa esattamente il contrario: esalta il ritmo, sottolinea il divertimento, cancella ogni traccia di staticità. Così fa percepire l’opera come uno spettacolo contemporaneo e vivo, non come una rappresentazione stereotipata e rivolta al passato. Questo era l’obiettivo, e possiamo dire che è stato perfettamente centrato.

Non si pensi, però, che questo sia avvenuto perché il regista veneziano ha scelto di rappresentare Puccini attraverso un titolo che esplicitamente si rifà alla commedia, ai suoi toni e alle sue situazioni. La lunga relazione tra il cinema, l’opera e il recitar cantando ha avuto infatti parecchi passaggi nella commedia, anche se la tradizione nazionale della librettistica d’opera propende in modo esplicito verso il dramma.

 

locandina Figaro e la sua gran giornata, regia Mario Camerini, 1931locandina Figaro il barbiere di Siviglia, regia Camillo Mastrocinque, 1955

 

La commedia nel cinema operistico italiano si sposa specialmente con Rossini, si pensi a Figaro e la sua gran giornata di Mario Camerini (1931), a Il barbiere di Siviglia di Mario Costa (1947) e soprattutto a Figaro il barbiere di Siviglia di Camillo Mastrocinque (1955), un film che riprende dal precedente la presenza di Tito Gobbi, interprete principe dei film-opera del dopoguerra, affiancandolo a due maestri della commedia dialettale, il veneto Cesco Baseggio e il torinese Carlo Campanini. Del resto, considerate le caratteristiche delle opere di Rossini non poteva essere diversamente. Eppure elementi di commedia si riscontrano anche in molti altri film diretti da registi con caratteristiche diverse (i tre citati sopra hanno trovato nel cinema comico un momento importante delle rispettive filmografie), e ispirati da spartiti che portano altre firme.

 

locandina Avanti a lui tremava tutta Roma, regia Carmine Gallone, 1946

 

Nella versione resistenziale della Tosca firmata da Carmine Gallone (in assoluto il cineasta italiano che ha dedicato di più la sua attenzione all’opera lirica) e intitolata Avanti a lui tremava tutta Roma (1946), la presenza di Anna Magnani spinge il regista (che forse sfrutta il film anche come viatico per far dimenticare il suo passato vicino al regime fascista) ad alternare scene decisamente comiche ad altre che invece raccontano una Roma preda delle truppe di occupazione nazifasciste, alle quali fa riferimento il vilain Scarpia, immaginato come un collaborazionista della Repubblica di Salò. Una versione, questa, che appare oggi più originale e più riuscita della Tosca diretta nel 1973 da Luigi Magni, film-opera che paradossalmente sembra più lontano nel tempo e più imbalsamato dagli stereotipi. Tornando alla commedia, ne troviamo simpatiche tracce anche in un altro lavoro di Gallone, Casa Ricordi (1953), il film operistico a nostro avviso più bello e più significativo sul piano teorico, giacché ripercorre la storia italiana attraverso la nostra più importante casa di edizioni musicali (le parentesi di commedia sono affidate soprattutto all’attore Paolo Stoppa, capostipite della dinastia Ricordi).

 

fotogramma di Gianni Schicchi, regia Damiano Michieletto, 2021

 

Il Gianni Schicchi di Michieletto, in definitiva, è al tempo stesso interno a una lunga tradizione e capace di delinearne un possibile sviluppo nuovo, diverso. Qui infatti si sceglie di fare una rappresentazione cinematografica rinunciando sia agli stereotipi di forma – l’ambientazione, come si diceva, è contemporanea – che a quelli di sostanza – la narrazione per immagini non lascia nessuno spazio al birignao del teatro filmato. Non ci sono tanti precedenti in materia. Assistendo allo spettacolo può venire in mente come Bernardo Bertolucci, non ancora regista di successo che dirige per la Rai un film sperimentale a basso costo, utilizza Il trovatore di Verdi in un suo lavoro fondamentale: La strategia del ragno (1972). Non si tratta di un film operistico ma di un racconto sospeso tra Resistenza e contemporaneità, tra menzogna e verità, tra storia comune e psicoanalisi privata; tuttavia, quando un piatto prelibato come un maiale ripieno viene portato a tavola sul sottofondo per l’appunto de Il trovatore, ecco che la lirica viene tolta dalla bacheca e riportata ai nostri giorni, a un pubblico popolare e non all’effimero apparire delle prime ultra riservate: chi serve quel piatto sontuoso accenna ad un’aria verdiana. Damiano Michieletto sulle orme di Bernardo Bertolucci? Chi lo sa, sicuramente è troppo presto per esprimersi, ma all’apparenza la strada sembrerebbe proprio essere la stessa.

 

*Questo articolo nasce nell’ambito del progetto di ricerca A.R.I.E. – Audience, Remediation, Iconography, Environment in Contemporary Opera (redatto all’interno del “PIAno di InCEntivi per la RIcerca di Ateneo - PIA.CE.RI. 2020/2022” linea 2) coordinato dalla Professoressa Stefania Rimini (Università degli Studi di Catania).