“Parola d’artista”. Intermedialità dell’arte contemporanea e sue forme di comunicazione

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L’11 dicembre 2014 si è tenuto a Santa Maria Capua Vetere, presso il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali della Seconda Università degli Studi di Napoli, l’annuale seminario SISCA (Società Italiana per la Storia della Critica d’Arte). Curato da Gaia Salvatori, docente di Storia dell’arte contemporanea nel suddetto Dipartimento, e presentato da Gianni Carlo Sciolla, presidente SISCA, l’evento ha riunito le più varie esperienze di ricerca nel settore storico-artistico e critico-curatoriale in ambito nazionale e internazionale con l’obiettivo di discutere di una questione centrale nell’arte contemporanea: l’intermedialità e il suo rapporto con la critica d’arte. A partire da ciò sono stati oggetto di riflessione della giornata forme della critica e varietà dei suoi interpreti, testimonianze di artisti, problemi di ricezione e tipologie di pubblico, luoghi, spazi e canali della comunicazione.

La nozione di intermedialità si pone innanzitutto come un catalizzatore interdisciplinare in cui confluiscono riflessioni eteroclite radicate in contesti differenti. In essa si intrecciano, e il seminario ne è stata una chiara dimostrazione, discorsi provenienti da distinti campi disciplinari: semiotica testuale, teoria letteraria, teoria dell’arte, sociologia della comunicazione, mediologia ecc. Pur impiegando prospettive metodologiche diverse, a volte molto lontane le une dalle altre, queste discipline lavorano attorno a urgenze comuni, relative, da un lato, al rapporto fra media e linguaggio e, dall’altro, a quello fra media e società. L’intento della giornata di studi, dunque, è stato proprio quello di cercare in queste eterogenee metodologie di ricerca un filo conduttore che possa permettere la costruzione di un discorso critico innovativo e maggiormente rispondente alle esigenze della società contemporanea; un atto critico di fiducia fra arte contemporanea e suoi interlocutori nella convinzione che gli addetti ai lavori possano ritenersi tali, in questo settore, solo se interpreti attenti (o caparci di comprendere) a molti punti di vista.

In particolare, sin dal titolo Parola d’artista, sapientemente scelto dalla curatrice, si è cercato di mettere in evidenza quanto sia necessaria la costruzione di un rapporto di fiducia tra la didattica e la ricerca nell’ambito della storia dell’arte contemporanea e l’opera e/o l’operazione artistica, specie se si considera la capacità di tali proposte artistiche di penetrare e indagare gli interstizi dei diversi aspetti del mondo e delle sua sopravvivenza. A tale questione si richiama già la diversità dei linguaggi di cui l’artista, soprattutto a partire dall’inizio del Ventesimo secolo, ha scelto di servirsi e, allo stesso tempo, l’aspetto comunicativo insito in ogni opera d’arte, che deve essere portato allo scoperto da chi ad esse si accosta. Proprio per sottolineare questa eterogeneità del linguaggio artistico contemporaneo la curatrice ha invitato non solo storici dell’arte e critici d’arte, ma anche critici letterari e artisti e ha presentato interviste (curate da Luca Palermo) a sociologi dell’arte e della letteratura (Luigi Caramiello), mass-mediologi (Derrick de Kerckhove), artisti (Eugenio Giliberti) e curatori museali (Eugenio Viola). In questa direzione, nella giornata di studi si sono analizzate anche esperienze artistiche (come il caso Reporting System di Milano diretto da Gennaro Castellano) e museali (Museo Nitsch e Fondazione Morra diretta da Giuseppe Morra), oltre a presentare contributi che spaziavano dalla storia dell’arte contemporanea (interventi di Francesca Gallo, Gabriella de Marco e Josè Maria Morillas Alcazar) alla critica d’arte (Stefania Zuliani), dalle arti elettroniche (Marco Maria Gazzano) alla letteratura (Tommaso Pomilio).

Nel complesso, gli interventi hanno avuto il merito di chiarire quanto sia necessario che il concetto di intermedialità venga considerato come un intreccio tra linguaggi, tra natura sensoriale e natura virtuale. La relazione di Gabriella de Marco, ad esempio, ha voluto avviare la riflessione su alcuni aspetti che riguardano la ricerca visuale dei nostri giorni proponendo un ragionamento sull’interazione, sempre più diffusa nella pratica artistica contemporanea, tra l’autore e il fruitore nella realizzazione dell’opera d’arte. Su una simile direttrice è stato strutturato anche l’intervento di Stefania Zuliani che ha evidenziato quanto nel corso del Novecento l’arte e la critica d’arte abbiano posto radicalmente in questione la purezza dell’opera, rivendicando con decisione le ragioni dell’ibrido, la partecipazione alle contraddizioni del vivere sociale, le fratture e le dislocazioni del soggetto. Interessante anche il contributo di Marco Maria Gazzano che, partendo dalla nozione di arte elettronica, ha messo in luce quanto essa, lungi dall’essere una tendenza omogenea, sia un’esperienza di ‘confine’ tra le arti, i linguaggi e l’industria dei media e dello spettacolo. Lontano dalle dinamiche della storia e della critica d’arte, infine, l’intervento di Tommaso Pomilio, che ha tentato una ricognizione circa la peculiare proprietà generativa di cui dispone l'osservazione dell'oggetto artistico per i poeti (o per chi agisca, o esplori, la materia della scrittura nelle sue pieghe e i suoi labirinti): fonte, esplicita o implicita, d'illuminazione linguistica – di astrazione poietica – ma anche, d'invenzione teorica in atto.

È mia convinzione che al termine del seminario si sia ulteriormente chiarito che la ragion d’essere dell’intermedialità non è da ricercare semplicemente in una ‘contaminazione’ tra discipline e metodologie di ricerca, quanto piuttosto nello scovare una via dialogica tra di esse, nella quale vengano integrati codici e linguaggi diversi. E, se la multimedialità, riprendendo le teorizzazioni di McLuhan, è caratterizzata da una compresenza di linguaggi, l’intermedialità la si può considerare come una interazione di linguaggi eterogenei; ed è proprio tale eterogeneità e diversità di discorso che ha permesso alla giornata di studio di approcciare la critica d’arte in maniera differente, proponendo qualcosa di innovativo. L’intermedialità, infatti, sfrutta le sinergie che si vengono a creare tra medium diversi lasciando intatte le caratteristiche di ognuno di essi e favorendo una ‘estensione qualitativa’ tra più linguaggi e media. L’approccio di analisi intermediale essendo, dunque, strutturalmente interdisciplinare può, e deve, fornire un valido supporto alla critica d’arte e alle sue forme di comunicazione.